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Le brioches fatte con la farina di “pastazzo” superano l’esame

Di Carmen Greco - Nostra inviata |

Il pastazzo degli agrumi è il residuo della spremitura: bucce, semi e parte della polpa. Una quantità enorme di scarti che ogni anno finiscono in discarica con costi elevati a carico delle aziende di trasformazione. Basti pensare che in Italia l’industria agrumicola ne produce oltre 700mila tonnellate di cui 340 mila solo in Sicilia.

E’ stata una piccola pasticceria di corso Umberto, ad Acireale, quella di Orazio Bella, ad aver utilizzato la fibra di arancia essiccata come ingrediente della pasta per le brioches dando corpo ad un esperimento avviato poco più di due anni fa dal Dipartimento di Agricoltura, alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania sul pastazzo, lo scarto degli agrumi. Opportunamente trattato e ridotto in una polvere della consistenza della “farina” il pastazzo è entrato così nel settore alimentare. Non solo, quindi, tessuti, mangime, fertilizzanti e biogas, da oggi i residui delle arance potranno essere riutilizzati per confezionare prodotti da forno (in questo caso le classiche brioches “da granita”) più leggere e digeribili.

Il vantaggio, infatti, di utilizzare la farina di pastazzo è proprio quello di “tagliare” i grassi e di mettere al loro posto le fibre. Una fibra trattiene acqua e quindi assolve, in parte, allo stesso compito del grasso: mantenere morbida la pasta. Così facendo si ottengono brioches più salutari con caratteristiche di morbidezza uguali a quelle determinate dall’uso del burro o di altri grassi.

Il papà dell’esperimento è il prof. Salvatore Barbagallo, docente di Idraulica Agraria all’Università di Catania e responsabile del progetto sul pastazzo. «Proveremo – anticipa – anche con i cornetti e con prodotti a lunga conservazione. Già due ditte locali sono interessate e anche un’azienda del nord ci ha chiesto informazioni. Attualmente abbiamo fatto produrre 300 kg di farina di pastazzo da una ditta di Caltagirone (la Ortogel) che possiede i macchinari e le competente necessarie, in seguito ci auguriamo di poter ottimizzare il processo industriale per ridurre ulteriormente i costi e per rendere poi a livello commerciale il prodotto utilizzabile».

Produrre un chilo di fibra essiccata d’arance costa al momento 2-3 euro al chilo, ma la quantità che viene utilizzata, per esempio su un chilo di farina, è di appena 12,5 grammi. Questa piccola quantità permette di abbattere del 50% il peso della margarina prevista nella ricetta delle brioches (100 grammi invece di 200), almeno quella del pasticcere Giovanni Gulisano: «Abbiamo fatto tante prove aggiungendo anche acqua – racconta – e abbiamo visto che queste brioches durano più a lungo: al 5° giorno la classica era dura, mentre quella con il 50% in fibra risultava più morbida. Si potrebbero fare anche dei panettoni, dei pandori, proveremo anche lì…».

«Per me, l’esperimento è riuscitissimo – dice con un pizzico d’orgoglio il titolare della pasticceria Orazio Bella – e per noi è stato un onore collaborare con l’Università. A qualche cliente le abbiamo fatte assaggiare, soprattutto ai più giovani disposti a provare la novità, ma ancora non sono in commercio. Magari dopo aver letto questo articolo qualcuno ce le chiederà». In effetti la curiosità è tanta tra i passanti di corso Umberto: «Ma si può assaggiare?», «E’ più buona di quella classica?».

«L’obiettivo non era misurarsi sul sapore – spiega Rosa Palmeri, tecnologa alimentare, ricercatrice del dipartimento di Agricoltura alimentazione e Ambiente – il sapore della brioche tradizionale non si discute, è già buonissima. L’obiettivo era produrre una brioche diversa e arrivare a non capire la differenza con quella tradizionale, anche perché il consumatore potrebbe essere un po’ prevenuto anche se i gusto dell’arancia non si sente affatto. Per ottenere tutto questo, a monte, c’è stato uno studio chimico. Abbiamo cercato di eliminare le molecole che rendono il sapore amaro delle bucce delle arance mettendo a punto insieme al dott. Timpone (Rosario Timpone della Citrech Snc la società di consulenza che ha seguito il progetto per conto dell’Università ndr) un processo particolare sul piano industriale».

A parte il gusto e l’aspetto (sostanzialmente invariati) le brioches fatte con la farina di pastazzo non perdono nulla delle loro caratteristiche alimentari. Anzi. «Prima di tutto per il loro contenuto in fibre insolubili che coadiuvano le funzioni del nostro intestino – sostiene la prof. Cinzia Caggia, microbiologa del Dipartimento di Agricoltura Alimentazione e Ambiente – oggi fondamentali per mantenere un buono stato di salute. Una farina che ha una concentrazione in fibre nobili elevata e che può sostituire i grassi può essere l’alternativa salutistica all’utilizzo dell’olio di palma e può rappresentare un valido aiuto anche per la medicina del futuro che guarda sempre di più ad un’alimentazione sana».

Valutare le ricadute mediche dell’esperimento “pastazzo alimentare” sarà uno dei corollari del progetto assieme all’utilizzo delle fibre di arancia nelle bibite industriali. «Il progetto che abbiamo messo in atto – afferma il prof. Barbagallo – è molto ampio. Per il pastazzo siamo adesso in attesa dell’approvazione da parte dell’Ue di un regolamento che ne consenta finalmente l’utilizzo ad ampio spettro, non solo come sottoprodotto per uso zootecnico, ammendante del terreno o biogas».

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