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Coronavirus, vince la linea siciliana delle aperture soft: e ora Musumeci è pronto per la “fase 2,5”

Di Mario Barresi |

CATANIA – La strategia politica c’entra. Ma fino a un certo punto. Nello Musumeci sta giocando la partita della “fase 2,5” con un profilo più basso degli aperturisti incalliti. Ha firmato il documento dei governatori di centrodestra per incalzare Palazzo Chigi sull’autonomia delle scelte delle Regioni. Ma poi non ha forzato la mano nello scontro con Roma. Nessuna ordinanza di sfida, come ad esempio quella di Iole Santelli in Calabria, ieri bocciata dal Tar, sulla riapertura-lampo di bar e ristoranti. E neppure roboanti esternazioni, men che meno su «passaporti» (o ponti) «degli innamorati». Musumeci ha tenuto il punto. Partendo da una premessa: «Guai a pensare che la partita sia vinta perché il virus è ancora anche qui in Sicilia». E arrivando a una conclusione che va ripetendo da giorni: «Al governo chiediamo linee generali all’interno delle quali i governatori, che concordano tutti sulla necessità di riaprire, si possono muovere in base alle esigenze dei territori. Sono convinto che da Roma arriverà il disco verde che consentirà di muoverci in base alla curva epidemiologica dei nostri territori». Che come dimostrano anche i numeri di oggi è in netta discesa.

La sconfitta della pasionaria Santelli dà ragione alla linea di Musumeci. E il governatore sembra anche essersi sfilato dagli altri colleghi più scalpitanti, in primis il veneto Luca Zaia che chiede al governo «un bel Dpcm con un solo articolo: si delegano le Regioni alle riaperture». Una reazione, opposta e contraria, al “consiglio disinteressato” di Gianfranco Miccichè che gli chiedeva di «fare asse» proprio con Santelli e Zaia? Non proprio, al netto di maliziose congetture politiche. La condotta di Palazzo d’Orléans si fonda innanzitutto su quello che nel gabinetto di guerra definiscono «un rapporto diretto e costante con Roma», portato avanti anche negli ultimi giorni «senza subalternità e con il reciproco rispetto».

Un dialogo non ostentato, che ha prodotto i suoi risultati. «Io non ho mai fatto una ordinanza non compatibile, a parte qualche piccola forzatura, con le disposizioni dell’unità di crisi nazionale», ha ammesso Musumeci a RadioUno venerdì. Ed è proprio così. Perché la sua ordinanza “autonomista” sulla fase 2 l’ha già fatta prima della fine del lockdown. E in quel testo, «spulciato dagli uffici articolo per articolo», come rivelato a La Sicilia da fonti del ministero degli Affari regionali, c’erano già delle maglie più larghe dell’ultimo Dpcm: dalle seconde case di villeggiature alle attività sportiva nei circoli, dagli ambulanti ai cimiteri. Non soltanto scelte avallate dal comitato tecnico-scientifico che affianca la Regione, ma anche misure frutto di una certa attività diplomatica sull’asse Palermo-Roma. Un «rapporto istituzionale corretto, nella consapevolezza dei ruoli ma anche delle differenze politiche», secondo esponenti del governo regionale.

Lo stesso rapporto per cui, venerdì, Ruggero Razza è stato a tu per tu, in una videoconferenza di oltre un’ora, con il ministro della Salute per «una forte accelerazione al progetto di realizzazione, assieme al Rimed, di Ismett2 a Carini». L’assessore non lo nasconde: «Ho trovato Roberto Speranza disponibile e già sul pezzo». E non soltanto su questo tema. Anche le circolari esplicative della protezione civile regionale rispondono alla medesima logica di “libertà concertata”. Nell’ultima, di venerdì notte, si precisa ad esempio che – sull’attività di bar, ristoranti, pasticcerie e rosticceria disciplinata dall’ultima ordinanza del governatore – «servizio a domicilio e asporto in Sicilia sono consentiti anche la domenica e si potrà usufruire del servizio da fuori comune: posso riceverlo a casa o andarlo a prendere in un altro centro abitato».

Avanti adagio, dunque. Anche perché – e questa è un’altra riflessione che Musumeci ha condiviso con i suoi fedelissimi – «non avrebbe senso forzare la mano e alzare polveroni per anticipare di pochi giorni quello che si potrà regolamentare, con margini di autonomia, dal 18 maggio in poi».

Quella che si apre domani, infatti, sarà la settimana decisiva per concordare le deroghe sempre invocate dalla Regione: attività commerciali, ma anche bar e ristoranti con servizio nei locali (privilegiando chi ha spazi sufficienti all’interno e possibilità di tavoli all’esterno) e parrucchieri. «Io i saloni e i piccoli negozi li avrei aperti anche dal 4 in poi», confessa il presidente della Regione. A breve è in programma la cabina di regia fra Palazzo Chigi ed enti locali, di cui il governatore siciliano fa parte. E lì si scioglieranno gli ultimi nodi. Nel frattempo Musumeci non sta con le mani in mano: sul suo tavolo, oltre al dossier dei “saggi” sui diversi livelli di sicurezza nelle singole attività, c’è anche una bozza della nuova ordinanza. Da firmare «a metà mese», com’è intenzionato, con regole valide in Sicilia dopo il 17 , data di contemporanea scadenza degli ultimi provvedimenti di Conte e di Musumeci.

E anche le scene osservate sulle strade siciliane («troppe persone senza mascherine, io le renderò obbligatorie anche nei luoghi pubblici all’aperto») e le «sconcertanti immagini» arrivate dai Navigli di Milano hanno un peso sulla prudenza del governatore nelle ultime ore. Così come il caos che ha costretto il sindaco di Catania, Salvo Pogliese, a chiudere il borgo marinaro di San Giovanni Li Cuti e che hanno indignato Leoluca Orlando al punto di annunciare l’altolà in spiagge e giardini a Palermo. «La paura del virus sembra già un ricordo, vedo troppa incoscienza in giro», va sospirando Musumeci da un paio di giorni.

Twitter: @MarioBarresi

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