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Fisco, Consulenti lavoro: potenziare strumenti incentivazione, in particolare crediti d’imposta

Di Redazione |

Roma, 24 gen. (Labitalia) – Per favorire la crescita del Paese nei prossimi anni bisognerà anche potenziare gli strumenti di incentivazione fiscale, e in particolare i crediti d’imposta. Ne è convinto il Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro, che questo pomeriggio nel corso di un’audizione al Senato presso la VI Commissione Finanze e Tesoro, ha avanzato numerose proposte nell’ambito di un’indagine conoscitiva in materia avviata dalla stessa Commissione. L’analisi e le proposte di riforma dei consulenti del lavoro – riassunte in un documento presentato al Parlamento – si sono concentrate sulle materie maggiormente attinenti alla propria competenza, ma con uno sguardo d’insieme ad altre macrocategorie di bonus fiscali, incentivi e crediti d’imposta, per i quali sono stati sollecitati maggiori semplificazioni e controlli. I crediti d’imposta, in particolare, rappresentano “un valido strumento di sostegno a famiglie e imprese” – si legge nel documento – a condizione che vengano razionalizzati e indirizzati verso un reale sviluppo del Paese, dell’occupazione e del Pil. Tra i crediti d’imposta posti all’attenzione del legislatore Formazione 4.0, relativo alle spese sostenute dalle imprese per la formazione del personale, che è necessario, secondo il Consiglio Nazionale, prorogare per il 2023 e rendere stabile anche per sostenere l’innovazione delle imprese. In merito alle indennità una tantum di 200 e 150 euro, invece, è stata evidenziata l’esigenza di includere queste misure in strumenti stabili di sostegno al reddito, magari prevedendo una rimodulazione del Tir. Sull’esenzione fringe benefit per l’anno 2022, invece, la proposta è quella di reintrodurla anche per il 2023, confermando nel limite di 3mila euro la soglia di non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente dei beni e dei servizi erogati gratuitamente ai dipendenti. Tra i crediti d’imposta citati nel documento anche quello per gli investimenti nel Mezzogiorno, da rendere stabile “per favorire la crescita delle Regioni svantaggiate e attirare gli investimenti nelle stesse aree” e neutrale “ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap come previsto per investimenti 4.0”.

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