Roma, 20 mag. (Adnkronos Salute) – “Diabete ed epatite C sono due patologie a elevata prevalenza e l’infezione da virus dell’epatite C (Hcv) è una delle principali cause di epatopatia in tutto il mondo. Per questo motivo lo screening per l’epatite C è fondamentale nel paziente diabetico perché spesso l’epatopatia cronica si complica con il diabete. Inoltre, il virus dell’epatite C è una patologia subdola i cui sintomi possono comparire anche dopo dieci anni dall’avvenuta infezione e purtroppo in questi dieci anni i danni causati al fegato sono tanti. Prima si scopre il virus e meglio è”. Lo sottolinea all’Adnkronos Salute Massimo Andreoni, primario di infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit).
Un ampio numero di studi – come riferisce l’Associazione medici diabetologi riunita a Roma per l’XI Congresso nazionale – riporta un incremento del rischio di diabete, sia di tipo 2 sia di tipo 1, in pazienti con infezione cronica da Hcv ed evidenze epidemiologiche mostrano che circa un terzo dei pazienti con epatite C è affetto anche da diabete di tipo 2. Non solo, le persone con diabete presentano un rischio più elevato di andare incontro, in caso di infezione da Hcv, a esiti peggiori, quali la progressione verso la fibrosi e la cirrosi, lo sviluppo di ascite e patologia renale, nonché lo sviluppo di epatocarcinoma.
“Abitualmente il diabete si presenta dopo la comparsa dell’epatopatia cronica – afferma Andreoni – però è anche vero che ci sono pazienti diabetici che vengono colpiti dall’epatite C dopo. Questo perché il diabete storicamente ha reso il paziente più suscettibile all’infezione. Ad esempio, la somministrazione dell’insulina con aghi non sterilizzati – pratica adottata fino a qualche anno fa – ha portato il paziente a sviluppare l’infezione”.
Ad oggi si calcola che le persone con epatite C “siano circa 300mila – rimarca Andreoni -. La maggior parte di queste persone però non sa di avere il virus Hcv e quindi si capisce bene come sia indispensabile che tutte le persone a rischio infezione facciano il test, si sottopongano allo screening per poter essere curate. Questa purtroppo è una malattia subdola che può decorrere in maniera del tutto asintomatica, si calcola che i primi sintomi possano comparire anche dopo dieci anni dall’avvenuta infezione ma nel frattempo il nostro fegato si ammala. Da qui l’importanza di fare lo screening anche in assenza di sintomi”.
Quando il danno epatico inizia a manifestarsi normalmente i primi campanelli d’allarme sono “la cattiva digestione, la difficoltà a digerire dopo i pasti – spiega ancora Andreoni -. Progressivamente la sintomatologia diventa più importante: quando il fegato è particolarmente malato compaiono i primi segni della cirrosi, quindi dello scompenso anche legato alla fibrosi del fegato che può portare ad una comparsa di un versamento nell’addome. L’addome si gonfia perché inizia ad esserci la presenza di acqua, si formano delle varici nell’esofago che possono sanguinare. Non solo: l’epatopatia cronica spesso si aggrava con la comparsa dell’epatocarcinoma, in altre parole il virus dell’epatite C favorisce lo sviluppo del tumore del fegato. Questo è un motivo ulteriore per fare una diagnosi precoce perché una volta eliminato il virus non si svilupperà più il tumore del fegato”.
Ma come e quando è opportuno sottoporsi al test? “Lo screening per l’epatite C in questo momento è gratuito per tutte le persone nate tra il 1969 e il 1989 – sottolinea l’infettivologo – e per le categorie a rischio come i tossicodipendenti e i detenuti. Invece, dovrebbe essere obbligatorio per il paziente diabetico, la cui patologia cronica dà diritto all’esenzione per tutta una serie di accertamenti. Quindi l’auspicio è che anche questo screening per le persone con diabete venga inserito tra i test gratuiti per la prevenzione. Su questo fronte la Simit e altre associazioni di pazienti stanno fortemente chiedendo alle istituzioni di rendere gratuito il test per tutte le persone con diabete, a prescindere dall’età”. E in merito al decreto ministeriale per lo screening nazionale gratuito per l’Epatite C, provvedimento che mira, tra le altre cose, ad interrompere la circolazione del virus impedendo nuove infezioni, Andreoni è sicuro: “Siamo in ritardo”.
Con il “decreto milleproroghe il Governo ha stanziato 71,5 milioni di euro per lo screening dell’epatite C per il biennio 2020-2021 – ricorda Andreoni -. Questa cifra è stata valutata sufficiente per sottoporre al test le persone nate tra il 1969 e il 1989 , tossicodipendenti e detenuti. Evidentemente non è sufficiente per tutto il resto della popolazione. Oggi sappiamo che c’è una prevalenza alta anche tra le persone nate prima del 1969, quindi stiamo chiedendo fortemente al ministero della Salute e al Governo un ulteriore stanziamento per poter sottoporre a screening tutte le persone, in particolare coloro che hanno patologie croniche più a rischio di contrarre il virus dell’epatite C, come sono i diabetici. Spero che ciò venga fatto”. Ad oggi questo “screening sta partendo con troppa lentezza. Molte regioni non hanno ancora avviato le campagne di screening, e questo indebolisce ulteriormente la richiesta di poter avere ulteriori fondi. Siamo alla fine del 2022, dobbiamo dare a tutte le regioni una grande spinta affinché si avvii la campagna di prevenzione e che la stessa possa essere allargata a tutte le categorie a rischio”.
In caso di diagnosi positiva al virus dell’epatite C “il percorso al quale viene sottoposto il paziente è abbastanza semplice, soprattutto grazie alle terapie efficacissime di cui disponiamo – tiene a precisare Andreoni -Abbiamo dei farmaci somministrati per via orale che in 8-12 settimane permettono di eliminare il virus, e quindi di guarire dalla malattia. Sono farmaci molto ben tollerati, dispensati dai centri di malattie infettive o di epatologia che il ministero della Salute ha riconosciuto come “centri erogatori” di tali farmaci. Quindi il diabetologo, il medico che segue il paziente si deve rivolgere a questi centri. In questo modo abbiamo trattato centinaia di migliaia di pazienti in Italia, abbiamo molta esperienza. Più del 95% dei pazienti che assumono i farmaci giusti ha quasi la certezza assoluta di guarire”.
Per Andreoni però la prevenzione è tutto anche perché “purtroppo ad oggi non abbiamo un vaccino per l’epatite C. Occorre fare molta attenzione, il virus Hcv si trasmette attraverso il sangue, ecco perché i tossicodipendenti sono tra i soggetti i più a rischio. Anche l’utilizzo, in passato, di siringhe di vetro è tra le cause dell’enorme epidemia da virus di epatite C in Italia. Il nostro è un Paese in cui l’epatite C è endemica proprio per tale motivo”.
Si arriverà mai all’eradicazione del virus da epatite C? “Eradicare il virus vuol dire eliminarlo in tutto il mondo – conclude Andreoni -. Oggi colpisce centinaia di milioni di persone, ma senza i vaccini l’eradicazione è impensabile. Possiamo, però, eliminare il virus in Italia. L’Oms ha dato a tutte le nazioni il compito di eliminare il virus dal proprio Paese e l’Italia è uno dei setti Paesi al mondo che si trova nella migliore situazione per raggiungere questo obiettivo. Abbiamo trattato centinaia di migliaia di persone ma ora serve l’aiuto da parte di tutti, le persone devono sottoporsi ai test di screening”.