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il retroscena

Forza Italia, Schifani apre a Falcone. Un assessore (alla Salute?) in dote agli oppositori

Il commissario regionale Caruso pranza con l’eurodeputato etneo e quello nazionale Calderone. E il gruppo Tamajo non digerisce

Di Mario Barresi |

Venerdì scorso, a Palermo, c’è stato un pranzo che non è passato inosservato. A tavola il commissario regionale di Forza Italia, Marcello Caruso, assieme all’europarlamentare Marco Falcone e al deputato nazionale Tommaso Calderone. Non si sa chi ha pagato il conto, ma filtra l’argomento discusso dal braccio destro di Renato Schifani con due fra i più incalzanti oppositori interni: la bozza di un trattato di pace.

Proprio così. Il governatore – che ieri ha incassato l’adesione al gruppo forzista dell’Ars di due suoi nuovi fedelissimi, Marco Intravaia, ex di FdI, e Alessandro De Leo, eletto con Sud chiama Nord – sta cercando di calmare le acque dentro il partito siciliano. La prima mossa è rompere il fronte ostile. A partire dal rivale più accreditato, dopo i 100mila voti alle Europee. Così, dopo aver agganciato, alla festa nazionale dei giovani azzurri a Bellaria, Maurizio Gasparri, capocorrente di Falcone sin dai tempi di An, chiedendo (e ottenendo) «un’intervista di sostegno» dopo le accuse di Giorgio Mulè, il governatore ha fatto un altro passo sulla via del disgelo con l’ex assessore all’Economia. Facendo esporre il fido Caruso fino all’ipotesi di un posto in giunta regionale «per la vostra componente». L’unico in palio, in base ai discorsi conviviali di venerdì, sarebbe quello alla Salute. Che Falcone e Calderone non hanno chiesto, ma a caval donato (o promesso) non si guarda in bocca. E dunque il pranzo ha lasciato un retrogusto dolce, anche se tavola non s’è fatto cenno al nome dell’eventuale sostituto di Giovanna Volo.

Ma la strategia di Schifani (che nel frattempo s’è riconciliato con il super dirigente Salvatore Iacolino, custode di tanti, forse troppi, segreti della sanità siciliana) è chiara. Pacificare innanzitutto il partito che dovrà essere il trampolino, e non la zavorra, della sua ricandidatura nel 2027. A questo, ad esempio, si deve il nuovo asse con Gasparri, al quale il governatore avrebbe pure chiesto garanzie su un evento ad Agrigento, uno dei focolai azzurri, la sera prima del pranzo palermitano. E così è stato: Falcone, nella città dei templi per ringraziare gli elettori, ha accolto in sala Riccardo Gallo e Margherita La Rocca, spina nel fianco sanitario, ma tutt’e tre sono stati, pubblicamente, degli agnellini filo-governativi. L’indomani il segnale conseguente è stata l’apertura di Caruso sull’assessorato negato a Falcone e ai suoi nel rimpastino estivo. Con la richiesta di una moratoria sugli attacchi a Iacolino e soprattutto a una condizione, scandita dal segretario del governatore: «Renato non vuole sentire nemmeno nominare Mulè», ormai in cima alla black list perché «considerato come Gianfranco Miccichè». A proposito: l’ex presidente dell’Ars, su L’identità, mette altro sale nelle ferite di Forza Italia in Sicilia, «partito senza identità», in cui «comanda Totò Cuffaro». Che replica: «Gianfranco è affetto da lombardite acuta».

Ma si dà il caso che gli spifferi del pranzo siano arrivati, quasi in tempo reale, alle orecchie dei cosiddetti schifaniani (o presunti tali). E cioè il gruppo di Edy Tamajo, Nicola D’Agostino e Gaspare Vitrano. I quali, già delusi dal mancato premio per l’exploit elettorale, non l’avrebbero presa bene. Così il governatore, per sistemare una cosa, rischia di sfasciarne un’altra. Tant’è che si sarebbe affrettato a precisare che Falcone e Calderone «non li ho voluti comunque ricevere». Ma poco cambia, visto che Caruso, pur interessato a disinnescare la fronda di chi vorrebbe rimuoverlo da commissario siciliano, ha parlato in nome e per conto del presidente. Che adesso, dopo aver ricucito con Tamajo (d’ora in poi sottoposto a periodici test dell’“ambiziometro” a Palazzo d’Orléans) e chiarito le incomprensioni con Totò Cardinale, si trova a dover tamponare una nuova falla. Tanto più che Schifani ha sempre aborrito le correnti interne, ma «dando un assessore a Falcone, di fatto – ragiona qualcuno – dovrà riconoscere che ci sono le componenti, anche la nostra». Un modo per salvare capra e cavoli potrebbe essere la promozione di Tamajo alla Salute e il suo posto a un deputato regionale, magari il capogruppo Stefano Pellegrino.

In questo contesto, Schifani si prepara al vertice di maggioranza di venerdì. Inizialmente convocato nella sede di Forza Italia e senza di lui, poi spostato a Palazzo d’Orléans e alla presenza del principale inquilino. Con gli ultimi due arrivi il partito del presidente diventa il gruppo più forte del centrodestra all’Ars, staccando Fratelli d’Italia: 14-12. Va da sé che i meloniani siano innervositi, anche perché l’accoglienza dell’ex musumeciano Intravaia, pur da mesi in anticamera al gruppo misto, infrange una regola sottoscritta dal centrodestra nel patto di legislatura: non sottrarsi i deputati a vicenda. Uno dei temi di un summit che, fra tossine sanitarie non smaltite e nuovo sottogoverno da spartire, sarà alquanto tempestoso.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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