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Regione, se il centrodestra “umilia” Dagnino e Schifani deve fare il “regista” all’Ars

Il retroscena della maratona d'aula e la vendetta sull'assessore all'Economia. Tra lo strapotere di Galvagno e di FdI e i malumori di Forza Italia

Di Mario Barresi |

Renato Schifani viene fuori dalla manovrina «stanco ma soddisfatto». In aula e davanti ai giornalisti prevale la facciata della soddisfazione per una legge dalla cubatura di 560 milioni (210 in più dell’iniziale stanziamento del governo regionale) in cui «hanno vinto i siciliani, ha vinto il parlamento per il lavoro fatto in 48 ore».

Ma non è tutto rose e fiori

Ma altrove, fra i corridoi dell’Ars e nella stanza che a Palazzo dei Normanni è riservata alla giunta, prevale la stanchezza. Sì, perché stavolta il presidente – alla vigilia della terza manovra del suo governo – ha dovuto tirare la carretta spesso in prima persona. «Perché non c’è più chi è in grado di gestire l’aula in occasioni come queste. E a dicembre, se qui non ci diamo una regolata, sarà un disastro», sentenzia una voce critica (e preoccupata) della maggioranza.

Dagnino sotto accusa

Sotto accusa l’assessore all’Economia, Alessandro Dagnino, il super tecnico di area forzista voluto fortemente da Palazzo d’Orléans. Il vero sconfitto di questa due giorni di variazioni di bilancio è lui. Impallinata, come da prassi consolidata con il voto segreto, la norma a cui Dagnino teneva di più: i 30 milioni per le agevolazioni alle imprese da far confluire nella cassaforte dell’Irfis. Dopo essere stato costretto a battere in ritirata sull’acquisto dell’ex palazzo Sicilcassa di Palermo (per 12,5 milioni), stralciando l’articolo rinviandolo alla manovra vera e propria, Dagnino è su tutte le furie: «Se non passa l’articolo sull’Irfis, io mi dimetto», urla davanti a diversi testimoni.

I marpioni del centrodestra

In pochi minuti il malizioso passaparola dei vecchi marpioni del centrodestra si materializza nel piano d’azione: l’articolo viene impallinato, con un emendamento soppressivo. Che ottiene 29 voti favorevoli e 26 contrari, con 6 deputati del centrodestra presenti in aula ma senza votare. «E a un certo punto – rivela con una certa ironia beffarda una fonte di centrodestra – abbiamo dovuto pure frenare i franchi tiratori: sarebbero stati molti di più, ma non bisognava esagere».

La prima vendetta

E così si consuma la prima vendetta di chi nella maggioranza (e anche dentro Forza Italia) questo «professorino» non lo tollera sin dal suo insediamento. Men che meno dopo quella critica – «siete stati male abituati» – risuonata come una lesa maestà degli inquilini di Sala d’Ercole, orgogliosi delle proprie abitudini e vogliosi di accaparrarsi fino all’ultimo centesimo dei cosiddetti «fondi per i territori». A proposito: c’è chi attribuisce sempre all’assessore tecnico palermitano il fallimento dell’accordo sulle risorse aggiuntive fra maggioranza e opposizione: 40 milioni all’una e 40 all’altra. «Ha tirato fuori la cifra troppo presto, prima nella riunione con noi e poi nella capigruppo davanti a tutti. Quando devi offrire qualcosa alla minoranza – ricorda un “magister” d’aula – si fa all’ultimo, perché se no i conti non tornato…». E infatti non sono tornati, con i gruppi del centrodestra che si oppongono al fifty-fifty, mentre Pd, M5S e ScN giocano al rialzo: «Vogliamo di più». Non se fa niente.

Aleggia il fantasma Falcone

«Stiamo rimpiangendo Marco Falcone…», si lascia sfuggire un pezzo grosso del centrodestra, tutt’altro che estimatore dell’ex assessore all’Economia che oggi se la guarda da Bruxelles. Birra (trappista) e pop-corn per assistere allo spettacolo di un governatore (definito «ologramma» da Cateno De Luca per le sue assenze dai lavori all’Ars) costretto a piantare le tende a Palazzo per colmare il ruolo di regista d’aula – senza alcun forzista sul pezzo, con il leghista Luca Sammartino molto più che defilato – evitando di rendere ancora più straripante il potere di Gaetano Galvagno e di FdI. E così Schifani fa di necessità virtù, sfoderando il campionario di ex presidente e capogruppo a Palazzo Madama. Dialoga con le opposizioni, incassa il voto favorevole di “Scateno”. «Mi sono confrontato – confessa il governatore – anche con chi la pensa diversamente, ho conosciuto meglio alcune persone. Sono stati due giorni di arricchimento». Sul fare della sera sembra la favoletta che si racconta ai bambini per conciliare un dolce sonno. Invece è il prequel di un film dell’orrore: “Non aprite quella manovra”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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