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Svelati i segreti delle antiche tombe di Chiaramonte Gulfi tra scavi e ricostruzioni in 3D

Di Redazione |

CHIARAMONTE GULFI – La Necropoli di San Nicola-Giglia può essere considerata parte di un grande insediamento rurale sviluppatosi in epoca imperiale, tardoantica e bizantina e l’abitato era importante perché si trovava lungo l’asse di collegamento tra Siracusa a Selinunte, della quale si hanno notizie ininterrotte dal VI secolo a.C. fino al 1290.

La maggior parte delle tombe rinvenute è del tipo «a fossa» ricavate direttamente nella roccia, ad eccezione di due sarcofagi. In alcuni casi le sepolture sono state ritrovate integre, sigillate da lastre in calcare locale e di argilla mista.

E’ quanto emerge dai primi risultati della campagna di scavi archeologici della Necropoli , in territorio di Chiaramonte Gulfi, realizzata nell’ambito di un progetto di collaborazione siglato tra l’assessorato regionale ai Beni Culturali, la Soprintendenza di Ragusa, l’università di Bologna, il Comune di Chiaramonte Gulfi e la cooperativa «Nostra Signora di Gulfi», proprietaria del fondo.

Le 184 tombe già trovate sono di tipo bisome, ovvero con sepolture doppie, alcuni sarcofaghi in pietra e alcune tombe terragne, a semplice fossa; questo fatta eccezione per una sepoltura che contiene i resti di 13 individui di sesso ed età eterogenee.

Moltissime delle tombe conservavano il corredo funerario: olle di piccole o media dimensione, coppe, brocche e lucerne fittili, bottiglie e piatti di vetro, oggetti di ornamento personale come orecchini, anelli con castoni in corniola o a fascia, spille e fibbie. Da quanto emerso la Necropoli, che era cristiana e pagana ed è databile tra il III secolo d.C. e la tarda età imperiale, sembra aver accolto gli esponenti di una comunità di ceto sociale elevato che abitava nel bassopiano ai piedi dell’altura su cui si trovava l’antico cimitero.

L’università di Bologna, che ha curato l’aspetto scientifico della campagna di scavi ha effettuato la ricostruzione in 3D del cranio di una donna ritrovata all’interno della tomba n. 55, della quale è stato possibile rendere – grazie al software – un’immagine fisica attendibile.

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