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Borsellino, Falcone e quei nemici insospettabili sui cui s’indaga ancora

Di Alessandro Anzalone |

CALTANISSETTA – Il nuovo anniversario sul massacro di via D’Amelio, arriva con altri due processi in corso sulle stragi di mafia del 1992. Al Palazzo di giustizia e nell’aula bunker del carcere Malaspina, sono giorni dedicati alle udienze per le uccisioni di Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo, di Paolo Borsellino e degli agenti delle loro scorte: altri due i dibattimenti sono in dirittura d’arrivo, con sei presunti mandanti e fiancheggiatori coinvolti.

Non solo processi: negli uffici della Procura diretta da Amedeo Bertone, si continua ad indagare su presunti “concorrenti esterni” ai due eccidi, come ha detto il procuratore Lia Sava nel processo d’appello a cinque imputati per i quali è stata chiesta la condanna all’ergastolo. Acclarato con più sentenze già passate in giudicato il coinvolgimento di Cosa Nostra siciliana, le Direzioni distrettuali antimafia di Caltanissetta, Palermo, Firenze e Reggio Calabria (dove si avvia alla conclusione l’altro processo sulla ‘ndranghera stragista con Giuseppe Graviano coinvolto), hanno raccolto tantissimi elementi su soggetti esterni alla mafia per i quali Falcone e Borsellino rappresentavano un serio pericolo e andavano eliminati, per il loro modo certosino di indagare sui rapporti tra mafia e colletti bianchi e soprattutto sulla destinazione di immensi flussi di denaro che Riina e soci avevano investito anche in Borsa attraverso prestanomi.

Si indaga anche sui tanti buchi neri e clamorosi depistaggi che portarono alla incriminazione di soggetti innocenti per la strage Borsellino. In Tribunale si avvia a conclusione anche il primo processo sul depistaggio per le false dichiarazioni del pentito Scarantino, mentre a Messina c’è già una richiesta di archiviazione per gli ex magistrati della Procura, con annunciata opposizione da parte dei legali degli assolti per la strage, alcuni dei quali sono comunque imputati o condannati per vicende di mafia. Dopo quasi trent’anni dalla resa dei conti di Cosa Nostra (e forse non solo) contro Falcone e Borsellino, succede anche questo nelle aule di giustizia italiane.

Ci sono tanti aspetti ancora da chiarire sulle due carneficine del 1992. E c’è da capire, soprattutto, il perché dell’accelerazione della strage Borsellino da parte di Riina. La Procura ha le idee chiare e lo detto il procuratore aggiunto Gabriele Paci l’altro giorno nella requisitoria del processo contro l’ancora latitante Matteo Messina Denaro, che il boss corleonese volle presentare nel 1992 personalmente al suo referente americano Saro Naimo, dicendogli «questo è come mio figlio, se mi succede qualcosa parla con lui».

«Sappiamo che Borsellino, dopo la strage Falcone, viene a conoscenza nel 1992 degli incontri tra Vito Ciancinimo e uomini dell’Arma dei carabinieri, come gli disse Liliana Ferraro – ha ricordato il pm Paci – Sappiamo che Borsellino confidò alla moglie che vi erano contatti tra Cosa Nostra e servitori dello Stato infedeli. E questo accelerò la sua eliminazione».

Poi la trattativa per fermare gli eccidi, le stragi spostate nel 1993 in Continente per piegare lo Stato, con un risultato ottenuto come le decine di revoche del carcere duro. E ancora la decisione della mafia di fondare un movimento politico, il consiglio di alcuni “amici” della Prima Repubblica di cercare nuovi referenti politici. Pagine ricostruite in decine di processi. Di tanti altri nemici di Falcone e Borsellino si conoscono nomi e cognomi. Ma serve altro per arrivare ai processi.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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