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Arresti Acireale, «M’aggiuva ’na cosa elettorale…»: bufera sulla premiata ditta acese

Di Mario Barresi |

Il primo è che dalle 75 pagine dell’ordinanza del gip Giovanni Cariolo emerge più di un’ombra sul recente voto per l’Ars. Alcune delle condotte del sindaco, per il giudice, hanno come obiettivo ottenere «uno sostegno elettorale per la candidatura dell’on. Nicola D’Agostino alle regionali siciliane del 2017».

L’accusa (pesante dal punto di vista politico, prima ancora che penale) arriva a dieci giorni dal voto per le Politiche, con lo stesso D’Agostino candidato nel collegio uninominale di Acireale – e questo è il secondo effetto collaterale – in un “derby” con il forzista Basilio Catanoso. Anche se c’è chi giura che, al di là degli effetti dell’operazione “Sibilla” sul voto, sarebbe stata comunque una sfida a due fra il deputato di Forza Italia e l’altra uscente del M5S, Giulia Grillo.

D’Agostino «non risulta coinvolto nelle indagini» e inoltre «non risulta avere chiesto il ricorso a questi sistemi per ottenere i voti», precisa il procuratore Carmelo Zuccaro. Ma il deputato regionale di Sicilia Futura – terzo effetto collaterale dell’inchiesta – corre con il Pd che s’è aperto, fra pesanti contestazioni della base, ai contributi dei “diversamente dem” come D’Agostino. «Io candidato? Me l’ha chiesto Renzi personalmente», ha detto più volte il candidato alle Politiche.

Per chi suonano le cento campane?

«M’aggiuva ‘na cosa elettorale…». È la frase-simbolo di quest’inchiesta. Barbagallo, nella sua stanza in municipio, parla con Nicolò Urso, luogotenente della polizia municipale. Scatterà il controllo sui fratelli Paladino, ambulanti irregolari, ai quali poi sarà prospettata «una soluzione bonaria in cambio di un sostegno elettorale», ovvero «la promessa di voti in favore del suo referente politico».

Al netto delle carte dell’indagine, il rapporto fra il sindaco e il deputato regionale è simbiotico. Barbagallo, 43 anni, ingegnere, proviene da una distinta famiglia di commercianti di agrumi che ha tirato su anche un altro figlio famoso: Salvatore, docente universitario ed ex preside di Agraria, oltre che assessore-meteora in uno dei governi di Raffaele Lombardo. Il fratello più piccolo, Roberto, diventa sindaco nel 2014 al ballottaggio (15.573 voti, 63,53 %) contro Michele Di Re. Prima di indossare la fascia era stato assistente parlamentare di D’Agostino. Ed è proprio lui a volerlo candidato sindaco, da deus ex machina del “modello Acireale” che sbancò le urne. Azzeramento dei simboli dei partiti, molti giovani in liste civiche, con Barbagallo volto pulito e D’Agostino regista.

Il deputato regionale non ha mai fatto nulla per nascondere il suo “patronaggio” sull’amministrazione comunale. Assiduo frequentatore del gabinetto del sindaco (soprattutto il lunedì e il venerdì) “Nick mano fredda” è sempre presente, anche quand’è all’Ars. Con la testa sempre alla sua Jaci. Narra la leggenda che persino durante un delicatissimo vertice romano con Luca Lotti, main sponsor del gemellaggio politico fra Sicilia Futura e Pd, D’Agostino a un certo punto legge un sms e si fa scuro in volto. «Scusate, dobbiamo interrompere un attimo. Ho casini ad Acireale con i commercianti che non vogliono la Ztl…», dice agli esterrefatti presenti. Per chi suonano le cento campane?

Certo, nel giorno delle manette e del fango, ha un sapore diverso l’adagio che in città tutti ripetono, alcuni con malizia: «Ad Acireale non si muove foglia che Nicola non voglia». Eppure il sodalizio con il sindaco-delfino ha partorito alcune scelte limpide, seppur impopolari. La tormentata guerra ai furbetti del cartellino in municipio, la sofferta stretta sul bilancio, la fastidiosa raffica di multe sul parcheggio selvaggio, la mal digerita rivoluzione della raccolta differenziata, la contestata isola pedonale, lo storico abbattimento dell’ecomostro sulla Timpa, con l’ex procuratore Giovanni Salvi ospite d’onore.

«Discontinuità» è stato il refrain della premiata ditta D’Agostino-Barbagallo. E proprio all’indomani della doppia intimidazione – l’auto del sindaco bruciata sotto casa e una testa di capretto con un proiettile conficcato recapitata al deputato – nell’aprile 2015 in coro invitavano i cittadini a a collaborare per «distruggere la delinquenza organizzata in città». Per chi suonano le cento campane?

Sott’accusa non è il rapporto politico fra i due. Ma i metodi che Barbagallo avrebbe usato per portare voti a D’Agostino. L’ordinanza racconta delle ultime Regionali, quando il candidato locale incassò 4.172 dei 4.558 voti di Sicilia Futura nella città amministrata dall’ex portaborse. Per il movimento di Totò Cardinale un risultato ottimo: 19%, a fronte del 6% di media regionale. Per D’Agostino un bottino decisivo per l’elezione nel collegio etneo: poco meno della metà delle 10.909 preferenze con le quali è stato eletto all’Ars sono “made in Aci”.

E dunque, sostengono fra le righe i pm, lo stesso sistema usato da un sindaco dalla «personalità criminale allarmante» si sarebbe potuto ripetere anche nella campagna elettorale per le Politiche. Acireale è la città-chiave del collegio in cui corre D’Agostino con il Pd. Una sfida in salita sin dal primo momento, ora diventata proibitiva. E i rivali? Catanoso affida al coordinamento acese di Forza Italia il compito di esprimere «preoccupazione» per i particolari emersi nelle intercettazioni che «chiariscono il tipo di moralità che sottintende un certo tipo di sistema politico». Per Grillo, l’altra candidata forte, il M5S affonda: «Corruzione stagno maleodorante dove certa politica sguazza. Il Pd in silenzio? La pagliuzza altrui più fastidiosa della catasta di travi in casa propria».

Per chi suonano le cento campane?

L’arresto di Barbagallo rischia di diventare un caso politico regionale, se non nazionale. Nel cuore di una campagna elettorale in cui Renzi propone liste “purgate”, con gli avversari interni che lo accusano per i volti e le storie del Pd-Ogm. E D’Agostino, che con una scelta simbolica importante, ha presentato la candidatura nel locale circolo dem, è il simbolo del neo-renzismo. «La tessera? È come se già l’avesse in tasca da anni, ormai è dei nostri», ha certificato Davide Faraone nella kermesse etnea con Paolo Gentiloni. Dopo l’arresto del suo discepolo, anche questa strada si complica. L’ala dei legalisti trombati (da Renzi), guidata da Rosario Crocetta, e i “Partigiani” aggiungono un altro argomento per il redde rationem del 5 marzo. Molto british, invece, il commento di un altro politico acese di prim’ordine: il segretario regionale, dimissionario, del Pd, Fausto Raciti. «Per me chiunque è innocente fino al terzo grado. Le mie divergenze rispetto all’idea di partito che si allarga estirpando pezzi di classe dirigente per trapiantarne altre, è nota a tutti. Ma non è l’ora di parlarne: chi fa politica sui guai giudiziari altrui è un avvoltoio. E io non lo sono…». Per chi suonano le cento campane? Non è dato saperlo. Anche se, in una giornata grigio topo, la città, una nobildonna-puttana ferita ancora una volta, ascolta rintocchi grevi e dolorosi.

Rino Nicolosi è morto; Cristoforo Filetti è morto; e anche Acireale non si sente molto bene.

Twitter: @MarioBarresi

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