E per la crisi della raffineria a Gela aumentano gli emigrati al Nord
E per la crisi della raffineria a Gela aumentano gli emigrati al Nord
GELA – La chiusura della raffineria dell’Eni e la conseguente crisi occupazionale stanno inducendo molti gelesi a cercare lavoro nelle regioni del Nord e all’estero. Alcuni si trasferiscono definitivamente, altri preferiscono viaggiare. Considerando solo quelli che decidono di portar via anche la residenza, la popolazione di Gela, in un anno, è diminuita di 362 abitanti essendo passata da 76.930 cittadini del dicembre 2014 ai 76.568 dello stesso periodo del 2015 (-0,47%, fonte “Anagrafe” Comune di Gela). Cifra e percentuali dei gelesi “migranti”, però, raddoppiano, se si considera che l’Eni ha trasferito, “a comando provvisorio” in altri stabilimenti italiani e nelle sue sedi sparse nel mondo, centinaia di dipendenti diretti, dichiarati “esuberi” del petrolchimico. «È la fuga da una città che sta morendo», dicono i sindacati, mobilitati nella lotta (oggi è il sesto giorno dei blocchi alle vie di accesso alla città) in difesa della riconversione della raffineria e per l’avvio dei lavori di bonifica del territorio. Secondo i dati rilevati dall’ufficio di stato civile del comune, da Gela stanno andando via soprattutto i giovani e di conseguenza in città calano le nascite (-4,5%) passate dalle 709 del 2014 alle 677 del 2015. La popolazione subisce un innalzamento dell’età media malgrado si sia registrato un aumento dei decessi passati dai 614 del 2014 ai 651 del 2015 (+6,2%), in prevalenza tra gli anziani. Il segretario regionale del settore industria della Uil, Salvatore Pasqualetto, chiede al governo Renzi di dire «cosa vuole fare a Gela e se la raffineria e l’esplorazione di nuovi giacimenti rispetto all’area del Mediterraneo sono strategiche», mentre dall’amministratore delegato dell’Eni, Claudio De Scalzi, vuole sapere se il gruppo petrolifero «ha perso ogni interesse alla riconversione degli impianti in green-refinery». Pasqualetto esorta il premier a mantenere gli impegni assunti e avverte che «se in settimana non saranno approvati i decreti attuativi e se non arriveranno le decisioni conclusive, lo sciopero generale diventerà inevitabile».