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IL PERSONAGGIO

Dai diritti civili a migranti e autonomia: Forza Italia e la svolta del «compagno Tamajo»

«Un vero progressista, in linea con i Berlusconi». E Cardinale certifica: «La Sicilia anticipatrice»

Di Mario Barresi |

L’ultima uscita, maturata dopo un’attenta limatura di ogni singola parola «per non urtare la suscettibilità di nessuno», è arrivata ieri. Una presa di distanza dall’autonomia differenziata in linea con la più recente sfida di Antonio Tajani, costretto a indietreggiare sullo Ius scholae, alla Lega. «Fermiamoci ad ascoltare», dice Edy Tamajo. Ma chi? «La gente, le imprese del Mezzogiorno, la Cei». Insomma, «chi, da sempre, lotta per il bene comune e per un’Italia che non lasci indietro nessuno».

Insomma, un chiaro stop a una riforma che «non deve mai diventare un pretesto per indebolire la coesione nazionale», con «il rischio di nuove fratture tra Nord e Sud». L’assessore regionale si sbilancia su un tema in cui Renato Schifani, al contrario del barricadero collega forzista calabrese Roberto Occhiuto, è da sempre in imbarazzo nella difesa di una posizione filogovernativa già minoritaria al Sud e negli ultimi tempi non proprio di moda ai piani alti forzisti.

E non è la prima volta che “Mr. Preferenze” si esprime su temi sensibili nel dibattito di un partito diviso fra rigidi lealisti di centrodestra e sensibili alle istanze moderate, persino progressiste. Nell’ultimo gay pride a Palermo, ad esempio, Tamajo ha sfidato i succhi gastrici degli alleati di FdI e Lega esprimendo «il mio sostegno per questa manifestazione, non solo come un evento di inclusione, ma come un movimento fondamentale per il riconoscimento dei diritti umani universali».

Per non parlare poi dello Ius scholae, altro tabù anti-migranti delle destre, definito dall’assessore «un’opportunità per una società più coesa e solidale». E ieri, dopo molteplici spruzzate di antimafia (l’ultima alla commemorazione di Libero Grassi: «Le imprese siciliane sono oggi il frutto del coraggio, della determinazione e della passione di una terra che ha scelto di non piegarsi al ricatto mafioso»), l’affondo finale contro l’autonomia differenziata, pur precisando che è «una mia umile riflessione, va letta in questa ottica: nessuna polemica, un semplice invito alla politica tutta».

A che gioco sta giocando? I rivali di partito tendono a minimizzare la svolta di Tamajo, sibilando che «è solo uno scimmiottare Tajani senza avere idee proprie». Ma dallo staff dell’assessore certificano che «Edy esprime posizioni personali maturate da tempo: è un vero progressista, in linea con le idee della famiglia Berlusconi».

Ed è quest’ultimo passaggio la vera chiave di lettura. In una Forza Italia in evoluzione, spinta dai distinguo (non del tutto disinteressati) degli eredi del Cav rispetto a Giorgia Meloni, c’è una prateria da conquistare. «È l’enorme area dei moderati», che parla al «mondo riformista, liberale, socialista, laico-risorgimentale, oggi senza una casa», certifica Totò Cardinale a La Sicilia. L’ex big democristiano, già patron dei diversamente renziani di Sicilia Futura soci del governo Crocetta, non guarda altrove: «Il nostro posto è nel centrodestra, a Roma e soprattutto in Sicilia, con l’autorevole leadership di Schifani».

Il pigmalione politico di Tamajo, «motore e centravanti di sfondamento di un progetto che, come spesso accade, parte dall’Isola», rivendica la primogenitura siciliana della nuova linea “aperturista” di Forza Italia. Incurante della novità più clamorosa nella noiosa estate della politica regionale (l’approdo di Gianfranco Miccichè all’Mpa di Raffaele Lombardo), l’ex ministro delle Comunicazioni, che non ha perso l’abitudine di confrontarsi spesso con l’iperberlusconiano Fedele Confalonieri, si dice «certo che il cambio di passo si consoliderà nel partito nazionale, trovando linfa vitale nel lavoro che da tempo si sta facendo in Sicilia». Lo scenario è «un partito pluralistico con un’area di destra e una riformista». Proprio com’era la Democrazia cristiana.

Il messaggio è chiaro: nella Forza Italia siciliana divisa fra i lealisti, taluni per convenienza, a Schifani, moderato ma sensibile ai richiami di chi di fatto l’ha candidato (FdI e in particolare Ignazio La Russa), e gli ex An come Marco Falcone, eurodeputato di rigida osservanza gasparriana, c’è un pezzo di partito già pronto alla svolta riformista che alcune testate nazionali annunciano matura in autunno con un’ancora più esplicita uscita della famiglia Berlusconi.

Qui c’è la sostanza dei voti, tanti, di Tamajo&C., ma anche la suggestione delle idee. Il 2027 è distante e gli scenari cambiano alla velocità della luce. Ed è per questo che l’assessore alle Attività produttive (che non ha «mai chiesto il posto alla Salute») resta con i piedi per terra, anche per evitare le funeste gelosie di un governatore che lavora chiaramente alla ricandidatura.

Tamajo, che ha degli enormi crediti nazionali da riscuotere per aver lasciato il posto a Caterina Chinnici a Bruxelles, vuole farsi trovare pronto. Il “compagno Edy” sarà lì. Fra Mondello-Partanna e l’assessorato in cui ha «scelto di restare». Accada quel che accada.

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