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Processo Iblis, cinque anni in appello all’ex deputato Fausto Fagone ma ci sono anche tre assolti

La sentenza sei anni dopo l'annullamento con rinvio del primo verdetto

Di Laura Distefano |

Una sentenza che arriva sei anni dopo l’annullamento con rinvio della Suprema Corte di Cassazione. Il verdetto della Corte d’Appello di Catania è quello che riguarda il processo “Iblis” frutto dell’inchiesta del Ros, coordinata dai pm Agata Santonicito e Antonio Fanara, che diversi anni fa portò un ciclone nel mondo politico e imprenditoriale per le collusioni con la famiglia mafiosa di Cosa nostra catanese e calatina.

Furono diverse le posizioni che gli ermellini rispedirono a Catania. Alcune di ricalcolo della pena, altre di rivalutazione dell’apparato probatorio. Il troncone è quello ordinario: a rappresentare l’accusa è stata la pg Rosa Miriam Cantone.

Poco prima delle 4 del pomeriggio la presidente della Corte d’Appello, Carmen La Rosa, ha letto il dispositivo. Ad ascoltare non c’erano solo avvocati ma anche alcuni imputati. Il primo nome citato è stato quello del boss Rosario Di Dio, che fu fotografato dai carabinieri del Ros mentre incontrava il politico Fausto Fagone al distributore di benzina. Uno scatto che per gli investigatori simboleggiava quel legame grigio tra politica, imprenditoria e mafia.

Il collegio ha riconosciuto a Di Dio, difeso dagli avvocati Franco Passanisi e Ornella Valenti, la continuazione con un’altra sentenza e lo ha condannato a 11 anni e 2 mesi. La Corte ha rideterminato la pena nei confronti di Carmelo Finocchiaro a 10 anni di reclusione e ha riqualificato il reato da associazione mafiosa a concorso esterno.

Condanna riformata a 11 anni anche per il boss calatino Pasquale Oliva. Ridotta la pena a 5 anni all’imprenditore Santo Massimino, difeso dall’avvocato Giuseppe Lo Faro, a cui sono state riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti. Stesso calcolo con riforma cinque anni per l’ex sindaco di Palagonia e già deputato regionale, Fausto Fagone. Il giudici di secondo grado poi hanno escluso l’aggravante mafiosa per Giuseppe Brancato, Rosario Cocuzza e Carmelo Mogavero: l’esclusione ha portato a una sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione.

Assolti perché il fatto non sussiste gli imprenditori Giuseppe Monaco (difeso da Franco Passanisi e Valerio Vianello), Francesco Pesce (difeso dall’avvocato Guido Ziccone e Tommaso Tamburino), e Giuseppe Rindone (assistito dall’avvocato Carmelo Peluso).Sono trascorsi quattordici anni da quando scattò l’operazione della Dda etnea. Il processo si è diviso in diversi tronconi. L’epilogo di ieri – con condanne, assoluzioni e prescrizioni – fa presagire che ci sarà un altro capitolo giudiziario. Le motivazioni saranno depositate dalla Corte catanese tra 90 giorni. Dopo che le difese le consulteranno potrebbe esserci, per qualcuno, un altro ricorso per Cassazione.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA