Cronaca
Autostrade, all’Anas primi appalti dal Cas La Regione: «Di fatto, è una pre-fusione»
CATANIA – «Per noi, di fatto, è una specie di pre-fusione…», si lascia scappare Marco Falcone prima di salire sul volo che da Roma sta per riportarlo in Sicilia. Una lunghissima giornata di incontri all’Anas, con un passo avanti – non l’ultimo, ma quasi – su uno snodo fondamentale per il futuro di infrastrutture e trasporti nell’Isola. L’azienda nazionale, infatti, sta valutando di gestire direttamente due importanti appalti del Consorzio autostrade siciliane: i lavori di ripavimentazione, sostituzione guard-rail e adeguamento della sicurezza sulla A18 (nel tratto Giarre-Messina Tremestieri) e sull’A20 (da Villafranca a Patti), del valore rispettivamente di 24,3 e 22 milioni di euro per un totale, su doppia corsia, di 220 chilometri interessati.
Ma come può la società per azioni, dal 2018 nel gruppo Fs, mettere in pancia quasi 50 milioni di appalto pubblico, che verrebbe dunque assegnato senza una gara di evidenza pubblica? Con quello che alla Regione hanno chiamato il «modello Giro d’Italia»: la scorsa primavera fu proprio Anas a occuparsi della sistemazione delle disastrate strade provinciali della Sicilia poco prima dell’arrivo della gara ciclistica. «L’operazione venne fatta attraverso la riprogrammazione dei fondi delle ex Province, sfruttando in convenzione un accordo quadro già aperto da Anas», ricorda l’assessore. E il risultato, al netto di qualche imperfezione sul percorso, fu miracoloso. Soprattutto nella tempistica.
Adesso si vuole replicare il modello con un’altra convenzione (stavolta a firmarla sarebbe il Cas), grazie alla quale l’Anas potrebbe mettere a disposizione uno “stock” di materia prima già a disposizione con un altro accordo quadro e la Regione utilizzerebbe i fondi del Patto per il Sud. Il vantaggio operativo? «Risparmieremmo circa un anno sui tempi delle gare – ricorda l’assessore – e poi, soprattutto ci avvarremmo del know-how di alto di livello». In questo scenario, infatti, il responsabile unico del procedimento resterebbe il Cas, ma la direzione dei lavori e le professionalità tecniche sarebbero dell’Anas. Il dubbio resta sulle maestranze.
Cosa manca per trasformare l’idea in realtà? La prossima settimana, in un altro incontro con i dirigenti Anas i vertici politici e amministrativi dell’assessorato regionale ai Trasporti «definiranno altri aspetti e se riuscissimo a firmare la convezione a settembre i lavori potrebbero partire all’inizio del 2019», scandisce Falcone.
In un altro ufficio romano, sempre ieri, l’assessore ai Trasporti ha messo le basi per «un’altra priorità sollecitata con forza dal presidente della Regione». Ovvero: le indagini su staticità e sicurezza delle strade siciliane. «Domani (oggi per chi legge, ndr) i dipartimenti di Infrastrutture e Protezione civile faranno il punto e invieranno una nota alle ex Province e al Cas per segnalare subito le situazioni che ritengono più critiche e bisognose di interventi più immediati». E a fare la diagnosi sullo stato di salute di autostrade e provinciali potrebbe essere sempre l’Anas, «sfruttando un altro contratto aperto». Con quanti e quali soldi? Ancora è presto per dirlo, anche se Falcone stima «un’ipotesi di costo fra i 5 e i 10 milioni».
E infine, proprio mentre è allo studio l’ipotesi di fusione col Cas, l’Anas firmerà presto – e questa non è un’indiscrezione, ma una certezza – un’altra convezione con la Regione. Per «i lavori di scarificazione e ripavimentazione di alcune strade provinciali per le quali abbiamo appena deliberato in giunta, su input del presidente Musumeci, lo stanziamento dei fondi», annuncia Falcone. Si tratta di un plafond di circa 35 milioni: 14 per Enna, 7 per Messina, 5 per Palermo, 4,5 per Ragusa e 4 per Caltanissetta. La firma della convenzione è prevista a metà settembre, forse il 13. E in quell’occasione Nello Musumeci rivedrà l’amministratore delegato di Anas, Gianni Armani. Per formalizzare l’intervento sulle sgangherate provinciali siciliane. Ma magari anche per discutere di futuro, quanto prossimo non è dato saperlo. La fusione? Forse, ma a Roma prima vogliono “vedere cammello”. Ma le distanze sono molto più ravvicinate. La ritrosia è diventata ascolto, il sospetto ora è quasi fiducia. E magari, dopo aver portato in dote un centinaio di milioni di lavori cash, questo strano fidanzamento potrebbe diventare un matrimonio che s’ha da fare. Magari più d’interesse che d’amore. Ma che importa?
Twitter: @MarioBarresi
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