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IL FUTURO DI FONTANAROSSA

«Nuove rotte e tanti cantieri, così l’aeroporto di Catania cambierà pelle»

Dall'annunciato volo diretto Catania-New Yiork fino alla privatizzazione dello scalo passndo per il terminal Morandi, intervista a tutto campo con l'ad di Sac Nico Torrisi

Di Mario Barresi |

La compagnia americana Delta ha appena presentato il collegamento diretto fra Catania e New York. Nico Torrisi, ad di Sac, questo allora significa che tutte le volte in cui s’è detto che Fontanarossa non può avere voli intercontinentali senza una pista più grande, era una sciocchezza?

«In verità è già da tempo che su Fontanarossa operano tratte intercontinentali: Dubai, Abu Dhabi e Riad sono gli esempi. E, dopo New York, stiamo lavorando su altre destinazioni. Il mercato dell’aviazione civile negli ultimi anni è profondamente cambiato in funzione di nuovi aeromobili più compatti, più performanti e con minori consumi».

Sta dicendo che a Catania la nuova pista non serve più?

«Assolutamente no. Avere una pista perfettamente fruibile non significa che la nuova non sia utile. Lo sarà, eccome: la prospettiva di realizzarla non è certo accantonata. Ma c’è una questione di priorità: in questo momento l’investimento infrastrutturale più importante è sui terminal».

In effetti ogni volta che si entra a Fontanarossa si ha la claustrofobica sensazione di spazi insufficienti: i passeggeri aumentano, ma non c’è più dove metterli…

«Quando ho iniziato l’esperienza di amministratore delegato, nel 2016, c’era un traffico di circa 7 milioni di passeggeri. Nel 2024 chiuderemo raggiungendo il record di 12 milioni. Comprendo che gli spazi, nonostante l’apertura del terminal C, siano insufficienti per dare quella qualità di servizi che i nostri passeggeri meriterebbero. Ma mi chiedo: qual è il rapporto costi-benefici di questo exploit? Per essere più chiaro: quanto hanno prodotto questi 5 milioni di passeggeri in più in termini di valore aggiunto di Pil, posti di lavoro, opportunità di business e diritto alla mobilità dei siciliani?».

Una ragione in più per accelerare sulle opere che rendano l’aeroporto di Catania adeguato al livello di traffico raggiunto e pure a quello raggiungibile.

«Ed è quello che abbiamo fatto senza sosta, al netto del Covid e dei tre anni d’attesa a cui la burocrazia ci ha costretti per avere il rilascio della Via indispensabile per qualsiasi tipo di investimento. Poiché avevamo tutto pronto, un minuto dopo sono partiti tutti i progetti che sbloccano i cantieri. Mi riferisco soprattutto al potenziamento del terminal A, con l’ampliamento dell’area extra Schengen, delle sale imbarchi, delle coperture dell’area partenze e della sala lounge, oltre all’acquisto di nuovi macchinari radiogeni per accelerare i tempi dei controlli ai varchi e al potenziamento dei servizi igienici. Ma mi riferisco anche alla demolizione “controllata” della ex aerostazione Morandi dove sarà costruito il nuovo terminal B, per cui c’è già anche il progetto esecutivo».

In città c’è stato un dibattito sulla demolizione della Morandi: è davvero una scelta obbligata? Non si poteva semplicemente ristrutturarla?

«Al di là dei rispettabili punti di vista soggettivi, ce ne sono almeno due oggettivi: il mancato adeguamento alla normativa antisismica e le ridotte dimensioni. E soprattutto c’è la necessità di un terminal pensato per rispondere adeguatamente a nuovi standard quantitativi e qualitativi. Vede, l’approccio avuto con la Morandi, che è lo stesso per tutto il resto delle opere programmate in aeroporto, è quello che avevano i nostri genitori quando da piccoli ci compravano scarpe e vestiti “in crescenza”: un punto in più, una misura più grande, per rispondere anche alle esigenze di crescita. Sac sta pensando alle esigenze di oggi, ma anche di domani».

Per quelle di dopodomani c’è chi continua a ritenere che l’investimento più giusto sarebbe spostare l’aeroporto: ogni tanto torna di moda l’idea dello scalo a Gerbini, sulla Piana di Catania.

«Ognuno è libero di fantasticare come vuole, ma il dato di fatto resta che Fontanarossa ha ancora grandi margini di crescita infrastrutturale. Come detto ci sono l’ampliamento del terminal A e la costruzione del nuovo terminal B e in prospettiva il nuovo terminal C. Ma ci sono anche altri modi per ampliare. Uno, a breve scadenza, sarà la massimizzazione delle fasce orarie di uno scalo operativo 24 ore su 24, sfruttando al meglio le ore notturne soprattutto per i voli internazionali. Un altro scenario, in prospettiva di investimenti futuri, è lo sviluppo dell’attuale spazio verso altre potenziali aree a sud».

E magari si potrà puntare ancora di più sul traffico internazionale. Tornando al New York-Catania, il valore aggiunto sta anche nell’arrivo, 7 giorni su 7, di un aereo che può portare oltre 200 americani alla volta. Da imprenditore turistico, cosa si aspetta?

