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L’ ex parà arrestato per omicidio Scieri era pronto a fuggire in America

Di Redazione |

PISA – Ben 19 anni dopo la sua morte, Emanuele Scieri potrebbe finalmente avere giustizia. Ieri i poliziotti della sezione criminalità organizzata e della squadra mobile di Firenze, insieme ai colleghi di Pisa, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari per uno dei tre ex parà accusati di omicidio volontario: si tratta di Alessandro Panella, 39 anni, di Cerveteri (Roma), fermato poco prima che fuggisse negli Stati Uniti. L’indagato ha infatti anche il passaporto americano dopo un matrimonio, poi finito, con una statunitense e vive da più di 10 anni in California, a San Diego. Gli altri due indagati sono un militare dell’Esercito, di Rimini, e un altro ex parà, anche lui romano.

Su Panella, che nel 1999 era caporale in ferma prolungata, e gli altri due commilitoni si erano già concentrate le attenzioni della Commissione parlamentare d’inchiesta, che però non era mai riuscito ad audirlo proprio perché residente negli Usa. Il terzetto è infatti ritenuto dalla procura come un gruppo di «nonni» che agiva in modo piuttosto violento con le reclute e, nel caso specifico, come autore dell’aggressione che ha poi cagionato la morte del giovane allievo paracadutista di Siracusa la notte tra il 13 e il 14 agosto 1999 nella caserma Gamerra di Pisa. Scieri vi era arrivato da poche ore dopo il Car a Firenze. Ora la ricostruzione della procura di Pisa stabilisce che Scieri fu «aggredito e percosso» con violenza mentre si trovava ai piedi della torre di prosciugamento dei paracadute, in un’area della caserma sostanzialmente dismessa e dove si verificavano frequenti episodi di spaccio e consumo di droghe leggere. «Un’ipotesi suffragata – ha precisato il procuratore Alessandro Crini – da decine di testimonianze raccolte non solo da noi, ma anche dai commissari del Parlamento che hanno fatto un lavoro puntiglioso che noi abbiamo attualizzato qualificando e circostanziando il reato sotto il profilo penale». «Abbiamo ritenuto – prosegue – di accertare la permanenza in vita di Scieri e siamo arrivati alla conclusione che ci fosse il tempo per soccorrere Emanuele e per questo contestiamo l’omicidio volontario proprio perché il giovane è stato lasciato agonizzante a terra. Questa dinamica non è una nostra congettura ma è ricavata dai vecchi accertamenti attualizzata con quelli peritali effettuati dalla commissione parlamentare».

A incastrare Panella pure alcune intercettazioni ambientali riportate nell’ordinanza del gip Giulio Cesare Cipolletta. «Se stavolta riescono a incastrarmi, mi sa che ci muoio in carcere», dice l’arrestato in una frase captata da una microspia in auto. E sugli stivali anfibi sequestrati nella perquisizione del 26 luglio scorso spiega al fratello che «sono quelli in dotazione alla Folgore». Quando l’altro osserva che sono stati conservati tutti quegli anni e che potrebbero conservare tracce biologiche della vittima, Panella risponde: «Sono quelli nuovi, mai indossati. Quelli vecchi li ho buttati via una settimana fa». Infine parlando col fratello e col padre prima dell’interrogatorio, in cui si è avvalso della facoltà di non rispondere, Panella ammette di voler ritornare al più presto in California e di rinunciare alla cittadinanza italiana. L’intento, concordano i familiari, è di sparire e di non farsi più rintracciare dalla giustizia. «Ha cambiato casa, non sta più qui», suggerisce il padre. «Gli do l’indirizzo sbagliato, vagliela poi a fà la notifica», aggiunge il fratello. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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