Intervista allo scrittore-pensatore
Salvatore Massimo Fazio: «Il mio è un invito alla retroazione»
La nuova opera di Fazio conclude la tetralogia nichilista ed ha già suscitato molte polemiche, a partire dal titolo
Filosofo, scrittore, pittore, pedagogista clinico, nichilista e cinico quanto basta, Salvatore Massimo Fazio torna in libreria dopo 5 anni di assenza con Regressione suicida. Dell’abbandono disperato di Emil Cioran e Manlio Sgalambro, edito da Bonfirraro. L’intellettuale catanese che aveva scosso le coscienze con il precedente “Insonnie”, testo che ottenne un grandissimo successo e vendette più di 4000 copie in un solo anno, si riaffaccia sulla scena editoriale con l’incontro-scontro tra i due outsiders della filosofia contemporanea, nonché maestri “spirituali” dello stesso Fazio: il rumeno Cioran e il siciliano Sgalambro. In questo libro che chiude la tetralogia nichilista del filosofo, l’autore effettua “una seduta chirurgica” volta a svelare l’unica via che può aiutare l’uomo: regredire nel suicidio.
L’unica azione che ci resta è la regressione suicida. In che senso?«Appena pubblicato il libro è stato oggetto di polemiche per il titolo, ed in particolare per la singolare parola “suicida”, come se avessi creato una pedagogia del suicidio, ma chi dice così è perché non l’ha letto. In realtà qui si invita alla retroazione, ad un percorso inverso rispetto a quello naturale della nascita. Nel momento in cui veniamo al mondo, si dice “Ah che bello! È nato!”, ma in realtà per come vanno le cose dovremmo dire “Ah che tristezza: si è suicidato!” ma da vivo, perché continua a vivere in questo difetto che è il sociale, dove nulla va bene. Bisognerebbe essere consapevoli che il far nascere, soprattutto nell’ultimo ventennio, è un atto egoista. Per trovare, dunque, quel barlume di vitalità non rimane nient’altro che superare le sovrastrutture, sapere che si sta sprofondando e da lì l’attimo di vitalità si può scorgere. In che modo? Vivendo da suicidati, suicidando e superando l’accademia, i proprio maestri, in modo da reimporsi e vivere con una struttura normale e senza illusioni».
Il libro di Salvatore Massimo Fazio
Non a caso nelle sue opere e nei vari post pubblicati sui social, Fazio si è sempre scagliato contro le Università e le Accademie, tanto da essere definito da molti un “anti-accademico”.«Le università partendo dalle universitas e dalle scholé abbracciavano il concetto di riposo pubblico, ci si incontrava per scambiarsi opinioni, ma adesso è tutta un’altra storia. L’accademia è diventata (almeno nel 40% dei casi) l’imposizione di conoscere a memoria dei testi, che se non sai e lo stronzo di turno, che sta dietro la cattedra, si alza col piede storto al mattino, ti distrugge. E i casi reali di suicidio fisico poi si verificano. Ma non sono i problemi familiari o la fragilità del ragazzo, come affermano i professori quando vengono intervistati. Il problema è questa struttura pessima che è l’università e la scuola. Come riuscire a superare tutto ciò? Suicidando l’errore e le convinzioni che abbiamo per trovare quel barlume di vitalità».
In molti la citano come il fondatore del nichilismo cognitivo, eppure lei sembra rifiutare un po’ tutte le definizioni che le attribuiscono.«In realtà fu il giornalista Luigi Pulvirenti a definire nichilismo cognitivo il mio pessimismo ragionato, ma solo adesso sono arrivato a saperlo spiegare. Inizialmente quando mi chiedevano cosa fosse nemmeno io sapevo cosa rispondere, eppure pure tra i primi risultati di Google alla ricerca sul nichilismo cognitivo usciva Salvatore Massimo Fazio. Fu molto divertente. In realtà il mio è un lasciarsi vivere con più gli aforismi-mitragliate, un’arma di difesa. Rappresenta l’unica azione che ci resta per non darla vinta a chi ci vuole prendere in giro e infine distruggere. Per cui mi lascio vivere, non reagisco, ma prendendo il buono anche del cattivo in modo che nessuno mai possa imporsi. Bisogna solo rispondere mettendo a forte disagio, scandagliare, prendere le viscere e rovesciarle».
Qualche giorno fa su uno dei suoi canali social ha scritto un post pungente sul concertone di Capodanno tenutosi a Catania, nonostante potesse incorrere in una querela.«Querela che infatti non ha tardato ad arrivare. Al giorno d’oggi la querela è diventato uno strumento semplice da utilizzare ma il ruolo del filosofo (attributo che ho spesso rifiutato) è quello di ricercare la conoscenza e di congetturare tutto ciò che accade».
vittoria.averni@gmail.com
COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA