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Sicilia, l’estate sta finendo e come sempre l’Isola cerca la ricetta giusta per destagionalizzare

Di Daniele Ditta |

PALERMO –  Sagre, festival e mostre c’erano in passato e ci sono ancora oggi. La novità, nella Sicilia che tenta la carta della destagionalizzazione per incrementare presenze e fatturati, è il turismo esperienziale: un nuovo concetto di viaggio, che si fonda sulla possibilità di vivere un’esperienza unica, intima, irripetibile. Tutto l’opposto del turismo di massa e delle vacanze fatte con lo “stampino” che, sì e no, reggono sino a settembre. Mese che per antonomasia in Sicilia segna la fine dell’estate e con essa anche la chiusura della maggior parte delle attività turistiche.

  

Chi va oltre, “scollinando” in autunno o addirittura in inverno, lo fa perché può contare su una clientela che spende (stranieri soprattutto), a prescindere dalla stagione, oppure perché riesce ad intercettare quei turisti che hanno il desiderio di ampliare le proprie conoscenze, approfondire la cultura e le tradizioni del luogo, imparare l’arte del saper fare. «Molte botteghe – spiega Francesco Di Natale, presidente Turismo e Commercio di Cna Sicilia – stanno riaprendo i battenti per accogliere i turisti che vogliono cimentarsi con il lavoro artigianale. Quindi non soltanto comprare prodotti e manufatti Made in Sicily, ma partecipare anche al processo realizzativo». Non è un caso che Airbnb, il colosso mondiale degli affitti brevi, sia diventato alleato della Cna nella promozione e nella valorizzazione del turismo esperienziale. «Con l’artigianato – aggiunge Di Natale – stiamo andando oltre l’agroalimentare, che negli ultimi anni ha avuto un vero e proprio boom». Entrambi gli ambiti vanno nella direzione della destagionalizzazione e si agganciano bene a sagre e festival (da settembre a dicembre se ne contano una ventina) che animano i piccoli centri.

Le attività collegate al turismo esperienziale tirano in ballo proprio le aree più interne della Sicilia. Se infatti la “mappa” delle presenze turistiche si concentra sulle coste, anche in alta stagione i turisti si spostano nell’entroterra per vivere esperienze e scoprire antichi mestieri. Emblematico l’esempio della via Francigena: lungo i 160 chilometri che attraversano le province di Palermo, Agrigento e Caltanissetta s’innestano numerose aziende agricole e caseifici, diventati ormai tappa fissa per i viaggiatori. Questo e altri itinerari messi a punto per il turismo esperienziale verranno presentati dalla Cna a ottobre alla Ttg di Rimini, fiera di settore che coinvolge più di 2.500 imprese e 1.500 buyers internazionali.

«La destagionalizzazione del turismo si lega molto bene con ambiti quali natura, enogastronomia e artigianato. Mentre si addice poco al balneare» dice Gianpaolo Miceli, coordinatore Cna Balneari Sicilia. Eppure una circolare emanata nel 2016 dall’assessorato regionale all’Ambiente e al Territorio consente l’apertura tutto l’anno delle attività che sorgono sul demanio marittimo. «Ci sono lidi – riferisce Miceli – che ne hanno approfittato per fare ristorazione e altri servizi collaterali alla fruizione del mare oltre l’estate. Si tratta in maggior parte però di stabilimenti grandi o distanti dal mare. I piccoli, specie se vicini alla battigia, preferiscono smontare, anche per preservare le strutture dalle mareggiate. A conti fatti, in tutta la Sicilia i concessionari del demanio marittimo che rimangono aperti in autunno e inverno non arrivano al 10%».

Per approfondire leggi anche:  «IMITARE IL MODELLO DELLE ISOLE CANARIE»

 

D’altro canto gli alberghi, soprattutto quelli di fascia alta, prolungano sin che possono le aperture. A Taormina, ad esempio, anche quest’anno il Timeo (lo storico hotel che nel 2017 ha ospitato il G7) ha deciso di rimanere in attività fino al 5 gennaio. «Gli esperimenti fatti in passato – spiega Stefano Gegnacorsi, general manager del Belmond Grand Hotel Timeo – sono stati positivi. Staremo chiusi solo due mesi, il 16 marzo riapriremo». Il vantaggio del soggiorno in bassa stagione riguarda in primis le tariffe, scontate tra il 20 e il 40% rispetto all’estate, eccezion fatta per Natale e Capodanno: periodi in cui c’è un picco di presenze. «Taormina è un punto di riferimento per tutta la costa jonica – conclude Gegnacorsi – rimanere aperti significa portare benefici all’indotto che gira attorno a negozi e ristoranti. Il potenziale c’è, grazie anche a nuove iniziative per i nostri clienti, particolarmente apprezzate dagli stranieri: per metà americani e per l’altra inglesi, russi, sudamericani… Tuttavia non è ancora sufficiente per una totale destagionalizzazione».

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