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Fondi
Sicilia, da Roma un taglio di 338 milioni: così sono andati in fumo anche i soldi per dighe e discariche
Dossier Psc. «Nessuna obbligazione giuridicamente vincolante» alle scadenze del 2022 e 2023. Il Cipess definanzia 79 progetti della Regione e delle tre Città metropolitane. Ora altri a rischio
Nell’Isola delle meraviglie – un po’ Bengodi dove ci si arrovella su come evitare la stretta sulle mancette allegre dell’Ars e un po’ Disneyland dove si gioisce per qualche goccia di pioggia nelle dighe in attesa di contare i danni della prossima alluvione – succede anche che si brucino, per incapacità diffusa, soldi destinati alle più disparate emergenze: progetti per invasi, discariche, bonifiche ambientali, interventi contro il dissesto idrogeologico e per la riqualificazione urbana, strade, siti culturali e asili nido.L’importo, stavolta, è davvero da record. Oltre 338 milioni che l’Isola ha perso. Per sempre.
Si tratta dei fondi dei Psc (Piani di sviluppo e coesione) assegnati alla Regione e alle Città metropolitane di Catania, Messina e Palermo. Risorse sulle quali arriva la scure del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, l’ex Cipe, «ente inutile» che Matteo Renzi voleva rottamare con la sua riforma istituzionale bocciata dal referendum, ora rilanciato dopo essere diventato Cipess. Che, su proposta del ministro della Coesione, Raffaele Fitto (ora a Bruxelles nel ruolo di vicepresidente della Commissione Ue), ha tecnicamente “definanziato” le risorse assegnate alle quattro istituzioni siciliane. Questo il quadro dei tagli: 45 progetti della Regione (101,7 milioni di euro l’importo complessivo) e 34 delle tre Città metropolitane (9 di Catania con un taglio 52, 6 milioni; 12 di Messina per 127,3 milioni; 13 di Palermo (controvalore pari a 57 milioni).
Nella lista delle opere finite sotto la scure romana c’è di tutto. Ma fa una certa impressione leggere progetti che avrebbero tamponato l’emergenza idrica, come ad esempio il consolidamento della diga Disueri di Gela (nella foto fra le due pagine), con oltre 20 milioni persi, la messa in sicurezza dell’invaso di Rosamarina di Caccamo (2 milioni) e la sistemazione di vasche e canali delle dighe Olivo, Sciaguana e Villarosa nell’Ennese, con altri 450mila euro tolti alla Regione. Anche sul versante dei rifiuti si depennano opere rilevanti: quasi 25 milioni per la realizzazione dell’impianto Tmb e di una discarica per rifiuti non pericolosi a Sciacca, l’ampliamento del sito di Castellana Sicula (3 milioni) e dell’impianto di compostaggio a Sciacca (quasi 2 milioni), la riqualificazione del Ccr a Mascalucia (211mila euro). Tutte infrastrutture di competenza della Regione, che si vede definanziati anche interventi importanti in altri settori: dalle bonifiche ambientali di siti a Menfi (1,6 milioni), Montevago (1,2 milioni) e nel Belice (860mila euro a Santa Margherita e 643mila a Sambuca), fino ai trasporti (quasi 13 milioni per la diga foranea del porto di Pantelleria), passando per i siti culturali (poco meno di 5 milioni per la Cittadella di Messina nell’ex ospedale Regina Margherita, 2,6 milioni per il museo archeologico di Gela e 400mila euro per il Parco archeologico di Segesta) e le infrastrutture, con i 4,6 milioni per il porto rifugio di Santa Panagia a Siracusa e i 2,6 milioni per il progetto Statale 115-piazza Eleusi a Gela.
In cima alla lista dei fondi sottratti alle Città metropolitane ci sono soprattutto infrastrutture. A Catania 25,5 milioni per il collegamento della Pedemontana con la Tangenziale, 16 milioni per la viabilità fra Rotolo e piazza Europa (più altri 1,5 milioni per la via di fuga Ognina-Rotolo), ma anche oltre 6 milioni per la riqualificazione di Castello Ursino e 2,2 milioni per il convento dei Crociferi. Messina si vede definanziati i progetti degli svincoli autostradali di Alì Terme (41,7 milioni) e di Santa Teresa di Riva (26,4 milioni), oltre che lo scorrimento veloce Patti-San Piero Patti (13,7 milioni) e la panoramica Castroreale-Peloritani (10 milioni). Le opere più importante nel carnet di Palermo riguardano l’edilizia scolastica: 16,5 milioni per la costruzione di un polo nell’area nord della città, altri 14,5 per un analogo plesso nell’area sud. E ci sono anche quattro distinti progetti per il Teatro Massimo: in tutto oltre 15 milioni.Ma perché il Cipess ha deciso di cancellare le risorse per queste 79 opere siciliane? La delibera parla chiaro: si tratta di «progetti privi di obbligazioni giuridicamente vincolanti». Le amministrazioni regionali e locali non hanno rispettato due precise scadenze: il 31 dicembre 2022 (per interventi fino a 25 milioni), perdendo 245.037.037,51 euro, e il 30 giugno 2023 (per importi da 25 a 200 milioni) con definanziamento di 93.697.754 euro a Catania e Messina.
E non è certo un fulmine a ciel sereno. Perché, scrive il Cipess, «le citate verifiche sono state condotte sulla base dei dati presenti nel Sistema nazionale di monitoraggio» ed è «sulla base delle interlocuzioni integrative del Dipartimento per le Politiche di coesione e per il Sud della Presidenza del Consiglio dei ministri con le amministrazioni interessate» che alla fine «sono stati identificati gli interventi da definanziare per mancato raggiungimento delle Ogv nelle scadenze di legge». Al di là del burocratese, come apprende La Sicilia, c’è stato più di un’allerta dal ministero, con un successivo monitoraggio locale effettuato dalla Programmazione della Regione. Il dirigente Vincenzo Falgares ha provato a salvare il salvabile, pressando i dipartimenti e le amministrazioni locali, ma per i progetti per i quali non era stata prodotta una sola carta significativa non c’è stato nulla da fare. Chi si assumerà ora la responsabilità – burocratica e politica – del fallimento?Il Cipess ha sancito l’«aggiornamento» dei quattro allegati della delibera 48/2022, cancellando le risorse. «In conseguenza del suddetto definanziamento, le dotazioni delle sezioni ordinarie dei singoli Psc – si legge nella delibera – sono rideterminate ciascuna in diminuzione degli importi corrispondenti». E così la dote della Regione passa da 5.653.134.999 a 5.551.377.003,27 euro. Tagli netti anche sui 350 milioni attribuiti a ognuna delle tre Città metropolitane: Catania scende a quota 282.371.321,42 euro, Messina a 207.668.392,02 e Palermo a 277.983.435,78.E potrebbe non essere finita qui. «Entro tre mesi dalla data di pubblicazione della presente delibera» (e cioè: con scadenza 31 gennaio 2025), si legge ancora, «su istruttoria del Dipartimento per le politiche di coesione e il Sud», il successore del ministro Fitto dovrà «rendere apposita informativa al Cipess in merito all’elenco degli interventi» siciliani, che, «in esito alle verifiche effettuate, sono risultati confermati nell’ambito dei singoli Psc». Segue un (lunghissimo) elenco di altri progetti siciliani, che rischiano di fare la stessa fine dei 79 sui quali a Roma è suonato il de profundis