il dossier
L’allarme di Legambiente: “Il cemento avanza, il 77% delle coste siciliane a rischio erosione”
"Il risultato di una gestione del territorio e della spesa pubblica non orientata all’interesse generale"
Il 77% della costa siciliana è a rischio di erosione, il 56% è stato cancellato dall’avanzata del cemento con il risultato che in 15 anni è scomparso il 6% del litorale. La denuncia è di Legambiente Sicilia, che sottolinea come le cause del rischio di erosione siano “diverse”, ma “quelle che hanno inciso di più negli ultimi 30 anni sono state gli interventi di artificializzazione e cementificazione, sia legale che illegale realizzati lungo le nostre coste”. Dal 2006 al 2021, l’avanzata del cemento nei Comuni costieri è aumentata del 6% e il consumo di suolo costiero sul totale regionale è pari al 56,4%, il più elevato in Italia. Ad aggravare ulteriormente la situazione concorre sempre di più la crisi climatica e i suoi effetti. “La Sicilia è la regione italiana più colpita da fenomeni meteorologici e idrogeologici, tra cui piogge intense e mareggiate che aggravano l’erosione principalmente durante l’inverno”, spiega l’associazione ambientalista. Nel periodo 2010-2023 sono stati 154. A preoccupare è anche il progressivo innalzamento del livello del Mediterraneo che, secondo i dati dell’Ipcc, nell’ultimo secolo si è innalzato in media di 1,4 mm l’anno.
“In questi ultimi decenni si sono fatte scelte sbagliate – dice Legambiente Sicilia -, a partire dalla manomissione dei corsi d’acqua, da cui alla fine degli anni ’70 sono state sottratte consistenti quantità di sabbia e ghiaia utilizzate per alimentare la speculazione edilizia legale e illegale lungo la fascia costiera. Le scelte sbagliate sono continuate fino agli anni ’90, con la realizzazione di opere di sbarramento (briglie, soglie e traverse), motivate più dall’interesse ad attivare appalti pubblici che da reali esigenze idrogeologiche”. Ad alterare la linea di costa ha contribuito la realizzazione di porti turistici, le cui dighe foranee hanno inibito il flusso dei sedimenti, innescando erosione sottoflutto in corrispondenza di zone abitate. Tuttavia, avverte Legambiente Sicilia, “a causare più danni e a peggiorare il regime delle nostre spiagge, nonché il loro degrado, sono state paradossalmente quelle opere marittime nate da intenti e richieste di ‘difesa’ della costa rispetto all’avanzante fenomeno erosivo. Riproducendo l’effetto-trappola dei sedimenti trasportati lungo costa, questi interventi hanno moltiplicato i punti sottoposti ad erosione, aggravando ulteriormente il dissesto delle nostre spiagge”.
“Come raccontiamo nel dossier ‘Erosione costiera in Sicilia, l’attuale stato dell’erosione delle coste siciliane non è altro che il risultato di una gestione del territorio e della spesa pubblica non orientata all’interesse generale – dice Salvatore Gurgone, responsabile Erosione costiera di Legambiente Sicilia -. Ciò ha prodotto quegli interventi antropici, legati alla cementificazione illegale e anche legale, che hanno innescato il degrado dell’ambiente costiero e l’erosione delle spiagge. Questo quadro è destinato ad aggravarsi con l’aumento della frequenza di eventi meteo-marini estremi provocati dal mutamento climatico già in atto”. “Le spiagge siciliane vanno tutelate – sottolinea Tommaso Castronovo, presidente di Legambiente Sicilia – affinché costituiscano quella straordinaria risorsa ambientale, capace di trainare un settore turistico basato sulla effettiva valorizzazione dell’identità culturale dei luoghi. La loro tutela dipende anche, e soprattutto, dalla qualità delle politiche urbanistiche e dalle strategie di governo del territorio in area vasta. L’occupazione delle pianure costiere, l’urbanizzazione spinta ai limiti della battigia creano i presupposti per fenomeni di erosione degli arenili e di inquinamento delle acque del mare”.
Tra le proposte di Legambiente Sicilia per contrastare l’erosione costiera ci sono il divieto di qualsiasi nuova opera nelle fasce dove i modelli indicano una probabilità di esposizione a inondazione; rinunciare alla difesa a tutti i costi di talune strutture ricadenti nelle aree a rischio, consentendo l’espansione delle onde, e selezionare attentamente quelle da difendere, valutando l’impatto delle relative opere sulle spiagge contigue. Infine, limitare le concessioni balneari in termini di superficie ed evitare che si eseguano opere o installazioni sulle spiagge. “Occorre una visione illuminata e una pianificazione coerente – conclude Castronovo – con gli obiettivi di adattamento ai mutamenti climatici e di mitigazione dei dissesti”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA