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Sonia Quaratino, «La mia carriera di immunologa a Cambridge. In Sicilia porte chiuse»

Di Maria Ausilia Boemi |

Da Palermo, dove tutte le porte della carriera accademica erano chiuse, all’Inghilterra dove ha semplicemente bussato alla porta di un luminare che le ha aperto senza particolari formalità, passando anche per la Germania e la Svizzera: Sonia Quaratino, oggi chief medical officer della Kymab, una biotech di Cambridge, è il classico esempio di cervello in fuga che non si è più guardata indietro. Cinquantasette anni – «ma giovane nell’animo», precisa sorridendo – si è laureata nel 1987 in Medicina a Palermo e nel 1988, dopo avere ottenuto un dottorato in Ematologia a Palermo, «vista la mediocrità della situazione – sottolinea – me ne sono andata in Inghilterra dove ho costruito la mia vita professionale». Durante il dottorato palermitano, ma senza neanche una lettera di presentazione da parte del proprio responsabile italiano, ha bussato alla porta di un luminare mondiale dell’Ematologia come John Goldman all’Imperial College: «Lì mi sono specializzata in Ematologia, poi mi sono dedicata alla ricerca di base sempre all’Imperial College dove ho fatto un Phd in Immunologia e ho lavorato come senior sciencist, studiando con un altro luminare come Mark Feldman (premio Albert Lasker – l’equivalente Usa di un Nobel – nel 2003)». Quindi i vari passaggi della carriera accademica: «Sono diventata prima l’equivalente di professore associato, poi di ordinario in Immunologia all’università di Southampton». Nel 2008, la decisione di cambiare vita: «Fino a quel momento, il focus della mia ricerca era stato capire i meccanismi molecolari che portano dallo stato di salute a quello patologico. E questo l’ho fatto per diverse malattie: autoimmuni e genetiche o studiando l’interfaccia tra malattie autoimmuni e cancro. In realtà, infatti, queste sono le due facce della stessa medaglia: nelle prime, il sistema immunitario attacca sé stesso e, a seconda dei vari organi che colpisce, si trasforma in diabete piuttosto che in sclerosi multipla o artrite reumatoide e così via. Nel caso del tumore, invece, questo non viene attaccato dal sistema immunitario, quindi avviene esattamente l’opposto. Dopo anni di queste ricerche di base, però, ho deciso di reinventarmi: ho lasciato così l’università e sono passata all’industria farmaceutica». Sonia Quaratino lavora quindi alla Merck in Germania (per circa 6 anni, dove conosce peraltro il marito, un tedesco che lavora nella finanza, «che è diventato il mio compagno di vita, di giochi, di tutto. Lui vive in Germania, io a Cambridge e ci vediamo nei weekend») e alla Novartis in Svizzera (per quasi tre anni) creando, da dirigente dei clinical trial e capo sviluppo clinico, nuove molecole e farmaci. Infine il rientro in Inghilterra, dove dirige Kymab, una biotech di Cambridge, occupandosi sempre di malattie autoimmuni e cancro.

Carriera brillante, quindi, ottenuta grazie alla decisione di lasciare la propria terra, andando alla ventura: «A quel tempo non c’erano assolutamente prospettive, l’università era appannaggio unicamente di chi aveva un aggancio politico o familiare. E credo che purtroppo la situazione oggi non sia cambiata: sono passati 30 anni, ma i cognomi sono sempre gli stessi. Come dire: la carriera accademica è una monarchia che si tramanda di padre in figlio. In Inghilterra, invece, funziona la meritocrazia e io sono diventata professore in base al mio valore».

Una partenza al buio, quella di Sonia Quaratino, senza neanche una lettera di presentazione: «Ho semplicemente bussato alla porta di John Goldman, che è un luminare, e lui mi ha aperto senza sapere chi fossi. Gli ho chiesto se potere frequentare da lui per 3 settimane. All’inizio – sorride – forse avrà pensato che fossi una psicopatica, tanto che mi ha detto di tornare dopo due settimane perché lui non poteva decidere (ovviamente non era vero). Mi ha poi permesso di frequentare per 3 settimane, al termine delle quali gli ho chiesto se potevo fermarmi altri 3 mesi e alla fine i mesi sono diventati anni. In Italia ricordo che dovevamo fare la coda per bussare alla porta del direttore, mentre in Inghilterra c’è una politica di porte aperte, è tutto diverso. Sin dai primi tempi, ad esempio, lui mi diceva: “Chiamami John”. Io non ci riuscivo, balbettavo, alla fine lo chiamavo prof. Goldman e lui mi ripeteva: “My name is John”, come se fossi tarda di comprendonio». Difficile, in un ambiente del genere, pensare di tornare in Italia: «Per diventare il vassallo, il garzone da bottega del principe, del duca, del conte di turno?». Neanche quando la carriera le avrebbe consentito di tornare magari da “principe”: «Perché dovrei tornare quando già sono principe e Cambridge? In realtà, quando ero già professore in Inghilterra mi hanno offerto di tornare in Italia a fare l’assistente: ma come puoi anche solo pensare che lasci un ruolo di professore in Inghilterra per venire a fare l’assistente a Palermo?».

Anche se gli studi siciliani sono stati «validi, pur se non grazie ai professori. O forse sì, visto che erano molto severi con chi non faceva parte della cricca: questo quindi mi ha obbligata a dare il massimo. E all’estero sono sempre stata stimata proprio per il mio background». Peraltro, anche fare ricerca in Italia è più difficile che in Inghilterra: «Penso di sì, tranne che in alcuni centri di eccellenza sei fuori dalle novità più importanti. Non so come siano distribuiti oggi i fondi in Italia, ma ricordo che all’epoca erano a pioggia, il che voleva dire che sia che eri bravo sia che non lo eri comunque prendevi la stessa quantità di soldi. In Inghilterra, invece, devi applicare per dei grant: se non sei bravo non li vinci e quindi muori nel tuo guscio, mentre se sei bravo ti espandi». Meritocrazia è dunque la parola magica, per Sonia Quaratino, per cambiare le sorti italiane: «Devi dare ai giovani la possibilità di crescere e non solo di fare lo sciacquino per 20 anni appeso alla promessa di un posto. No, questo non è sognare: è una perversione, una falsa democrazia permettere a tutti di diventare medici, quando in realtà farà carriera solo chi ha gli agganci». Bene allora il numero chiuso per entrare in Medicina, ma con «test di ingresso diversi che tengano in considerazione il curriculum del candidato, tutta la scolarità dei 5 anni di scuola superiore».

La Sicilia, tuttavia, resta sempre nel cuore, con la nostalgia «degli amici che avevo e continuo ad avere, per me sempre carissimi, della spontaneità dell’essere siciliano e del cielo azzurro». A non mancare alla luminare siciliana, invece, «la truffaldineria, la scorrettezza, la sporcizia». Nostalgia, insomma, ma mai rimpianti: «Per principio non guardo mai indietro, ma sempre e solo avanti». Con ancora mille progetti e sogni nel cassetto: «Quando cambierò di nuovo lavoro – scherza – voglio fare l’astronauta. Nonostante abbia 57 anni, non penso mai alla pensione ma a come reinventarmi un altro lavoro, a fare qualcosa di bello. Poi magari il fisico non me lo permetterà, però il sogno c’è». Ed è quello che Sonia Quaratino, che non ha figli, ma considera tali i suoi studenti, consiglia ai giovani: «Avere una visione, sempre. Senza visione, non avrai mai niente. Non avere mai paura di volare e non cercare di avere il paracadute, perché tanto non funziona mai: cerca quindi di volare più alto che puoi». Senza paura anche delle barriere che nel mondo in questo momento c’è la tendenza ad alzare, come potrebbe essere Brexit per l’Inghilterra, che per la professoressa palermitana, che non ha mai preso la cittadinanza inglese – «Io sono cittadina del mondo» – non sarà un problema: «Se hai una qualifica, se hai un lavoro, Brexit non ti stoppa. E questo vale anche per i giovani. A Kymab lavorano persone di 17 diverse nazionalità, abbiamo gente che viene da tutto il mondo. A Cambridge l’80% sono stranieri. Ci sono parti dell’Inghilterra – Londra, Cambridge, Oxford – che veramente appartengono al mondo, non fanno parte della becera Inghilterra del Brexit».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA