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Visita Xi, la Sicilia e gli anni perduti: il treno cinese era già passato

Di Tony Zermo |

Catania – La visita di Xi Jinping a Palermo è stata un atto di cortesia nei confronti del presidente Mattarella, ma sostanzialmente la Sicilia è stata trascurata dal Memorandum Italia-Cina. E questo non può essere compensato con la promessa di un maggiore flusso turistico o con l’invio di carichi di arance tarocco uniche al mondo (gli altri tipi di arance li coltivano loro).

Ci si chiede perché prima il governo Gentiloni e poi il governo Conte hanno indicato per la Via della Seta marittima i porti di Trieste e di Genova, invece del porto di Augusta che è il più vicino al Canale di Suez e che fu attenzionato per primo dai cinesi. La risposta è semplicemente che da parte della Regione non c’è stato più nessuno che abbia seguito queste tematiche, tenendo i collegamenti con Pechino. Dopo la “Delegazione dei Sette” guidata da un viceministro che visitò il porto di Augusta, la piattaforma logistica di Catania e l’Interporto, poi c’è stato il buio. L’allora presidente della Regione, Raffaele Lombardo, doveva andare all’Expo di Shanghai, ma rifiutò perché prima voleva degli impegni scritti da parte della Cina. Il successivo governatore Crocetta («Ma che vogliono ’sti cinesi?») fece attendere per ore un altro ministro di Pechino che se ne andò infuriato. Insomma ci abbiamo messo tutti i mezzi per non concludere niente, proprio mentre il nostro giornale parlava di possibilità di costruire l’alta velocità ferroviaria e il ponte sullo Stretto di Messina da parte della Cina. I nostri magari erano sogni, ma dalla Regione non ci fu nessun tentativo di tenere un canale aperto, anche quando perfino l’allora segretario di Stato americano Hillary Clinton chiese all’allora leader cinese: «Ma che volete fare in Sicilia?».

Certo fu anche Pechino a voler mollare la Sicilia, ma lo fece quando dovette constatare la totale indifferenza della Regione siciliana. In sostanza è mancata da parte nostra di essere una intelligente controparte. Il porto di Augusta un giorno sarà grande, ma per ospitare le navi portacontainer da 120mila tonnellate ci vogliono almeno cinquanta gru, poi ci vogliono le maestranze, le strutture, il retroporto ampio. Augusta potrebbe avere tutto questo, ma “correndo” dovranno trascorrere parecchi anni, almeno tre, secondo Andrea Annunziata, presidente del sistema portuale del Mare Jonio. E un Paese come la Cina non può aspettare, oppure appendersi a progetti che finiscono nel vuoto. Certo Augusta è la più vicina a Suez, ma la ferrovia che porta al Nord è un disastro e i cinesi sono andati dove già esistevano le infrastrutture, hanno allungato il percorso fino a Trieste, ma hanno guadagnato comunque sei giorni rispetto a un percorso che li avrebbe portati a Rotterdam. Alla fine l’obiettivo l’hanno raggiunto, mentre la Sicilia rappresentava una incognita, interessante, ma sempre incognita. E figuriamoci se le imprese del Nord si lasciavano scappare l’occasione. C’è stato anche il tentativo di portare un’industria cinese per fare a Termini Imerese le auto, ma la Fiat non volle perché temeva la concorrenza con le auto piccole.

Purtroppo abbiamo perso dieci anni. Dieci anni di speranze, di sogni, di incontri. E in questi dieci anni la Sicilia non è cambiata, è sprofondata ancora di più senza che ci sia stato un minimo tentativo di cambiare le cose. Ora Xi Jinping è stato a Palermo, e potrebbe essere un grosso spot pubblicitario, ma intanto abbiamo anche constatato con amarezza come la distanza tra Palermo e Catania non è mai stata tanto profonda. E comunque non siamo nemmeno attrezzati per il turismo del terzo millennio, che prevede come la gente lungo l’asse dell’alta velocità possa fermarsi a Roma, essere dopo un’ora a Firenze e dopo un’altra ora a Milano. Il turismo oggi è questo.

In Sicilia invece non solo non c’è l’altra velocità, ma nemmeno le strade. Da noi è persino difficile andare a Piazza Armeria. Pensiamo a pullman e pullman di cinesi che intasano le strade del centro dell’Isola. Se arrivassero davvero sarebbe un disastro. Ma non arriveranno perché sono pochissimi quelli che negli alberghi siciliani parlano cinese e perché non esiste un volo diretto da Pechino per la Sicilia.

La Cina per la Sicilia è stata un’occasione, ora è un rimpianto di quel che poteva essere e non è stato.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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