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Recovery, la “lista” della Regione Siciliana: il Ponte, un altro aeroporto e pure un acquario

Di Mario Barresi |

Palermo – Quant’è bello vedersi – considerato che il tempo della pandemia è triste, ma anche perché nel centrodestra siciliano non è che in questi ultimi tre anni ci si sia incontrati poi così spesso – per decidere come «cogliere questa straordinaria occasione, per dare una strategia alla Sicilia nella macro area del Mediterraneo». Così parlò Nello Musumeci. Padrone di casa, nel vertice di maggioranza a Palazzo d’Orléans convocato martedì sera con un messaggino: «Abbiamo appena appreso da Bonaccini che entro il 5 novembre vanno presentate a Roma le proposte delle Regioni per il Recovery Fund. Ritengo quindi utile un confronto di coalizione con segretari regionali, assessori e capigruppo Ars. Grazie».

E dunque eccoli, nei giorni scorsi, quelli che comandano in Sicilia. Tutti assieme appassionatamente, non un assembramento, quasi una tempesta di cervelli (il cosiddetto brainstorming) per mettere nero su bianco la lista di opere da presentare al governo nazionale. Ci sono proprio tutti: Forza Italia (il leader Gianfranco Miccichè, col capogruppo all’Ars Tommaso Calderone e gli assessori Bernardette Grasso, Marco Falcone ed Edy Bandiera), Fratelli d’Italia (i co-segretari Salvo Pogliese e Giampiero Cannella, l’assessore Manlio Messina e il capogruppo Elvira Amata), la Lega (il segretario regionale Stefano Candiani, con i delfini Fabio Cantarella e Matteo Francilia e il capogruppo Antonio Catalfamo), i popolari-autonomisti (il lombardianoi Roberto Di Mauro, gli assessori centristi Roberto Lagalla e Toto Cordaro con Antonello Antinoro emissario di Saverio Romano), l’Udc (il segretario Decio Terrana, l’assessore Mimmo Turano e il capogruppo Eleonora Lo Curto), DiventeràBellissima (il capogruppo Alessandro Aricò e l’onnipresente Giuseppe Catania, marito della deputata regionale Giusi Savarino) e Ora Sicilia (Luigi Genovese). Primo intoppo: ma quali progetti? «Non sappiamo ancora che tipo va presentato, se preliminare, definitivo o esecutivo», ammette il governatore trasmettendo le perplessità già emerse nella Conferenza delle Regioni. Basta scrivere un rigo con il titolo di ognuno dei desiderata oppure ci vogliono scartoffie di allegati con planimetrie e rendering? Candiani fa sfoggio di pignoleria padana e mostra un vademecum già inviato al governatore con i «criteri di valutazione negativa». Ovvero: tutto ciò che non va scritto nel piano siciliano. Vietato inserire progetti finanziabili con altri fondi Ue, ma anche infrastrutture senza un livello di «preparazione progettuale» tale da conciliare dimensione dell’opera e tempi di attuazione, e meno che mai “riciclare” «progetti storici» con «noti problemi di attuazione».Annuiscono tutti, alle parole del segretario della Lega; a qualcuno scappa un sorrisetto. Così come tutti concordano, quando Musumeci detta la linea: «Non dobbiamo polverizzare il piano in centinaia di progetti, ma concentrarci su alcuni davvero importanti. Non cento piccole cose, ma dieci grande cose da fare».

Il governatore, che parla per primo e molto più di tutti, non arriva impreparato al vertice. E presenta un suo menu, in cui il piatto forte (13 miliardi sui circa 22 virtualmente assegnati all’Isola) è quello delle infrastrutture. C’è – e come potrebbe non esserci – il Ponte sullo Stretto, sul quale il governo giallorosso sembra nicchiare; c’è l’alta velocità ferroviaria fra Palermo, Catania e Messina; c’è un non meglio identificato «porto hub del Mediterraneo»; c’è anche un «aeroporto intercontinentale del Mediterraneo nel centro Sicilia» (e come non pensare a uno dei cavalli di battaglia del Musumeci presidente della Provincia di un quarto di secolo fa?); c’è, infine, un piano di potenziamento della rete viaria siciliana. «E basta?». In molti vorrebbero interromperlo, ma il governatore continua a snocciolare altre cifre: 4 miliardi per la «rivoluzione verde» (rifiuti, energia, agricoltura), 1,2 miliardi per la digitalizzazione, quasi un miliardo per la sanità, 800 milioni per l’«equità sociale», 750 milioni per istruzione e formazione. Tutte belle scatole, con il fiocchetto fuori. Ma ancora da riempire.

Qualcuno ha preso appunti. In tutto fanno circa 20 miliardi. E gli altri due? «Si possono concertare, per rispondere alle esigenze di tutti i territori», è la strategia ufficiale. Che qualcuno traduce in realismo politico: spettano ai partiti. Anche dell’opposizione? Magari sì, per chi confessa di «averne parlato già con qualcuno dei renziani e del Pd». Ma è a questo punto – la scelta dei progetti aggiuntivi – che si scatena la fantasia creativa degli alleati. Il meloniano Pogliese ne annuncia due: uno a est (un centro fieristico a Catania) e uno a ovest (un centro di produzione cinematografico a Termini Imerese). Forza Italia si esprime prima con Miccichè che apprezza «lo spirito propositivo dell’incontro». E ne approfitta per ricordare a Musumeci l’appuntamento per il rimpasto, che col Recovery non c’entra, ma prima o poi bisogna parlarne. E il governatore è disponibile: se non ora quando? Il presidente dell’Ars dovrà lasciare il vertice in anticipo; ci si rivede la prossima settimana, Musumeci con tutti i segretari. A Calderone il compito di lanciare due progetti azzurri: uno, l’aeroporto (un altro!) nel Messinese, sembra poco compatibile con le priorità di Palazzo d’Orléans; più chance avranno alcune strade nel Palermitano. Più che un libro dei sogni, sembra la letterina a Babbo Natale. E allora, visto che ci siamo, perché non chiedere che con i soldi del Recovery si faccia «un Acquario come quello di Genova a Messina», chiede Genovese Jr. Bruciando l’idea chi lo vorrebbe a Enna. «Possiamo farne due», propone un mediatore.

Venghino, siori, venghino. C’è tempo fino a domani sera: ogni partito invierà «una scheda» a Palazzo d’Orléans. Il 3 novembre la giunta regionale delibererà la proposta da inviare a Roma. Candiani, il viceré salviniano di Sicilia, sembra sconsolato mentre sale sull’aereo in serata lo riporterà in Padania. «Non bisogna disperdere le energie. Dobbiamo inviare solo progetti di sistema, in grado di sviluppare economia e occupazione. A partire dalle infrastrutture». Altrimenti Palazzo Chigi avrà più di un buon motivo per considerare carta straccia i sogni del centrodestra siciliano.Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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