Sicilia segreta
La cunzata da Cona: dalla Grecia a Roma, così nascono le offerte votive siciliane a Natale
Come s’avvicinava la novena di Natale, i Malavoglia non facevano altro che andare e venire dal cortile di mastro Turi Zuppiddu. Intanto il paese intero si metteva in festa; in ogni casa si ornavano di frasche e d’arance le immagini dei santi, e i fanciulli si affollavano dietro la cornamusa che andava a suonare davanti alle cappellette colla luminaria, accanto agli usci»: con queste parole lo scrittore catanese Giovanni Verga nel suo I Malavoglia descrive “a cunzata da Cona”, l’antica tradizione sicula di addobbare le edicole raffiguranti la Sacra Famiglia durante il periodo natalizio con prelibatezze e frutta nostrana.Odore di arance, fichi secchi, cedri e alloro riempivano gli altarini e le case dei catanesi agli inizi del’900. Ogni edicola, era luogo di aggregazione e di preghiera per i fedeli. In lontananza si sentiva la nenia degli zampognari, provenienti da Maletto e Bronte, che con le loro “ciamaredde” accompagnavano le novene “ninnaredde” già dal 16 Dicembre, nove giorni prima la nascita di Cristo: nove, quanti i mesi di gestazione della Vergine Maria.
“Ciaramiddaru…ciaramiddari fai ‘na sunata supra l’altaru, ca lu Signuri quannu nasciu tutti li cosi binidiciu” recitavano cantando, grandi e piccini, davanti la Cona adornata da ramoscelli di biancospino, asparagi e cotone idrofilo comprato appositamente al mercato cittadino. Ogni giorno si recitava una novena nuova per rievocare l’annunciazione e l’adorazione dei re magi a Gesù bambino. Ogni giorno si accendeva una candela come segno del cammino dei fedeli nella via del Signore. Era un modo per stare insieme, in un clima di festa e preghiera, celebrando l’avvento del Santo Natale, ma era anche un’occasione per sfamare i più poveri. Non era raro, infatti, che durante la notte, quando l’altarino rimaneva incustodito, qualcuno andasse a cibarsi di quelle prelibatezze poste sopra l’altare. Da qui deriva proprio il detto catanese “Ti mangiasti na cona”.
Dolci, mandarini e limoni erano offerti dai fedeli al Signore per ringraziarlo della grazia ricevuta o per chiederne una, è per questo che molti dolci tipici della tradizione siciliana facevano parte della “Cona”.Ancora oggi, in alcune parti della Sicilia, si usa adornare gli altarini con mandarini, arance e cedri, per ricordare, attraverso colori e profumi, un tempo ormai remoto. Un tempo in cui magari si era più poveri di oggi, ma più ricchi di valori nostrani come quello di partecipare a qualcosa tutti insieme aspettando l’arrivo del Natale.
Continua a leggere sul Sicilian PostCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA