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Stupri, la polemica sulla castrazione chimica: ecco cos’è e come funziona

Di Redazione |

ROMA – La vicenda di Catania, dove tre ventenni sono stati arrestati per lo stupro di ragazza di 19 anni statunitense abbordata in piazza Teatro Massimo e l’intervento del ministro Salvini che ha invocato per loro la castrazione chimica, rilancia in Italia il dibattito su questo intervento “terapeutico” contro le persone condannate per violenza sessuale. Ieri in Parlamento il tema spinoso della castrazione chimica, durante la discussione sul disegno di legge “Codice rosso” sulla violenza sulle donne, ha diviso ancora una volta Lega e Cinque Stelle, con tanto di botta e risposta fra il ministro Giulia Grillo e Matteo Salvini. 

L’obiettivo, ha spiegato il ministro Giulia Bongiorno in un’intervista al Messaggero, è «inserire la possibilità di subordinare la sospensione della pena ad un trattamento terapeutico o farmacologico inibitorio della libido». Per il Movimento 5 Stelle, questa proposta della castrazione chimica è «una presa in giro alle donne», un modo per sfruttare «la loro paura per fare campagna» elettorale. «Non posso essere a favore di un provvedimento che riduca l’integrità psicofisica di una persona – ha commentato il ministro Grillo – Sono ministro della Salute e anche un medico. Lavoriamo sull’inasprimento delle pene. E’ là, fra virgolette, che dobbiamo castrare certi comportamenti, che sono obbrobriosi». In aula se ne riparlerà martedì. Il rinvio del provvedimento è stato quindi “funzionale” alle esigenze della maggioranza, che ha guadagnato tempo per cercare di far rientrare lo scontro. Che per ora è apertissimo: «È sperimentale su base volontaria in tanti Paesi occidentali – ha replicato Salvini – quindi ci sono persone che chiedono di essere messe in condizione di non avere più gli istinti per commettere violenze bestiali e quindi qualcuno studi quello che viene sperimentalmente applicato in altri Paesi». Ma in cosa consiste davvero la castrazione chimica? Vediamolo.

COS’È LA CASTRAZIONE CHIMICA – Si basa sull’iniezione di farmaci come il ciproterone che bloccano gli ormoni sessuali maschili. I farmaci sono analoghi dell’ormone maschile testosterone e vengono utilizzati anche nella cura di alcuni tumori, si legano ai recettori del testosterone e in questo modo impediscono all’ormone maschile di attivarsi, neutralizzandolo. In pratica, il testosterone viene bloccato proprio come accade in una castrazione fisica, ma perchè l’effetto della castrazione chimica possa essere duraturo l’individuo dovrebbe assumere queste sostanze per molto tempo per mezzo di sistemi di somministrazione permanenti, come quelli a lento rilascio sottopelle.

GLI EFFETTI COLLATERALI – «A differenza di quella chirurgica, la castrazione chimica è un procedimento reversibile. In urologia è usata a scopo medico nei pazienti con cancro alla prostata metastatico. Questo perché il tumore è sensibile al testosterone nel sangue. Si tratta di una terapia che ha effetti collaterali nei pazienti, e l’utilizzo a lunga durata può avere tutta una serie di conseguenze, come l’osteoporosi», ha spiegato Walter Artibani, urologo e segretario della Società Italiana di Urologia, che però non entra nel merito dell’emendamento sulla castrazione chimica presentato dalla Lega al disegno di legge che introduce norme a tutela delle vittime di violenza e di violenza di genere.

«Il nostro – sottolinea più volte Artibani – è un uso medico. Posso dire che la castrazione chimica provoca nei pazienti una serie di effetti collaterali, dalle vampate di calore, alla sudorazione, ma anche aumento del grasso corporeo, ginecomastia, ridotto desiderio sessuale e impotenza erettiva. Questi ultimi due aspetti immagino siano quelli che interessano ai promotori dell’emendamento. Ma cosa accade in un soggetto normale non saprei dirlo. Inoltre è bene ricordare che a lunga durata la castrazione chimica può provocare osteoporosi e tutta una serie di danni d’organo».

Nei pazienti con tumore della prostata metastatico (sensibile al testosterone nel sangue), «si effettua con due approcci – spiega l’urologo – utilizzando per via iniettiva farmaci agonisti o antagonisti dell’ormone luteinizzante, o somministrando per bocca anti-androgeni con effetto diretto sui testicoli. Questi medicinali abbassano il livello di testosterone nel sangue, come se non si avessero i testicoli». L’effetto in ogni caso è reversibile: «Nei pazienti se il farmaco si sospende, dopo 6-7-8 mesi» i livelli di testosterone risalgono. 

IN ITALIA – Il primo a chiedere la castrazione chimica è stato nel febbraio 1997 a Milano, Orlando Dossena, 42 anni, accusato di una quarantina di violenze sessuali e tentativi di violenza. Nel gennaio 1998 è stato presentato il primo progetto di legge sull’autocastrazione chimica. Nel 2003 si è espresso in materia il Comitato Nazionale di Bioetica, in un documento che rifiutava trattamenti sanitari obbligatori nei pedofili e castrazione chimica. Nel 2005, sempre sull’onda di casi di cronaca, fu il ministro leghista Roberto Calderoli a rilanciare il tema nell’agenda del governo di allora.

NEL MONDO – Approvata da alcuni Stati americani, la castrazione chimica è adottata oggi in Svezia, Danimarca, Canada, Gran Bretagna e Spagna.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA