La Corte si è anche pronunciata sulla gestione dei rifiuti nella sentenza 189 ed ha sentenziato che nell’attuale assetto costituzionale delle competenze, le Regioni non possono delegare ai Comuni le funzioni amministrative ad esse attribuite dallo Stato in base a una scelta allocativa compiuta con il Codice dell’ambiente. Pertanto, la Regione Lazio non poteva delegare ai Comuni – come ha fatto con la legge n. 27/1998 – né l’approvazione dei progetti degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti provenienti dalla demolizione di automobili e rimorchi e dalla rottamazione di macchinari e apparecchiature deteriorati ed obsoleti e la relativa autorizzazione a realizzare gli impianti né l’approvazione dei progetti di varianti sostanziali in corso di esercizio e relativa autorizzazione alla realizzazione né, infine, l’autorizzazione ad esercitare l’attività di smaltimento e recupero di questi rifiuti.
La tutela dell’ambiente consente alle regioni di allargare l’insieme dei beni paesaggistici, non di ridurlo. Lo ha affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 164 in base alla quale: Le Regioni non possono pianificare lo sviluppo del proprio territorio con scelte di carattere urbanistico se non quando queste ultime siano rispettose dei vincoli posti dallo Stato per tutelare beni di valore paesaggistico. Inoltre, lo Stato può adottare la dichiarazione di interesse paesaggistico di un bene anche quando la Regione sia contraria. La tutela di questi beni risponde infatti a una “logica incrementale”, che consente alle Regioni di allargarne l’ambito ma non di ridurlo, neppure per mezzo dei piani paesaggistici di competenza regionale, da redigere d’intesa con lo Stato.