Catania
Acque verdi in torrenti e canali della Zona Industriale e alla Plaia: cosa sta succedendo?
Nel caso del Forcile c'è particolare allarme perchè sfocia tra l'ex lido Nettuno e il Lido Aurora. Due le ipotesi al vaglio dell'Arpa e dell'Università
Zona industriale e Plaia, ovvero quando è la natura a lanciare l’“allarme inquinamento”. Sì, perché è da giorni che i corsi d’acqua che percorrono l’area produttiva, ma così anche il torrente Forcile che sfocia tra l’ex Lido Nettuno e il Lido Aurora, sembrano più lingue di prato di colore verde brillante piuttosto che canali e torrenti. Sono cioè completamente ricoperti di quella che da un lato (l’Arpa) viene definita come “fioritura algale in atto”, ma dall’altro (Università di Catania) si riconduce, più che ad un’alga, ad una pianta galleggiante, la Lemna.
Le due ipotesi (anche se dalle immagini si propende più per la seconda) non verranno confermate in tempi brevi poiché – ed è l’ennesima prova di quanto su queste pagine scriviamo da tempo – né sui canali della zona industriale né sui corsi d’acqua che poi sfociano in mare vengono fatti controlli puntuali. A confermarlo è prima di tutto Arpa, rispondendo a domanda mirata: «I suddetti canali non fanno parte di quelli “significativi” (ai sensi del D.Lgs. 152/2006 come modificato dal Dm 131/2008) ai fini del monitoraggio. Pertanto non sono riportati dal Piano di gestione del Distretto Idrografico della Sicilia e non sono da noi monitorati». Nel caso si trattasse di Lemna «una sua presenza in eccesso (come evidente dalle fotografie, ndr) – spiega a “La Sicilia” Giuseppe Cirelli, professore ordinario di Idraulica agraria e sistemazioni idraulico-forestali dell’università di Catania – è comunque un indicatore di presenza di sostanza organica e nutrienti, e quindi di scarichi non trattati». Per “nutrienti” si intendono azoto e fosforo, provenienti da scarichi industriali, ma anche da scarichi urbani (come per acque che contengono detersivi), quando non trattati con la depurazione.
Ormai è noto come in città le utenze urbane allacciate alla rete fognaria che confluiscono poi al depuratore di Pantano d’Arci siano solo il 20% e il restante 80% scarichi a terra o in mare. Ancora peggio va alla zona industriale «priva di fognature – prosegue Cirelli – le singole aziende dovrebbero avere un impianto di depurazione prima di effettuare lo scarico autorizzato (?) nei canali dell’ex Consorzio Asi (area di sviluppo industriale). Questi canali dovrebbero servire solo al drenaggio e smaltimento delle acque piovane. Le acque per non arrivare a mare vengono sollevate dalla Sidra ed inviate al depuratore».Alla zona industriale in realtà la fognatura esiste ma deve essere verificata e riattivata collegandola ad una “linea industriale” del depuratore di cui si parla ormai da anni e da realizzare in parallelo al grande progetto di completamento della rete fognaria, investimento da quasi un miliardo di euro di cui si attende l’avvio.
Che i canali che percorrono la zona industriale ricevano gli scarichi dalle aziende è noto, meno l’attività di monitoraggio e controllo sulla loro qualità. L’attività di sollevamento delle acque è esattamente ciò che avviene ogni estate quando il torrente Arci viene sbarrato all’altezza della Casa Cantoniera lungo la Ss 114, alla confluenza tra Pantano e Arci e le acque vengono sì rilanciate al depuratore che, ribadiamo, funziona per i reflui urbani, non industriali. Le acque depurate infine vengono immesse nel canale Buttaceto, che sfocia all’Oasi del Simeto. È stato più che mai propizio, dunque, aver sbarrato anche quest’anno l’Arci (se pur con notevole ritardo, a metà giugno inoltrato), mentre le analisi dell’Asp (effettuate periodicamente alla Plaia e in mare) e che rilevano solo le sostanze organiche (enterococchi ed escherichia coli) risultano finora nella norma. Ma il resto?COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA