Le carte dell'inchiesta
L’agguerrito (e storico) clan catanese e il business della droga: così il blitz “Locu” ha svelato i segreti del clan Cappello
Le piazze di spaccio si confermano la linfa vitale del "bilancio" di ogni cosca mafiosa
Smembrato un braccio del clan Cappello di Catania. Ieri, oltre alle piazze di spaccio che sono la linfa vitale del bilancio di ogni cosca mafiosa, la polizia con il blitz Locu ha decapitato il vertice operativo di una delle costole più agguerrite della famiglia catanese. E visto il rapporto di parentela, seppur lontana, di Rocco Ferrara con Turi Cappello, è la frangia più storica (e forse più riconosciuta nella malavita) catanese. Lo smembramento dell’organizzazione criminale è avvenuto dopo la sparatoria dell’8 agosto 2020. Ferrara, che è in carcere dall’ottobre 2022 dopo la condanna in abbreviato in Centauri per tentato omicidio, è ritenuto il capo mafioso di questa cellula assieme a Giovanni Agatino e Renè Salvatore Di Stefano, come già anticipato su La Sicilia un anno e mezzo fa figli dello storico Antonino ‘nino cammisa’, che è morto per cause naturali (e infatti la sua posizione è stata stralciata per decesso del reo). Ai tre, è contestata l’associazione mafiosa, assieme a Filippo Crisafulli ‘candeggina’ e Domenico Querulo ‘da zia Lina’.
Una citazione merita Filippo Crisafulli, che è fratello di Franco “cacazza” e zio di Giovanni ‘u tuccu’ (già coinvolto nel blitz di quasi dieci anni fa Colomba sul traffico di droga). I Crisafulli provengono da Cosa nostra. Erano uomini vicini ad Angelo Santapaola. Franco Crisafulli era il suocero di Nicola Sedici, il guardaspalle ucciso assieme al cugino di Nitto Santapaola nel 2007. Quell’omicidio non fu mai perdonato da “Cacazza” che decise di migrare con i Cappello.
Anche Querulo, assieme al fratello Biagio, vanta parentele mafiose di un certo livello: è nipote di Orazio Privitera, ‘pilu russu’, boss della piana che quindici anni fa assieme a Iano Lo Giudice ingaggiò la guerra contro i Santapaola.
I collaboratori
Sono i collaboratori di giustizia a fornire input preziosi, soprattutto sull’affiliazione, agli investigatori. Nelle oltre 1000 pagine dell’ordinanza firmata da Simona Ragazzi ci sono stralci di verbali di Iano Sardo, occhiolino, narcotrafficante indipendente dai clan mafiosi ma legato ai Crisafulli del clan Cappello. E poi ci sono le dichiarazioni di Salvatore Castorina, legato fino a qualche anno fa al gruppo di Monte Po, ma poi diventato autonomo, che spiega come Giovanni Distefano avrebbe un canale della droga diretto con gli albanesi. Recentemente le sue dichiarazioni sono state utilizzate dai magistrati della Dda di Caltanissetta per incastrare gli affari della droga di Cosa nostra gelese.
Un’altra collaborazione in comune tra la retata nissena e quella di ieri della mobile etnea è quella di Filippo Scordino. Un soldato della droga legato ai Santapaola che racconta di aver conosciuto Querulo – glielo avrebbe presentato Sam Privitera, boss dei Nizza (gruppo di Cosa nostra) che sta affrontando il processo come mandante dell’omicidio di Enzo Timonieri.
Ma le rivelazioni dirompenti sono state quelle di Carmelo Liistro, che ha vissuto dall’interno la metamorfosi del clan dopo la sparatoria di viale Grimaldi per essere presente, guidava uno degli scooter, e per essere l’uomo di fiducia di Massimo Cappello (fratello di Turi). Lui è infatti che fornisce la mappa dettagliatissima del clan: «Uno Ferrara e i Di Stefano (spazzato via ieri, ndr), uno quello di Viglianesi (Cosimo, attualmente a piede libero), uno di Michele ‘u cardunaru (oggi collaboratore di giustizia), uno dei carateddi di Piero pummaroru (Guerrera) e Concetto (Bonaccorsi, ndr), uno quello di Giampiero Salvo (figlio di Pippo ‘u carruzzeri e fratello di Massimiliano) e infine il gruppo degli Strano di Monte Po”. Ultimamente la pm Michela Maresca, che coordina le indagini assieme al procuratore aggiunto Ignazio Fonzo, ha inviato alla gip un’integrazione documentale con i verbali del 2023 di Michele Vinciguerra, u cardunaru. Che hanno blindato ancor di più l’inchiesta scattata ieri.
La gestione dello spaccio è documentata da intercettazioni e telecamere. Nella zona del Locu – dove da quasi 20 anni sarebbe mancata la mazzata di una retata – si spaccia su strada e nelle piazze indoor. La vendita all’aperto avveniva dalle 20 di sera alle 6 del mattino davanti al civico 108, siamo vicino all’angolo con via Alonzo e Consoli. Qui il capo-piazza è Francesco Cultraro – citato da Sebastiano Sardo – è figlio di Salvatore, che è il cognato di un carateddu di sangue come Antonino Bonaccorsi (imputato per un vecchio omicidio degli anni novanta). Che è fratello dei killer Ignazio e Concetto, quest’ultimo diversi anni fa è entrato nel programma di protezione assieme al figlio Salvuccio. Le due piazze indoor invece sono in due abitazioni: la prima attiva dalla 6 alle 20 è in via Bonfiglio, al civico 2, nella casa di Santo Tomaselli papà del capo-piazza Nicola. Che sono parenti di Giovanni Crisafulli. La seconda, e ultima chiusa ieri, è quella di Salvatore Marino detto ‘cià cià’ – attiva dalle 14 alle 5 – in via Delle Calcare 155. Marino è nipote di Filippo Crisafulli. Tutte sempre in “famiglia”.
Già oggi sono cominciati, e termineranno venerdì, gli interrogatori di garanzia da parte degli indagati. La maggior parte si sta avvalendo della facoltà di non rispondere davanti alla gip.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA