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La “maledetta primavera” dell’agricoltura siciliana: il caro-zucchine è in agguato
CATANIA – Per le colture quella che si sta vivendo in questi giorni in Sicilia è una “maledetta primavera”. Le temperature sopra la media di stagione non fa sorridere agricoltori e imprenditori agricoli che vedono a rischio raccolti e future semine. E a non sorridere potrebbero essere anche i consumatori quando nei banchi di supermercati e mercati troveranno prezzi lievitati proprio a causa di questa primavera fuori tempo.
Girolamo Giocondo, titolare di una grande azienda agricola a Poggioreale (Trapani), si ricorda molto bene dell’ultima volta che ha piovuto. «È stato il giorno di Santa Lucia – dice – da allora non è più piovuto. La situazione attuale è drammatica perché sta mettendo in difficoltà tutte le produzioni agricole a partire dai cereali che in questo momento hanno pochissima umidità e, ormai, sono quasi compromesse. Senza parlare delle coltivazioni a struttura, vite e alberi da frutta». Ma non solo grano e cereali sono a rischio. Anche meloni gialli e angurie, fra i “tesori” della Valle del Belìce, stanno pagando duramente la siccità. «Il trapianto delle piantine si fa tra poco – spiega Giocondo – fine marzo primi di aprile, ma con questa situazione siamo bloccati, non si prenota niente e non si fa niente. E le piantine ibride hanno pure un costo, quelle dei meloni gialli oltre 30 centesimi l’una, le angurie innestate vanno a un euro a piantina». La prospettiva – se persiste questo clima – è di vederli sui banchi della frutta a prezzi triplicati. «Senza dubbio costeranno di più, speriamo di no, ma se continua questa situazione – profetizza – i prezzi saliranno alle stelle. Io mi occupo di agricoltura dal ‘74 e ci sono già stati anni di siccità. Ricordo benissimo l’88-89, però anche in quel caso, in ultimo, si recuperò qualcosa. Ma qui veniamo già da un’annata – il 2019 – con poca acqua, adesso il 2020 s’è iniziato così…».
Di questo passo, secondo Giocondo, anche il caro-zucchine è dietro l’angolo, anche se le coltivazioni orticole soffrono di meno la mancanza d’acqua per la tecnica di coltivazione nei “tunnel” coperti dalla plastica dove l’umidità viene mantenuta. «Si prospetta un aumento su tutto – prosegue – oppure di importazioni massicce di prodotti dall’estero. Spagna, Francia, ma anche Paesi extraeuropei, in altre nazioni l’acqua non è mancata».
«Però ortaggi e frutta – fa notare Michele Assennato, produttore di cereali in quel di Caltanissetta – si trovano su piccoli appezzamenti di terreno che possono contare su impianti di irrigazione. Il problema vero sono le coltivazioni estensive, grano, ceci, foraggio per gli animali. Se dovesse piovere da qui a 15 giorni il danno potrebbe aggirarsi sui 30-40% di perdita, se si protrae un disastro di entità enorme. Il grano è “in attesa”, è come se dovesse decidere di morire o vivere. E anche noi. Ci troveremo ad affrontare un anno in cui anche il seme che ci servirà per la nuova semina sarà molto più caro perché dovrà venire dalla Puglia se non da fuori Italia». Gli allevatori, da parte loro, vivono “a specchio” il problema della siccità: niente acqua, niente foraggio per gli animali. «L’erba che mangiano le vacche non “ricaccia” più – osserva Assennato – in questo momento mangiano le riserve di fieno che vanno ad esaurirsi. Ora il fieno costa 1,50 euro al chilo, immaginare a quanto possa arrivare è difficile, sicuramente quello che fa il mercato è il rapporto domanda-offerta, meno prodotto c’è in giro più aumenterà. Se continua così perderemo l’80% del raccolto, i terreni sono dei blocchi di pietra, le temperature continuano ad alzarsi e le giornate si allungano. Come deve crescere questo grano?».
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