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Ex Province e non solo, il centrodestra firma la “tregua armata” (con la copertura romana)

Il vertice della coalizione trova un equiibrio di facciata ma i nodi non sono ancora tutti al pettine

Di Mario Barresi |

Stavolta c’è anche la foto “presidenziale”. Per suggellare l’ultima tregua armata, un’altra rimozione di polvere da nascondere sotto il tappeto. L’ennesimo “stop&go” della maggioranza di centrodestra alla Regione: c’è l’accordo, sancito al vertice di ieri a Palazzo d’Orléans, sulla strategia per il pasticcio Province.

La controriforma

Nel 2025, dopo la maratona della manovra all’Ars, si approverà la controriforma della riforma Crocetta-Giletti, ripristinando l’elezione diretta di consiglieri e presidenti con il voto nella prossima primavera. Il che è una strafottente sfida alle pronunce della Corte costituzionale, ma stavolta con un «allineamento con Roma». Ovvero: una micro-norma, tipo un comma 247-octies, che il centrodestra nazionale, con FdI garante, inserirebbe nella manovra (o in alternativa in un decreto-omnibus) per dare una «copertura politica» alla fuga in avanti della Regione.

Cosa fa Renato Schifani?

Renato Schifani, dopo la cocente delusione per la bocciatura a febbraio scorso, adesso gongola. E si sbilancia pure sulla prima parte del timing: «Entro mercoledì, le commissioni legislative dell’Ars, Bilancio e Affari istituzionali, prima dell’avvio formale della sessione di bilancio, approveranno il disegno di legge che verrà poi calendarizzato per l’Aula». È la vittoria postuma del “Renato parlamentarista”, che riporta le pecorelle smarrite della coalizione dentro l’ovile di «uno dei punti qualificanti del nostro programma». Certo, al di là dell’eventuale avallo romano (il leader meloniano Salvo Pogliese, dopo il chiarimento con Gaetano Galvagno, ne discuterà nei prossimi giorni con i vertici del partito), resta il campo minato dalle pronunce della Consulta. Ma un big regionale, dotato di fluente pelo sullo stomaco, taglia corto: «Cosa può succedere? Che noi approviamo la legge, il Consiglio dei ministri non la impugna ma il sindaco di Roccacannuccia fa ricorso? Nel frattempo i siciliani avranno eletto i loro presidenti di Provincia e il governo Meloni avrà incardinato la riforma per abolire la legge Delrio». Troppo ottimista?

Ma restano i contrasti

Meno da Libro Cuore il resto del vertice. Anche perché si parla di soldi. Tanti: circa mezzo miliardo in palio con la manovrina che l’Ars esaminerà da oggi. Schifani, come da copione, s’è sfogato sulle «iniziative non concordate che provocano strafalcioni». Ovvero: gli emendamenti al testo esitato in giunta che, secondo gli accordi, doveva essere blindato. Risultato: in aula arriveranno degli emendamenti correttivi del governo per ripristinare le norme sulle royalties del metano (da destinare non soltanto ai Comuni che ospitano i giacimenti, ma soltanto per le risorse 2024 non impegnate) blindate da un emendamento del Pd votato anche da FdI, Mpa e Dc, e sul prestito d’onore agli studenti universitari (ripristinato nella versione dell’assessore leghista Mimmo Turano poi stravolta dal presidente meloniano della commissione Cultura, Fabrizio Ferrara). Sono i due esempi più macroscopici di quello che Schifani ha definito «un comportamento che non deve più ripetersi: se ci sono questioni aperte le discutiamo prima in questa sede».

Il non detto

Anche su questa linea c’è il sostanziale via libera della coalizione, ma resta un “non detto” fra Palazzo d’Orléans e una parte di FdI,come si evince da alcuni scambi di battute tra il governatore e il capogruppo Giorgio Assenza. Nessuno ha il coraggio di esplicitarlo, tranne un (anonimo, su sua richiesta) partecipante al vertice: «Restano dei conti in sospeso sulle frizioni fra Schifani e Musumeci». Ma incidono anche i mal di pancia dei meloniani sul «reddito di povertà» annunciato dal governatore. «Non possiamo resuscitare in Sicilia una misura che somigli troppo al reddito di cittadinanza abolito dal governo Meloni», è la tesi a cui segue la richiesta di «controlli rigorosi». La norma, non inserita nel ddl di variazioni di bilancio partorito dalla commissione Bilancio, farà capolino in aula. E lì sarà un delicato stress-test per il governo.Nel “pacchetto volemose bene” anche fondi aggiuntivi per l’Asacom, l’assistenza all’autonomia e alla comunicazione degli alunni con disabilità, e un booster finanziario contro il caro-voli per tamponare gli aumenti dei biglietti fra il 15 dicembre e il 15 gennaio.Resta in sospeso la richiesta di alcune forze del centrodestra su come utilizzare il bonus aggiuntivo (circa 150 milioni in più degli iniziali 350) dell’assestamento. Sull’idea di «interventi territoriali», leggasi mancette a disposizione dei singoli deputati, Schifani è stato fermo: no. Una parte dei fondi sarà a disposizione di «temi qualificanti» proposti dalle opposizioni (500 gli emendamenti depositati) , ma il resto andrà per «interventi di interesse generale». Poco male. Tanto, pregusta una fonte di maggioranza, «a dicembre ci potremo sfogare con la manovra vera e propria…».

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