Catania
La prefetta Silvana Riccio lascia Catania: «Qui un pezzetto della mia vita»
Catania – Il souvenir che porterà via da Catania sonnecchia sulla sedia. È il gatto Tobia. «Spero si abituerà alla convivenza con il mio cane», dice la prefetta Silvana Riccio. Poi c’è “Miracle” il neonato, sbarcato con la madre dalla nave Acquarius lo scorso maggio. «Stavo lì sulla banchina e ho visto questo bambino di appena un giorno di vita. Ho la foto nel telefonino, è uno dei ricordi che porterò dentro di me». Dopo un anno e sette mesi, la prefetta Silvana Riccio lascerà la città entro il mese. Andrà a Roma a ricoprire l’incarico di segretaria generale al ministero dell’Ambiente.
Catania le ha portato fortuna, o no?
«È un incarico importante, perché il segretario generale è a capo di tutta la struttura amministrativa delle Direzioni generali che ci sono al ministero dell’Ambiente. Come materia è una novità, per cui sarà una bella sfida. Certo, Catania è una città che ti prende, ti entra un po’ dentro, per cui come in tutti i momenti in cui si lascia un incarico per un altro si lasciano anche persone, si abbandonano ambienti lavorativi nei quali ti sei trovata bene, un po’ di emozione c’è, ma è umano, capita a tutti».
Nemmeno due anni a Catania, tanto o poco per farsi un’idea della città?
«È una città molto vivace qualche volta caotica, per esempio sotto S. Agata, è accogliente: una bella città. Indubbiamente risente anche del momento di crisi economica generale».
Quando arrivò si disse “contenta”, il giudizio è cambiato?
«No, anzi, lascio qui un pezzetto della mia vita perché è stata un’esperienza molto intensa, sicuramente non monotona, mi sono confrontata con problemi diversi. Spero di aver dato il mio contributo, non tanto io quanto la prefettura, perché sono sempre le istituzioni a dare delle risposte. Innanzitutto sul piano dell’immigrazione il tema che riscuote più interesse».
Soprattutto in questo momento…
«Sì, ma anche in passato. La questione del Cara di Mineo è sempre stata attuale. Oggi a Mineo siamo riusciti a fare questa gara – che non era scontato andasse bene -, invece è successo. Abbiamo suddiviso per la prima volta la gara in quattro lotti, dando così la possibilità di una vera competizione di una partecipazione maggiore. Ho firmato il decreto di aggiudicazione, tra poco firmeranno il contratto. Abbiamo ridotto, in questo modo, anche il numero dei migranti che, al massimo, saranno 2.400 anche se già Mineo è sotto i 2.000 ospiti con la riduzione degli sbarchi. Poi tutto è da rapportare con i problemi di un centro grande come quello di Mineo, 2.000 persone fanno quasi la popolazione di un Comune».
Dopo l’immigrazione, il lavoro?
«Abbiamo trattato moltissime vertenze sindacali, per alcune siamo riusciti a trovare una soluzione. L’ultima che mi viene in mente quella sul servizio dei rifiuti di Catania che è stato aggiudicato ad una nuova ditta con il ricollocamento dei lavoratori che facevano parte del cosiddetto bacino prefettizio”, 105 unità che saranno assunte. Non risolve tutto, è chiaro, ma è una notizia positiva. Penso anche alla protezione civile, agli incendi del luglio 2017 quando ci furono giorni molto pesanti perché qui c’è un’oggettiva carenza dei vigili del fuoco, cosa che abbiamo rappresentato in tutte le sedi, e io credo che, prima o poi, arriveranno dei rinforzi».
Quando lei arrivò il suo biglietto da visita era l’essersi occupata dei problemi della Terra dei Fuochi. A Casal di Principe la spazzatura arrivava al secondo piano, quando lei andò via la differenziata arrivò al 62%, almeno due anni fa. Qui a Catania siamo ad un misero 7%. Da cittadina come valuta la situazione della pulizia della città?
«È evidente che sul discorso dei rifiuti – come ha dimostrato l’indagine della magistratura – c’erano delle situazioni critiche che non andavano bene all’interno del Comune. Mi auguro che le cose possano migliorare, adesso c’è un nuovo servizio che partirà tra poco, a metà settembre».
A proposito di Comuni con “criticità”, quello di Trecastagni è stato sciolto per mafia e c’è sempre chi si sorprende. Ci si dimentica che la mafia s’infiltra nel tessuto delle Istituzioni?
«La Prefettura non se lo dimentica mai in che territorio è, e questo è dimostrato anche dalle numerose “interdittive” che ovviamente voi non vedete, ma che esistono nelle nostre banche dati, molte delle quali nei confronti di ditte per la raccolta dei rifiuti a dimostrazione che è indubbiamente un settore da attenzionare particolarmente. Detto questo, al Comune di Trecastagni gli elementi di criticità non erano solo riferiti al settore dei rifiuti, ma anche ad una gestione che evidentemente non era totalmente impermeabile alla criminalità organizzata».
Ha avuto l’auspicata collaborazione dai catanesi?
«Credo che la prefettura l’abbia avuta attraverso tutte le forme di organizzazione con le quali è venuta a contatto, le associazioni, i patronati, a seconda delle varie esigenze che si sono presentate via via. Le questioni più approfondite sicuramente sono state quelle delle crisi occupazionali derivate dalla chiusura delle aziende e dalla perdita dei posti di lavoro, ma poi anche la sicurezza e l’Etna sono state al centro del nostro lavoro. Poco fa ho firmato una nota in cui ho chiesto ai sindaci e all’Ente Parco di avere un atteggiamento uniforme perché sta succedendo che ognuno firma le proprie ordinanze per accedere alle quote sommitali. Non è possibile andare avanti così, ci vuole uniformità di disciplina. Nel momento in cui l’Etna ci ricorda di essere un vulcano attivo e ci sono le segnalazioni della protezione civile regionale, bisogna avere un’uniformità di trattamento».
Servirebbe un’autorità super partes?
«Ma c’è già, ed è l’Ente Parco nel cui consiglio ci sono peraltro tutti sindaci. Non c’è sede migliore per adottare una linea univoca. Di fronte al bene primario della sicurezza la prefettura non può stare a guardare, rispetta la competenza degli organi locali ma è anche vero che non può mettere a repentaglio la sicurezza delle persone. Se le cose non dovessero cambiare si valuterà cosa fare».
Momenti che ricorderà?
«Tanti. La visita del presidente della Repubblica, o il funerale dei due vigili del fuoco morti in via Garibaldi, il dolore di quelle famiglie è diventato il dolore collettivo di tutta una città».
Le ha insegnato qualcosa questa città?
«Sono nata a Napoli, che per certi versi ha nel suo dna molte cose simili a Catania. Più che “insegnarmi” direi che mi ha ricordato il modo di vivere per la strada. A Catania c’è ancora questa abitudine tipicamente meridionale di vivere parte della propria vita nelle strade della città, non chiusi in casa. Ritrovare questa dimensione è stato piacevole».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA