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Farmaci biosimilari: “La best practice della Regione Piemonte”

Di Redazione |

“In un momento in cui tante innovazioni terapeutiche sono già state rese disponibili, e altre lo saranno a breve, è evidente l’importanza di liberare risorse laddove possibile, al fine di rendere sostenibile l’innovazione stessa. I biosimilari rappresentano una grande opportunità in questo senso, in quanto consentono di rendere disponibili farmaci biotecnologici, inizialmente molto costosi, a prezzi contenuti, salvaguardando allo stesso tempo efficacia e sicurezza delle cure. Il Piemonte è riuscito a cogliere molto bene questa opportunità, grazie all’impegno di tutti i professionisti della salute coinvolti, e risulta essere una delle regioni all’avanguardia in questo campo”, ha dichiarato Laura Poggi, Responsabile Assistenza Farmaceutica integrativa e protesica, Regione Piemonte

“In oncologia, i biosimilari rappresentano un’importante opportunità di risparmio economico, e quindi il loro impiego contribuisce alla sostenibilità complessiva del sistema, consentendo ad esempio di destinare più risorse alla spesa per i farmaci innovativi. Negli anni scorsi, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) ha prodotto documenti sul tema dei biosimilari, sottolineando la totale fiducia nell’iter di approvazione da parte delle autorità regolatorie, sia a livello europeo che a livello nazionale. Numerosi eventi educazionali, condotti negli anni scorsi, hanno permesso di migliorare le conoscenze della comunità oncologica sulla metodologia degli studi che portano all’approvazione di un biosimilare, sulle peculiarità di tali studi in termini di popolazione in studio, disegno ed endpoint, nonché sul tema dell’estrapolazione delle indicazioni”, ha spiegato Massimo Di Maio, Professore Associato Dipartimento Oncologia Università degli Studi di Torino. Direttore SCDU Oncologia, Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano, Torino

“L’introduzione dei farmaci biotecnologi, comunemente detti biologici, ha rappresentato una svolta nella terapia delle malattie immunomediate (tra le quali artrite reumatoide, psoriasi, malattie infiammatorie intestinali), così come in oncologia ed ematologia. Tali farmaci, mirando a uno specifico bersaglio, permettono una azione selettiva, efficace e con meno effetti collaterali rispetto alle terapie di vecchia generazione. Il loro costo però impatta in maniera importante sul Sistema Sanitario. L’arrivo dei farmaci biosimilari ha permesso, a parità di efficacia e sicurezza, di liberare risorse che sono state destinate all’acquisto di farmaci innovatori. L’approvazione dei farmaci biosimilari si basa su rigide normative delle agenzie del farmaco (tra le quali l’europea EMA) e vale il concetto di estrapolazione, cioè è sufficiente la dimostrazione di pari efficacia e sicurezza in una delle indicazioni del farmaco “originatore”. Motivo per cui la progressiva disponibilità di dati provenienti dal “mondo reale” riguardanti le altre patologie per cui il farmaco biosimilare è approvato conforta ancor di più il medico e il paziente nel suo ampio utilizzo”, ha sostenuto Davide G. Ribaldone, Ricercatore Dipartimento Scienze Mediche Università degli Studi di Torino

“L’esperienza piemontese sull’utilizzo dei biosimilari in reumatologia, che nel convegno è stata riportata, origina da un percorso di condivisione tra i reumatologi piemontesi e il Servizio farmaceutico regionale. Infatti le linee di indirizzo regionali sono stati frutto di una commissione che ha condiviso alcuni aspetti. Il primo è la centralità del paziente. Infatti le linee di indirizzo regionali hanno sì invitato i prescrittori a considerare anche l’aspetto economico ma hanno riconosciuto la necessità di individuare per ogni singolo paziente il farmaco più appropriato, anche al di fuori di quelli di cui non è disponibile il biosimilare. Quindi in Piemonte lo specialista reumatologo può scegliere la terapia secondo i concetti di personalizzazione del trattamento che oggi sono tra i cardini dell’efficacia della cura. In secondo luogo, relativamente allo switch, vale a dire il passaggio da originatore a biosimilare, le linee di indirizzo regionali non hanno posto obblighi in quanto sono state individuate delle condizioni cliniche che consigliano di rinviare o evitare lo switch. Inoltre un altro elemento che ha reso efficace questo modello è stata la collaborazione con i servizi farmaceutici territoriali, i quali hanno favorito la diffusione del biosimilare senza esercitare la minima interferenza relativamente ai pazienti ancora in terapia con l’originatore. Il clima collaborativo che sviluppatosi ha permesso da un lato di evitare imposizioni sugli specialisti, che avrebbero potuto creare resistenze, e dall’altro di trasferire sul paziente un messaggio rassicurante che al momento del colloquio informativo incentrato sulle ragioni dello switch ha comportato l’accettazione spontanea da parte di un’ampia maggioranza di pazienti ed ha ridotto significativamente il peso del temuto effetto nocebo. In ultimo la liberazione di risorse lasciate disponibili dai biosimilari permette l’utilizzo, quando indicato, di molecole a maggior costo o di farmaci innovativi senza alcune limitazione, a differenza di altre regioni in cui la scelta del biosimilare è obbligata e solo in un secondo momento, al fallimento di questo, si è autorizzati a prescrivere un altro principio attivo. I risultati sono evidenti: le prescrizioni dei farmaci biosimilari delle molecole di Adalimumab, Etanercept ed Infliximab superano di gran lunga il 90% del totale delle prescrizioni per queste molecole, la libertà prescrittiva è salvaguardata ed i dati che oggi verranno esposti dimostrano un grado di efficacia e tollerabilità al pari di casistiche di registri internazionali, in un contesto che ha privilegiato la collaborazione ed ha preservato le migliori opportunità per i pazienti”, ha affermato Enrico Fusaro, Direttore SC Reumatologia AOU Città della Salute e della Scienza di Torino

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