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“Tuppi”, i consigli del geometra al boss col “villone”: affari e colletti bianchi

Di Concetto Mannisi |

Catania – C’è un passaggio nelle carte dell’operazione “Gisella” che sembra stare molto a cuore agli investigatori che hanno coordinato e condotto tale attività. Il riferimento è ai rapporti fra soggetti di indiscutibile caratura criminale – come gli eredi del defunto boss “Mario ‘u tuppu”, ma anche lo stesso Nino Rivilli, reggente del gruppo – e i cosiddetti “colletti bianchi”, coloro i quali dovrebbero mantenersi a distanza dalle relazioni pericolose e che, invece, talvolta sembra vadano personalmente a cercare gli “inciuci” con chi del crimine ha fatto il proprio credo. Il Gip Santino Mirabella lo sottolinea senza giri di parole: «Vedasi poi le relazioni di Rivilli e Tony Nicotra) con professionisti, pubblici funzionari e esponenti politici di Misterbianco. Vedasi i contatti con Amore Alessandro, funzionario della Banca di Credito Etneo, con Colicchia Salvatore, geometra che espleta consulenze al Comune di Misterbianco, con Leonardi Sebastiano Salvatore, responsabile dell’ufficio tecnico del comune di Camporotondo Etneo, con Corsaro Giuseppe Marco, già vicesindaco ed attualmente consigliere del Comune di Misterbianco, soggetti con i quali gli affiliati apicali del sodalizio sono “accreditati” e che, a loro volta, instaurano contatti con gli stessi».

Attenzione, tali soggetti non risultano indagati, ma fa specie vedere un personaggio di riconosciuto spessore come Rivilli rapportarsi con grande confidenza con Amore; fa specie sapere che Colicchia aiutava l’amico a realizzare degli affari anche nel settore immobiliare….C’è un rudere da acquistare, ristrutturare e rivendere: Colicchia garantisce a Rivilli che verificherà ogni carta in Comune e Rivilli, nell’ambito della discussione, fa riferimento a una società che lui non può tenere: «Casomai resta intestata a te».

L’altro, a dimostrazione che i rapporti sono più che stretti, ricambia con un consiglio che sembra un invito: «Mi sono fatto un canale diretto all’asta (giudiziaria), in cui noialtri si ci dà… tu la prendi senza nemmeno… Quindi, questa è un’altra cosa da realizzare. Infatti, ti dico, le case all’asta li devi fare, Nino! Ce la fai! Un immobile di cento lo prendi a sessanta e tu già ci hai guadagnato quarantamila euro». I consigli diventano due quando Rivilli, che nel frattempo si è fatto un villone pari al suo rango, discute sulla possibilità di dotare…. l’umile dimora di piscina: «Lascia stare – risponde Colicchia – dà troppo nell’occhio».

A tal proposito viene fuori che il Rivilli, munito di fatture di alcune ditte che avevano lavorato alla struttura, intende dare un valore ipotetico alla sua abitazione pari a 130 mila euro; soldi ottenuti, a suo dire, con i prestiti e con le vincite al gioco (testimoniate con il solito sistema, legato all’acquisto direttamente dalle mani dei giocatori o degli stessi ricevitori, magari a prezzi maggiorati, di bollette vincenti di una certa consistenza, da poter esibire in caso di controlli delle forze dell’ordine). L’obiettivo, ovviamente, è quello di schivare eventuali provvedimenti di prevenzione nei suoi riguardi, più che giustificati visto che gli investigatori avrebbero accertato un costante saldo negativo fra le entrate reddituali e le uscite del Rivilli e dei suoi più stretti familiari.

Nel corso di una perizia amichevole al cospetto dello stesso Colicchia, però, un pittore gli risponde che quella cifra è poco credibile e che almeno ci si dovrà attestare sui 500 mila euro di valore, anche in relazione agli evidenti costi sostenuti solo per i due grandi cancelli carrabili serigrafati, le mura di cinta a secco in pietra lavica alte quasi tre metri, e le telecamere di sorveglianza a circuito chiuso. Per la cronaca, nonostante gli sforzi di Nino Rivilli, la villa fa parte del sequestro di beni – per un valore complessivo di un milione e mezzo di euro – eseguito dai carabinieri, di concerto con la Procura distrettuale.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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