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Europee, Fdi sceglie i “magnifici 5”: il derby delle metropoli e il forte pressing su Manlio Messina

Vertice romano sulle liste: Razza-Giammusso tandem etneo ma Lollobrigida spinge per Scarpinato a Palermo (dove c’è già Milazzo)

Di Mari Barresi |

La questione – e cioè: chi saranno i candidati siciliani di Fratelli d’Italia alle Europee? – cambia in base alle due diverse angolature da cui si osserva. La prima è quella locale, condizionata da ambizioni personali, rapporti di forza ed effetti-domino su poltrone che si libererebbero e compensazioni per i delusi. L’altra visuale (che verrà fuori fra oggi e domani, nel primo incontro in Via della Scrofa per affrontare il tema delle liste in tutta Italia) è quella nazionale, del partito della premier smanioso di consolidare la propria egemonia; e per riuscirci, oltre all’ormai quasi scontata presenza di Giorgia Meloni frontwoman in tutte le circoscrizioni, punta, come riferisce un’autorevole fonte romana, «a candidature locali forti» che possano dare «valore aggiunto» in termini di voti.

E così i criteri di scelta dei “magnifici cinque” siciliani (con la leader capolista e più due sardi, un uomo e una donna) saranno un cocktail in cui l’ingrediente principale è la prova muscolare di FdI, con appena una spruzzata di aspirazioni personali. La lista, fino a venerdì scorso, sembrava virtualmente chiusa: riconfermato l’ex forzista Peppe Milazzo (a differenza dell’altro uscente Raffaele Stancanelli, incline a cedere alle lusinghe leghiste dopo che i vertici del suo partito l’hanno fatto fuori col silenziatore), col tandem etneo composto dall’ex assessore regionale Ruggero Razza e dal sindaco di Gravina, Massimiliano Giammusso. E una doppia quota rosa di prestigio: l’assessora regionale Elvira Amata e la deputata all’Ars Giusi Savarino.

Il secondo nome da Palermo

Sennonché, con una forte sponda del potentissimo ministro Francesco Lollobrigida, è stata lanciata la proposta di un secondo nome da Palermo: Francesco Scarpinato. Il che costringerebbe a una lista con un solo catanese. Va da sé che Milazzo (già destinatario di promesse non mantenute alle Politiche e alle Regionali) non l’abbia presa bene. Ma non basterebbe il mal di pancia – suo e di altri big palermitani, come l’assessore Alessandro Aricò – a stoppare una strategia concepita dalla forte “corrente turistica” del partito. Non a caso l’altro sponsor di Scarpinato (che lascerebbe libero un posto nella giunta Schifani) è proprio Manlio Messina. Che, a sua volta, è oggetto di un forte pressing dei vertici di partito per essere il «candidato di prima fascia». Lo stesso ruolo proposto, con garbati e motivati rifiuti, ad altri due big catanesi: il ministro Nello Musumeci, che a Roma preme per il delfino Razza, e il senatore Salvo Pogliese, in trincea per Giammusso. Anche il vicecapogruppo alla Camera sembra desideroso di restare a Roma (dove gli subentrerebbe il coordinatore etneo Alberto Cardillo, altra ipotesi girata per le Europee), col doppio importante ruolo di volto televisivo del partito e di leader-ombra dei Fratelli di Sicilia. Eppure per Messina la cavalcata vincente verso Bruxelles (gradita a chi, nell’inner circle meloniano, lo vorrebbe un po’ meno dentro la stanza dei bottoni capitolina) potrebbe essere la prima vera legittimazione alle urne, dopo l’esperienza da consigliere a Catania e la nomina ad assessore regionale. Un rito iniziatico, con numeri a quattro o addirittura a cinque cifre da uomo forte «di tutto il partito», per arricchire il curriculum di aspirante governatore – a Renato Schifani piacendo – nel 2027. Ruolo in cui molti vedono pure Gaetano Galvagno, che non a caso negli ultimi tempi ha rinvigorito il rapporto con Razza, la cui candidatura, già la scorsa estate in un gazebo di partito sotto l’Etna, era stata vaticinata da Ignazio La Russa.

Missione di pace

L’ex assessore musumeciano, rivela una gola profonda di partito, negli ultimi tempi è impegnato in una sorta di “missione di pace” smussando alcune spigolature caratteriali, chiudendo conti in sospeso e ritessendo la rete degli ex di DiventeràBellissima.

Razza, a processo a Palermo per i falsi dati Covid, aspetta con fiducia l’imminente esito dell’udienza preliminare sull’inchiesta per le assunzioni nella sanità catanese. Potrebbe essere davvero lui il candidato forte della Sicilia orientale, con altre due carte da giocare. La prima è il posto di assessora regionale della moglie, Elena Pagana, in caso di elezione al Parlamento Ue: un ricco premio, nel rimpasto programmato da Schifani dopo le urne, per altri big meloniani che sosterrebbero l’avvocato socio di studio del sindaco Enrico Trantino. O magari una compensazione per chi al partito ha dato tanto ricevendo nulla, come la mancata assessora Savarino.

L’altra carta

E non solo. C’è chi sostiene che la seconda carta di Razza, sin qui nascosta, sia ancora più decisiva: l’appoggio esterno di Raffaele Lombardo, già sponsorizzato (invano) dal «giovane intelligente ed educato» per un accordo alle Europee con FdI, prima di federarsi con la Lega. Dove, sfumata l’Opa ostile, il leader dell’Mpa è insofferente alla coabitazione con Luca Sammartino (ma la cosa è reciproca). Sarebbe un azzardato quadro da fantapolitica, se non ci fosse, nel centrodestra siciliano, chi è pronto a giurare che ci sia già una posta in palio per quest’operazione: un importante sottogoverno nazionale – per essere più precisi: l’Ismea – per il movimento autonomista dell’ex governatore-agricoltore. Il che significherebbe il secondo divorzio in un anno con Matteo Salvini, che a breve dovrà assumere decisioni delicate sull’assetto della Lega alle Europee anche in Sicilia.

Il groviglio

Un groviglio che dovrà essere sciolto da FdI di qui a poco. L’esito finale più probabile sembra la doppia candidatura di Razza e Giammusso per spingere la lista a Catania e l’uscente Milazzo a Palermo. Ma bisognerà pesare la forza dell’imprimatur romano per Scarpinato e soprattutto la resistenza di Messina alle altolocate pressioni per scendere in campo. L’una ipotesi, ovviamente, esclude l’altra. Se in campo ci fosse l’ex assessore al Turismo, si liberebbe una casella maschile, rispondendo così alle richieste del deputato regionale Pino Galluzzo, che spinge sempre per l’avvocato barcellonese Giuseppe Lo Presti, «l’unica strategia per contenere Cateno De Luca a Messina». In questo scenario potrebbero cambiare anche le candidate. C’è chi in lista vorrebbe «entrambe le due nostre donne della giunta regionale», tirando dentro, oltre ad Amata, la stessa Pagana; anche la deputata nazionale Carolina Varchi e la sindaca di Avola, Rossana Cannata, hanno dato la loro disponibilità a spendersi «per il partito». Anche perché, con Meloni capolista e tre (o due) nomi forti a Palermo e Catania, le chance femminili sono minime. A meno che, come ipotizza qualcuno sondaggi alla mano, non scatti il terzo seggio nelle Isole. Magari a scapito degli odiati leghisti.

m.barresi@lasicilia.it

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