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Banca d’Italia, il governatore Panetta ieri a Catania: «Forti indizi di ripresa»

«Servono politiche appropriate al potenziale di crescita del Sud», ha affermato

Di Giambattista Pepi |

Eppur si muove. Se questa frase per sostenere la tesi scientificamente fondata che la Terra non è immobile e al centro del mondo, come credeva la Chiesa, ma ruota intorno al sole, Galileo Galilei fu condannato dall’Inquisizione, torturato e costretto all’abiura, oggi non corriamo lo stesso rischio nel sostenere una verità altrettanto fondata di quella dello scienziato pisano, e cioè che il nostro Mezzogiorno, nonostante le molte remore che per decenni ne hanno bloccato la crescita, si stia muovendo. In direzioni diverse, naturalmente, facendo convivere al suo interno stridenti contraddizioni, tra aree più dinamiche dove la scintilla dello sviluppo è scoccata e sta generando ricchezza, occupazione e benessere, e sacche di arretratezza, nelle quali lo sviluppo è ancora asfittico, ma la situazione sta cambiando.

Nell’intervento pronunciato ieri nel salone di Palazzo degli Elefanti, il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, ha presentato un Mezzogiorno che manifesta segni di discontinuità rispetto al passato, con problemi atavici, ma anche una potenzialità di crescita ancora inespressa.Panetta muove dalla constatazione amara, ma vera, che «da decenni il Pil pro capite è poco più della metà di quello del Centro-Nord. Un divario di sviluppo così ampio e persistente rappresenta un primato negativo tra le economie avanzate, cristallizza una disuguaglianza di fatto nei diritti di cittadinanza e frena la crescita dell’intero Paese». Un divario che deve essere colmato non «con misure assistenziali e una mera azione redistributiva, ma» con «politiche per stimolare lo sviluppo delle regioni meridionali».Per individuare la strada da imboccare bisogna inquadrare la «questione meridionale» in una prospettiva storica. Se ne parla fin dagli anni successivi all’unità d’Italia, ma è divenuta una priorità solo nel Secondo dopoguerra, quando ci si è accorti che il divario territoriale tra Sud e Nord aveva «toccato il massimo storico» e non era più rinviabile l’intervento dello Stato centrale per colmarlo.Fu negli anni Cinquanta, per l’intuito di Donato Menichella (ex governatore della Banca centrale nazionale) che prese corpo la Cassa per gli Interventi straordinari nel Mezzogiorno. Con un mix di progetti infrastrutturali e la realizzazione di grandi impianti industriali da parte di società a partecipazione pubblica che assorbirono risorse finanziarie pari al 2% del Pil nazionale, il reddito pro capite nel Sud aumentò dal 50% della fine degli anni Cinquanta al 60% dei primi anni Settanta. La Casmez, purtroppo, fu soppressa, dopo varie proroghe, il 6 agosto 1984 e sostituita due anni dopo, negli obiettivi e nelle funzioni, dall’Agenzia per la promozione e lo sviluppo del Mezzogiorno, anch’essa soppressa nel 1992. Proprio quando stava per compiersi il “miracolo” della rinascita del Sud, la convergenza con le altre macro aree del Centro e del Nord del Paese si arrestò bruscamente.Nel suo intervento, Panetta non ha mancato di ricordare alcune delle gravi carenze «basilari dell’assetto produttivo e istituzionale»: le inefficienze della giustizia civile, le carenze del sistema scolastico, la vetustà della rete elettrica e idrica e l’inadeguatezza delle infrastrutture di trasporto viarie, ferroviarie e aeroportuali.

Nonostante tutto questo, il Sud ha superato brillantemente la crisi pandemica. Anzi, ha conseguito risultati migliori di quelli dell’intera economia nazionale: tra il 2019 e il 2023 il Prodotto interno lordo è aumentato del 3,7%, contro il 3,3% nelle altre regioni. Le esportazioni sono cresciute del 13%, quattro punti in più del Centro Nord. L’occupazione è salita del 3,5% a fronte dell’1,5% del resto del Paese. Il tasso di disoccupazione è sceso di 3,6 punti, il doppio che nelle regioni centro-settentrionali.La crescita osservata negli anni più recenti è in parte dovuta a fattori temporanei – ha fatto osservare Panetta – , ma la ripresa riflette anche i processi di ristrutturazione e di consolidamento produttivo innescati dalla precedente recessione, con l’espulsione dal mercato di imprese deboli, meno efficienti e più piccole. Progressi sono emersi anche nel campo della tecnologia, dalla produzione di semiconduttori e microsistemi ai settori aerospaziale e farmaceutico. La durata dei processi civili si è dimezzata, il grado di digitalizzazione della Pubblica amministrazione è aumentato.

Sono indizi che denotano un potenziale di sviluppo del Mezzogiorno che può essere liberato con politiche appropriate. «Questi positivi andamenti vanno valutati con cautela», ha sottolineato Panetta. «Essi costituiscono indizi – non prove – di un possibile miglioramento della capacità competitiva dell’economia meridionale. Ma allo stesso tempo non possono essere trascurati, perché denotano un potenziale di sviluppo del Mezzogiorno che può essere liberato con politiche appropriate».Nel decennio in corso, al Sud arriverà una mole di finanziamenti «pari al 5% del Pil» dell’area ogni anno. Alle risorse del “Pnrr”, rileva il governatore, «si aggiungeranno quelle del nuovo ciclo di programmazione dei fondi strutturali e del Fondo di sviluppo e coesione», mentre «il Fondo perequativo infrastrutturale per il Mezzogiorno potrebbe aggiungerne altri». Per questo, ammonisce, «è necessario assicurare un impiego efficiente delle risorse, anche preservando in futuro il metodo del “Pnrr”, che prevede obiettivi ben definiti, un costante vaglio delle modalità di utilizzo delle risorse e interventi a sostegno delle amministrazioni più deboli dal punto di vista gestionale».

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