Dal “grazie, avete fatto il possibile” al “vergogna, dovete andare tutti a casa”. Nessuna mezza misura dopo l’uscita di scena del Catania, eliminato a 7′ dalla conclusione dall’accesso in semifinale dei play off per la B . La rimonta dell’Avellino è arrivata quando la squadra di Zeoli aveva dato veramente tutto. Si chiude una stagione ad alta tensione, caratterizzata da errori in quantità industriale e da un esborso di denaro esagerato per la categoria. Pelligra – o meglio i suoi uomini – hanno tentato di tutto pur di rimettersi in carreggiata.
I tre allenatori
Che la Serie C fosse una categoria difficile non lo abbiamo scoperto in questi mesi. Il nuovo Catania sì. Tre allenatori cambiati, tredici giocatori arrivati a gennaio, altrettanti congedati. Con una rivoluzione del genere era chiaro che la squadra non potesse carburare improvvisamente. Un errore scegliere Tabbiani e consegnargli la patente di tecnico di un gruppo favorito per il salto in B: sarebbe stato più indicato sbandierare una programmazione pluriennale che potesse andare di pari passo con la maturazione del tecnico (Catania avrebbe pazientato a lungo?). Lucarelli sembrava il “salvatore della patria”: conosceva ambiente e giocatori, ne ha presi a metà cammino alcuni che apprezzava e aveva già allenato. I risultati non sono arrivati e, allora, il buon Cristiano ha cominciato ad alternare moduli e calciatori alla ricerca di una soluzione che mai è arrivata se non in modo episodico. Tanti infortunati, tanti giocatori che non erano da Catania e che sono andati via. Anche se uno come Rocca, per esempio, avrebbe potuto fare comodo alla causa. Altri decisamente no.
Zeoli ci ha provato
Eccoci a Zeoli, di cui parliamo a parte. L’ex terzino ha fatto il possibile lavorando sulla testa dei giocatori, tentando di ricostruire ambiente, spogliatoio, rapporto con i tifosi. Ha vinto la Coppa Italia, ha evitato i play out, ha sfiorato la semifinale dei play off. Più di così, francamente, non si poteva fare. Anche perché il Catania si è fidato di un attaccante bravissimo ma ormai avanti negli anni come Di Carmine che a un certo punto ha finito il carburante. Si è fidato del nome e del carisma di Sturaro che dicono abbiamo fatto un gran lavoro nello spogliatoio, ma in campo è andato poco. E ha più discusso con gli arbitri che corso. Insomma, sotto questo profilo, è stato un acquisto inutile. Peggio ancora illusorio perché un allenatore che se lo ritrova in organico e spera sempre di schierarlo, alla fine si accorge di non poterlo rischiare se non per dieci minuti. E il nostro eroe che fa? Spende oltre un minuto a polemizzare con l’arbitro su un fallo o su una punizione invece di affrettare i tempi e tentare un’ultima giocata ad Avellino. In tanti sperano che possa preparare i bagagli. Tello è stato un oggetto misterioso per metà stagione, nei play off ha fatto qualcosina. Un paio di partite all’altezza delle aspettative non coprono i vuoti lasciati, per infortunio o per prestazioni non certo memorabili, durante la stagione regolare.
I grandi nomi non bastano
L’elenco è lunghissimo, ma la stagione si è chiusa e bisogna guardare avanti. Tenendo conto che a volte i grandi nomi in Serie C non spingono le squadre verso primati o successi. Serva da lezione a tutti. Specie a chi comanda la baracca e spende soldi che avrebbe potuto benissimo risparmiarsi.Il successo in Coppa Italia è un arcobaleno che ha illuminato il cielo grigio di una Catania calcistica che ha messo in bacheca il primo trofeo della propria storia recente.