«Un risvolto straordinario su un flusso turistico di qualità. Delta non è una low cost, ma è per eccellenza la compagnia degli americani. Non è stato facile, alle spalle di questo risultato c’è un lavoro lungo e silenzioso. Questa intervista l’avrei voluta fare con il vostro grande Tony Zermo, che negli anni ha scritto decine e decine di articoli per spingere un sogno che oggi si realizza. E i benefici sono per tutte le destinazioni della Sicilia orientale: Catania, come Siracusa e Ragusa. E soprattutto Taormina, dove si aprirà davvero una nuova frontiera».

Tant’è che anche alcuni rappresentanti istituzionali, talvolta non teneri con la gestione di Sac, hanno esternato soddisfazione per la nuova tratta di Delta.

«C’è piena sintonia con tutti i soci di Sac, a cui avevo anticipato la notizia in via riservata. Siamo orgogliosi di condividere questo grande risultato con la nostra città, ma anche con tutte le altre istituzioni nazionali, come i ministeri che hanno a cuore lo sviluppo del nostro territorio».

In questo contesto Comiso dà sempre l’idea di uno scalo-cenerentola.

«Non è per nulla così. E mi dispiace che ci sia questa falsa lettura. La stagione “winter” che sta per iniziare è in assoluto la più ricca nell’offerta di voli per Comiso: dopo l’addio di una compagnia, che non è detto sia definitivo perché ci sono nuove trattative in corso, a Comiso è arrivata una decina di nuovi vettori. E non dimentichiamo l’ingente investimento del governo Schifani, che ha molto a cuore lo sviluppo di Comiso: 70 milioni per l’area cargo e il potenziamento dei servizi per il traffico commerciale, ma anche per le infrastrutture stradali e l’intermodalità».

Ogni qualvolta l’Etna comincia a “sputare” cenere c’è chi pensa che le chiusure forzate del traffico di Fontanarossa potrebbero essere tamponate da una migliore sinergia con Comiso. Perché non è così? E perché l’emergenza ormai ciclica non è gestita come una situazione di fatto prevista e prevedibile?

«Allora, per prima cosa devo precisare che Comiso non è il “backup” di Catania, non è “Fontanarossa 2”, anche perché spesso le condizioni del vento costringono pure a chiudere gli spazi aerei dello scalo Ibleo. Ma Sac ha già un preciso piano d’intervento approvato da Enac: abbiamo soffianti e aspiratori di proprietà, con una dotazione aggiuntiva affidata a un’azienda esterna e c’è in corso una gara per l’acquisto di mezzi hi-tech ancora più potenti e performanti. Nulla è lasciato al caso».

A proposito di disastri: l’inchiesta sull’incendio di luglio 2023 s’è chiusa con due indagati, fra cui non c’è più lei. Siamo vicini alla verità giudiziaria di un evento che ebbe conseguenze terribili per l’immagine dell’aeroporto?

«Non ho mai commentato un’indagine giudiziaria, specie quando mi riguarda direttamente. L’indiscrezione l’ho appresa dal vostro giornale e aspetto con fiducia, così come ho fatto sin dal primo giorno, notizie ufficiali».

Non ci sono notizie ufficiali sull’iter di privatizzazione di Sac. E c’è chi maligna che ci sia uno scientifico rallentamento per allungare la vita all’attuale assetto. Ci può aggiornare?

«Il cda ha ricevuto il preciso mandato, unanime, dall’assemblea dei soci di procedere sulla prospettiva della privatizzazione. La prossima settimana gli advisor incaricati ci presenteranno il lavoro svolto in questi mesi. Una volta assunte le nostre determinazioni, presenteremo a tutti i soci di Sac il potenziale percorso individuato e, se l’assemblea lo deciderà, sarà avviata la fase operativa dell’eventuale privatizzazione. Conto che tutto ciò possa avvenire entro la fine dell’anno».

Nel 2025 scade il mandato del cda. E il suo posto fa gola a molti. Nell’ultimo vertice del centrodestra regionale uno dei punti emersi è stato far presto con il rinnovo dei vertici della Camera di Commercio del Sud-Est, socio forte di Sac, per liberarsi del commissario regionale. Si sente sotto assedio?

«La linea del commissario Belcuore sulla privatizzazione è esattamente in sintonia con quella della precedente governance camerale dimissionaria. Compito di questo cda è rispettare il mandato ricevuto, completando il percorso di eventuale privatizzazione in maniera trasparente garantendo l’interesse dei soci e dello sviluppo del territorio. A quel punto la scelta della governance spetterà al socio privato. Per quanto mi riguarda sono soddisfatto del lavoro sin qui svolto e consapevole del patrimonio di progetti e investimenti, per circa mezzo miliardo di euro, che consegneremo a fine mandato: l’aeroporto nei prossimi anni sarà un cantiere continuo. E soprattutto sono sereno. So di non essere simpatico a certa politica, essendo sempre stato allergico a tentativi di indebite pressioni. Nessuna scelta, negli ultimi anni, è stata mai influenzata dalla logica delle lottizzazioni del passato, che a Fontanarossa sono soltanto un brutto ricordo».

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