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La lotta di Nicoletta “cuoca combattente”: con marmellate e conserve aiuta donne vittime di violenza

Di Maria Ausilia Boemi |

“Chi ti ama non ti critica continuamente”, “Sei bella così, con tutta la tua ciccia”, “Chi ti ama ti lascia libera”, “L’amore non mette catene”, “L’amore non ammette minacce mai” “Se ti ama, ama anche i tuoi difetti”: sono verità basilari ed elementari in un rapporto di coppia sano, che si nutre di amore reciproco. Sono le stesse verità che però la violenza psicologica domestica sulle donne, fenomeno nascosto ma molto diffuso, invece svilisce, nega e rinnega. Con la conseguenza di uccidere silenziosamente e lentamente l’anima delle vittime, illese nel corpo ma piagate irrimediabilmente di ferite invisibili e dolorose nell’anima. Per ricordare a tutte le donne queste basilari, elementari verità, sono anche alcuni dei messaggi che le resilienti “Cuoche combattenti”, fondate dalla 48enne palermitana Nicoletta Cosentino, lanciano dalle etichette delle loro conserve, confetture, pesti, salse per tornare a condire la vita delle donne di autostima e fiducia in sé stesse.

La sfida di Nicoletta Cosentino nasce circa un anno e mezzo fa, dopo un arduo percorso personale al centro antiviolenza Le Onde Onlus di Palermo. «Nel 2015 – racconta – mi sono rivolta a loro perché non riuscivo a separarmi». Nessuna violenza fisica da parte dell’ex marito, «tanto che io non mi percepivo come vittima. Ho dovuto ragionarci per prendere consapevolezza che esistono diversi tipi di violenza: c’è quella fisica, ma c’è anche quella psicologica ed economica con minacce e coercizioni quasi mai esplicite. Un abuso psicologico che porta all’isolamento, a non avere più accesso all’economia della famiglia, a vivere nella paura. Abusi spesso mascherati da amore, protezione, tanto da essere invisibili persino a chi li subisce». Un finto amore che in realtà si chiama possesso e nasconde, da parte dell’aguzzino, un profondo egoismo: «La violenza psicologica passa sempre attraverso il controllo della persona (quindi, “non uscire perché ieri hai tossito troppo e non vorrei che ti venisse la febbre”, “non andare là perché quelle amiche non vogliono veramente il tuo bene”) e lo svilimento (“tu non sei capace, lo faccio io”). L’abuso psicologico distrugge la persona, porta ad avere un’autostima molto bassa e a credere di non sapere fare nulla».

Una consapevolezza, quella di Nicoletta Cosentino, cresciuta al centro antiviolenza Le Onde Onlus che, oltre a gruppi di analisi, ha offerto alla palermitana «uno stage formativo e lavorativo in un laboratorio di produzione alimentare. Durante questa esperienza durata sei mesi, ho ritrovato le mie passioni e in particolare quella della cucina, ma ho anche assaporato un’opportunità di indipendenza economica che non avevo da tempo».

Da lì l’idea di volere restituire ciò che lei stessa aveva ricevuto: quindi creare le Cuoche combattenti (il cui motto è: “Mai più paura, mai più in silenzio, non siamo vittime ma combattenti!”) col progetto di aprire un laboratorio di confetture, salse, marmellate e pesti che potesse offrire alle altre donne l’opportunità di imparare un lavoro, diventando così economicamente indipendenti, e di fare un percorso di recupero dell’autostima e dell’amore di sé stesse, riprendendo in mano la propria vita. «La prima idea è stata quella delle etichette antiviolenza, cioè di messaggi volti a smascherare il meccanismo di possesso e ad aumentare l’autostima, perché spesso chi vive la violenza psicologica si sente condannata a quella vita e non pensa che esista la possibilità di uscirne. Invece le etichette dicono che c’è sempre una via d’uscita. Poi ho deciso di mettere a frutto lo stage e di farne una possibilità di autodeterminazione per me e per altre donne accolte nel centro antiviolenza».

Finora la produzione, realizzata dalle 8 donne che compongono l’associazione (due cuoche più le altre che aiutano nel progetto) si è concentrata su confetture di pere e noci, di pere e cannella, marmellata di cipolle rosse, salsa di pomodoro siccagno, di pomodoro riccio corleonese, crema di cipolla di Partanna, pesto di melenzane, realizzate nelle cucine casalinghe. Ma l’intento era sin dall’inizio quello di creare il laboratorio e ora, dopo avere trovato i fondi attraverso vendite ed eventi di crowdfunding di grande successo e avere avuto finalmente accesso a un finanziamento di micro-credito, a fine aprile a Palermo si realizzerà il sogno.

«Appena apriremo il laboratorio inizieremo con gli stage e poi, man mano che cresceremo, assumeremo altre donne. Sempre attente, tuttavia, a non fare il passo più lungo della gamba. Il nostro focus è aprire il laboratorio e creare immediatamente lavoro per donne che hanno bisogno di autodeterminarsi in modo da potere uscire da relazioni abusanti. Faremo anche eventi di produzioni collettive, come li chiamo io, cioè tutte insieme in location esterne (in passato ne abbiamo già fatti allo Zen e in altri luoghi) produrremo una marmellata, una conserva, una torta: sono momenti di confronto e socializzazione umanamente molto ricchi, da cui nasce sempre qualche spunto di riflessione importante anche per le donne non legate all’associazione, che vedono esempi di donne che ce l’hanno fatta a riscattarsi. Vorremmo, insomma, essere propulsive per l’auto-imprenditoria femminile come riscatto».

Per questo, qualche giorno fa Nicoletta Cosentino ha ricevuto a Catania il premio Woman in Social Enterprise all’interno dell’evento Outstanding Women in Southern Italy del Department for International Trade britannico, con la motivazione che «le marmellate di Cuoche combattenti invitano alla rinascita e a esigere il rispetto tra le mura domestiche».

Il messaggio di Nicoletta Cosentino alle altre donne è infatti che «si può uscire dalla violenza, che basta volerlo e sbracciarsi per farlo e che soprattutto esistono strutture – i centri antiviolenza – che hanno competenza e risorse per aiutarci. Vorrei essere un esempio positivo: io ce l’ho fatta e non perché avessi alle spalle una famiglia o qualcuno a cui appoggiarmi, ma perché mi sono appoggiata al centro antiviolenza. E come me ci sono tante altre persone e donne che hanno fatto lo stesso percorso positivo». Ricordando che la violenza domestica non è solo quella fisica: «La violenza psicologica, molto diffusa, è la base dell’iceberg, è quello che non si vede, mentre il femminicidio è la punta dell’icebereg che emerge fuori dal mare. La violenza psicologica, tuttavia, è altrettanto grave: è fatta di abusi “normalizzati” che, in nome di amore e rispetto, massacrano l’anima delle persone».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA