Politica
E ora DiventeràLeghistissima? Il destino dei Nello boys tra perplessità e realpolitik
Catania – Magari qualcuno, in cuor suo, non è del tutto persuaso di imboccare questa strada. Perché non è convinto della destinazione finale, o più semplicemente perché non condivide la tempistica. «Nello, ma che fretta c’è di allearci con Salvini?», potrebbe chiedersi – e chiedere agli altri, domani, alla direzione regionale di DiventeràBellissima in programma a Catania – chi è meno propenso alla scelta. Ma è inverosimile che il dubbio, ancorché serpeggiante, venga posto in questi termini. L’itinerario sembra segnato e quello di domani, in attesa dell’assemblea regionale in programma a breve, sarà un passo decisivo verso il patto federativo fra il movimento di Nello Musumeci e la Lega. «Un matrimonio per fare figli», per dirla con il commissario regionale del Carroccio, Stefano Candiani che di recente su La Sicilia aveva aperto molto più che uno spiraglio in quella porta rimasta sbarrata per molto tempo. E qui non c’entra (o c’entra molto poco) lo scenario del rimpasto in giunta e l’assessorato da concedere ai salviniani di Sicilia. «È la conclusione naturale di un percorso», certifica chi, fra i musumeciani di stretta osservanza, ha sempre considerato «anomalo» che «un governo regionale di centrodestra non abbia al suo interno esponenti del partito più grande della coalizione».
Ma i mal di pancia non mancano. Lo scorso 12 febbraio (il giorno del via libera in Senato al processo di Matteo Salvini a Catania), il governatore ha postato su Facebook una sua foto bucolica assieme al “Capitano”. «Saprà dimostrare la correttezza del proprio comportamento» , l’auspicio social di Musumeci. E, fra i commenti, l’esplosione degli indignados. «Presidente cosa non si fa per mantenere la cadrega!!! Anche sottomettersi agli aguzzini, una vera e propria sindrome di Stoccolma…». A netto degli insulti, decine di elettori “trasversali” protestano: «Presidente, io non sono di destra: ha tradito i siciliani, non riavrà il mio voto», è uno dei tormentoni più soft. Che rafforza chi, dentro #Db, teme di perdere proprio quei «consensi dei moderati» che Musumeci invoca da tempo, anche nel flirt (poi sfumato) con la “Cosa centrista” di Giovanni Toti.
«Dentro il mio movimento ci sono tre anime: una forzista-moderata, una vicina alla Meloni e una che guarda alla Lega», ammette lo stesso leader. Ben sapendo che la prima è una minoranza sempre più perplessa dal declino berlusconiano; la seconda, “orfana” di Raffaele Stancanelli (che però continua ad avere molti amici), s’è rassegnata al fatto che c’è, proprio per citare un ex meloniano, «un’incompatibilità antropologica»; e la terza, la tendenza DiventeràLeghistissima, sembra prevalente. «E non perché pensa che Nello voglia assecondare il disegno di Ruggero Razza», confessa un musumeciano perplesso quanto realista. «Noi siamo di centrodestra, al netto dei consensi personali del nostro leader. E la Lega è il traino della coalizione», il ragionamento improntato a un’asciutta realpolitik. Rafforzata dai nuovi acquisti, che – nonostante la prospettiva salviniana, o magari proprio per questa – continuano ad arrivare. L’ultimo dei quali, a Catania, è il consigliere Daniele Bottino, strappato al gruppo di Enzo Bianco. «Il dato positivo – va ripetendo Musumeci ai suoi – è che il movimento cresce, arrivano nuove adesioni in piccoli e grandi centri. Segno evidente che l’attività di governo produce frutti».
E allora domani a Catania, in attesa di una ratifica dell’assemblea, i “colonnelli” di Musumeci potrebbero rompere il tabù. Pronunciando, per la prima volta tutti assieme, le parole «patto federativo». E c’è chi aspetta un segnale: Nino Minardo, deputato leghista per sua stessa ammissione «pontiere». È lui a tenere i rapporti con Razza, è lui a convincere Candiani sulla linea di credito a Musumeci. Il quale, comunque, mantiene una rendita di posizione: ha poco da perdere e quasi tutto da guadagnare. A partire dalla ricandidatura, in assenza di «fenomeni» (per dirla con le parole di Salvini, che nel centrodestra siciliano stima pochissimi, fra cui Salvo Pogliese) in una coalizione che fra tre anni potrebbe fare da apripista, alle Regionali, al progetto del leader della Lega di conquistare Palazzo Chigi. «E pensate cosa potrebbe significare per noi – è il sogno di un musumeciano filoleghista – avere Nello governatore e Matteo premier…». No, la pacchia non è finita. Nei piani dei Nello-boys deve ancora cominciare.
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