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Patto per la Sicilia, 140 milioni di euro usati per coprire i buchi

Di Mario Barresi |

Catania – Ben 44,2 milioni di «economie “in surplus”» dai fondi sul dissesto idrogeologico, oltre 30 milioni di progetti di infrastrutture depennati, così come 24,4 milioni per la depurazione e 16,6 a disposizione delle «aree di crisi complessa» di Gela e Termini Imerese, ma anche 4,5 milioni tolti a un progetto per il «miglioramento dell’attrazione e dell’immagine» della Sicilia in chiave turistica. Il governo regionale ha rimodulato alcune risorse destinate a interventi previsti dal Patto per il Sud e finanziate con il Fondo sviluppo coesione 2017/20. In tutto 140 milioni, «da destinare prioritariamente alla copertura del concorso alla finanza pubblica per l’anno 2019». Circa 100 milioni andranno a Città metropolitane e Liberi consorzi, in perenne crisi di liquidità; il resto dei fondi, come trapela dagli uffici della Ragioneria generale, saranno utilizzati per «sbloccare una parte di risorse vincolate nel bilancio 2019».

Lo “switch” dei fondi è previsto da alcune norme nazionali – fra cui la legge di bilancio 2019 e il cosiddetto “decreto crescita” – che consentono alle Regioni di utilizzare le risorse del Fsc per coprire esigenze di bilancio. E il governo di Nello Musumeci ha deciso quali interventi definanziare, come si legge in una relazione, dopo «un’approfondita attività di monitoraggio amministrativo-contabile sullo stato di avanzamento dei Programmi di spesa comunitari» con una task force coordinata dal capo di gabinetto vicario della Presidenza, Eugenio Ceglia, e composta da tecnici della Ragioneria generale e del dipartimento della Programmazione. Con 845 milioni in campo, di cui 736 di Fsc, nel “libro dei sogni” del Patto per il Sud (si ricorda la suggestiva firma alla Valle dei Templi, nel settembre 2016, fra Matteo Renzi e Rosario Crocetta, officiata da Angelino Alfano) alcune iniziative sono rimaste poco più che un rigo di un elenco. Ed è per questo che – anche dopo contatti con l’Agenzia di Coesione – la Regione ha stabilito alcuni «criteri fondamentali» per la scelta degli interventi da cancellare (per alcuni dei quali resta l’impegno di rifinanziamento nella programmazione 2021/27), fra cui l’assenza di «obbligazioni giuridicamente vincolanti», progetti che «non risultano immediatamente cantierabili» o che «non sono puntualmente individuati», ma anche interventi senza risorse né accertate, né impegnate sul bilancio regionale» o per quali non c’è l’anticipazione del 10% erogata dallo Stato.

Su questi presupposti è stato stilata un lista di 41 progetti cancellati, rimodulati o con riduzione dell’impegno di spesa. Nei 140 milioni ci sono anche delle economie su «risorse non assegnate ad interventi puntualmente individuati». È il caso segnalato da Maurizio Croce, ex assessore crocettiano, oggi soggetto attuatore del Commissario di governo contro il dissesto idrogeologico. Ed è un bel malloppo: in tutto 44.2 milioni, di cui 27,9 contro il rischio frane, 6.4 per la messa in sicurezza delle infrastrutture, oltre 5 milioni sul rischio alluvioni e 4,8 sull’erosione costiera. Un’altra sostanziosa fetta della rimodulazione arriva dal dipartimento Infrastrutture: oltre 30 milioni. Dei quali 28,4 di interventi viari: 15,4 dall’eliminazione dell’intervento di messa in sicurezza delle gallerie “Capo Calavà” sulla A20 nella tratta Messina-Palermo; ridotto (da 11 a 6 milioni) l’intervento sul viadotto “Akragas” nella Statale 115; uno sconto di 1,1 milioni anche al progetto sulle ricariche dei veicoli elettrici, inizialmente finanziato con 3,1 milioni. Eliminati anche alcuni interventi sulla viabilità locale: su tre strade provinciali del Palermitano (le Sp 1, 95 e 42) e sul tratto di Sp 34 “di Portella della Ginestra” che da Piana degli Albanesi conduce alla Palermo-Sciacca.

Sugli oltre 26 milioni rimodulati dal dipartimento Acqua e Rifiuti, ben 24,4 riguardano opere di depurazione. Fra queste depennato il progetto (6,2 milioni) per il completamento delle fognature del quartiere di San Giorgio a Catania, ma anche la costruzione della rete fognante nelle frazioni di Salemi (4,9 milioni), il potenziamento dell’impianto di Santa Maria di Licodia (3,2 milioni), l’adeguamento delle reti di Santa Croce Camerina (3,7 milioni) e di Ravanusa (2,9 milioni) e la manutenzione dell’impianto consortile di Nizza e Alì Terme (2,5 milioni). Depennato anche il potenziamento del depuratore e il collettore dei reflui di Tusa (3 milioni), buen retiro tirrenico dell’ex governatore Crocetta. Dagli interventi finanziati alla Protezione civile viene eliminata («per mancanza di Via/Vas») la via di fuga di Riposto, prevista in prossimità dello svincolo di Giarre dell’A18, per il quale erano disponibili 9,7 milioni, ma anche il progetto della circonvallazione nord di Tremestieri Etneo.

Diventano definitivi due “tagli” che già avevano suscitato polemiche dopo un’anticipazione pubblicata sul nostro giornale: il Dipartimento regionale tecnico ha sancito l’addio agli «interventi nelle aree di crisi complessa». Dunque, niente più soldi per lo svincolo Manfria-Roccazzelle (quasi 2 milioni) e per il lungomare (3 milioni) a Gela; ma soprattutto saltano le opere viarie a servizio della zona industriale di Termini Imerese, per cui c’erano 11,7 milioni. Anche il Turismo, in piena crisi post Covid, perde fondi. In particolare 4,5 milioni del programma di internazionalizzazione “Sensi contemporanei”, «eliminato per mancata individuazione di singoli interventi», che aveva lo scopo di promuovere l’immagine della Sicilia nel mondo. Curiosità: dallo stesso dipartimento arrivano anche delle «economie» (soldi non spesi dal Patto per il Sud) nell’impiantistica sportiva, pari però a 30 centesimi. Anche i Beni culturali “leghisti” pagano pegno: mezzo milione per il restauro delle decorazioni di Villa Raffo a Palermo, oltre a 290mila euro di un fondo rotativo per la progettazione, significativamente decurtato per… «mancanza di progettazione». Infine, lo Sviluppo rurale: 164mila euro previsti per la tutela dell’ambiente e della biodiversità. Un ultimo obolo versato per rimpinguare le casse delle ex Province e chiudere una vecchia partita del bilancio maledetto 2019.

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