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Catania, confermati i 4 ergastoli per l’omicidio del confidente Ilardo

Di Redazione |

CATANIA – La Corte di Cassazione ha confermato, ieri pomeriggio, la sentenza della Corte d’Assise d’appello di Catania, emessa il 3 aprile 2019, che aveva condannato all’ergastolo quattro boss per l’omicidio di Luigi Ilardo, il confidente del colonnello dei carabinieri Michele Riccio, ucciso a Catania la sera del 10 maggio del 1996 mentre faceva rientro nella sua casa di via Quintino Sella. Carcere a vita per i due mandanti, Giuseppe «Piddu» Madonia (cugino di Ilardo) e Vincenzo Santapaola; per l’organizzatore dell’agguato, Maurizio Zuccaro, e per l’esecutore Orazio Benedetto Cocimano. All’omicidio avrebbero preso parte anche Maurizio Signorino e Pietro Giuffrida, entrambi deceduti. Per lo stesso delitto il 19 maggio del 2014 il Gup di Catania Di Giacomo Barbagallo ha condannato, col rito abbreviato, a 13 anni e 4 mesi, il boss pentito Santo La Causa, che aveva organizzato dei sopralluoghi per compiere l’agguato.

Luigi “Gino” Ilardo, nome in codice Oriente, venne ucciso poco prima di diventare ufficialmente un collaboratore di giustizia ed essere ammesso al programma di protezione e dopo che per mesi aveva fornito notizie sulle cosche mafiose al colonnello dei carabinieri Michele Riccio, del quale fu confidente. Ilardo informò Riccio di un incontro nelle campagne di Mezzojuoso, sulla Palermo-Agrigento, che era riuscito ad avere per incontrare l’allora latitante Bernardo Provenzano la mattina del 31 ottobre del 2015: un summit che avvenne, furono informati i carabinieri, ma il blitz non scattò, con Ilardo che dopo raccontò nel dettaglio a Riccio i particolari della lunga discussione con Provenzano.

Ilardo venne assassinato a poche ore dal suo ingresso nel programma di protezione, dopo un incontro tra investigatori e magistrati della Procura di Caltanissetta e Palermo a Roma: Ilardo fece rientro a Catania e doveva lasciare la Sicilia dopo qualche giorno insieme alla famiglia. Alle nove di sera venne assassinato. Tra le ipotesi investigative ancora aperte c’è quella di una talpa istituzionale che avvertì Cosa Nostra del doppio ruolo di Ilardo, reggente di Cosa Nostra di giorno e “dichiarante” la notte. Il suo “pentimento” consentì, tra l’altro, anche l’arresto di numerosi latitanti delle province di Caltanissetta ed Agrigento.

Ieri davanti la Cassazione, ad attendere la sentenza, c’era la figlia di Ilardo, Luana, che stamattina terrà una conferenza stampa a Roma insieme all’avv. Felice Centineo, legale della famiglia, a Giorgio Bongiovanni, direttore di “Antimafia 2000” e a Salvatore Borsellino del Movimento delle Agende Rosse.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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