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Badou, da aspirante medico a futuro clandestino per colpa del decreto Salvini

Di Francesco Nuccio |

PALERMO – «Sono venuto in Italia per inseguire un sogno, quello di diventare un medico. Sono scappato dal mio paese per non essere ucciso, sono sfuggito ai trafficanti, ho affrontato il deserto e il mare, sono andato a scuola, ho imparato la vostra lingua, ho una carta d’identità. Al ministro Salvini vorrei chiedere perchè vuole che diventi un clandestino?».

Lo scontro sul decreto sicurezza, che in queste ore sta arroventando il clima politico, ha il volto pulito e gli occhi ingenui di Badou (il nome è di fantasia per proteggere la sua identità ndr), un ragazzo di 20 anni partito dal Gambia quando era poco più che un bambino. La sua storia ricalca quella di tanti altri migranti che, dopo avere ottenuto la protezione per motivi umanitari, rischiano adesso di trovarsi in una sorta di limbo.

Badou attualmente è ospite dello Sprar, il Servizio di protezione per richiedenti asilo, gestito a Palermo dal Centro Astalli, che accoglie complessivamente 34 persone tra cui una decina di minori. Dopo essere approdato a Lampedusa nel dicembre 2015 con un barcone proveniente dalla Libia, il ragazzo, che allora aveva 17 anni, è stato accolto in una comunità protetta. “Sono andato a scuola e ho preso la licenza media con la votazione del 9 – racconta orgoglioso – poi mi sono iscritto all’Istituto Tecnico Industriale, indirizzo informatico, anche se il mio obiettivo è la Facoltà di medicina. A giugno dovrei sostenere gli esami di maturità, ma adesso non so più cosa sarà del mio futuro…».

Sì, perchè il permesso di soggiorno rilasciato a Badou scade proprio a giugno. E in base alle nuove norme del decreto sicurezza non potrà più essere rinnovato, «a meno che – spiega Francesca Parisi, un’operatrice del Centro Astalli – lui non dimostri di avere un contratto di lavoro che, oltre ad essere assai difficile da ottenere, sarebbe incompatibile con il corso di studi universitario».

Per il giovane studente gambiano, dopo una valutazione della commissione territoriale, potrebbero aprirsi allora le porte dei Cpr, i Centri per il rimpatrio. Ma Badou, che ha rischiato di essere ucciso per motivi familiari, non vuole più tornare nel suo paese: «Sono partito che avevo 15 anni – ricorda – prima sono stato in Niger poi in Libia, dove sono stato catturato e messo in catene dai trafficanti insieme ad altri miei amici. Ci facevano lavorare tutto il giorno per un tozzo di pane e un pò d’acqua. Sono riuscito a fuggire e, grazie a un libico che mi ha aiutato, sono salito su un barcone e ho raggiunto Lampedusa».

Per Badou, che è diventato anche una promessa dell’atletica leggera gareggiando ai campionati studenteschi per il suo istituto, il traguardo che sembrava ormai a un passo rischia di tramutarsi in una meta irraggiungibile. «Volevo diventare un medico – ripete -, aiutare gli altri. Ma senza documenti un uomo è niente. Senza documenti non sei un uomo, sei solo un “clandestino”».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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