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il caso

Così la faida catanese dentro Confindustria sta spaccando il centrodestra

FdI e parte di Fi contro il prossimo leader regionale. Vecchio che denuncia «intromissioni». Ma trova coperture

Di Mario Barresi |

Oggi, a mezzogiorno, c’è l’elezione degli organi provinciali della sezione Trasporti e Concessionari di Confindustria Catania. Un evento che di norma avrebbe la stessa libidine mediatica di un passaggio della campana al Rotary. Se non fosse che dietro c’è un intreccio fra imprenditoria e politica che condizionerà l’assetto dei vertici confindustriali etnei e regionali, con qualche residua fiche da giocare alla roulette di Viale dell’Astronomia. In tutto ciò si assiste, ormai in modalità plateale, a una campagna elettorale che, fra vecchi sponsor e nuove alleanze coinvolge il centrodestra siciliano e spacca Forza Italia. Costringendo Renato Schifani, all’inizio non del tutto estraneo al gioco, a tirarsi fuori.

Il prequel

Sintetico prequel della vicenda. Confindustria Catania è finita nella bufera, con le dimissioni dell’ex presidente Angelo Di Martino: da un ventennio il suo gruppo era vittima di estorsioni, che, da quanto emerso da un’inchiesta della Procura di Catania, versavano regolarmente il denaro «destinato […] al sostentamento delle famiglie dei detenuti». Alla fine il commendatore Di Martino (alla guida di una holding attiva in trasporti, logistica e automotive) lascia tutte le cariche associative, compresa quella di presidente della sezione Trasporti. E, notizia di questi ultimi giorni, cancella tutte le sue aziende dall’associazione.

Gaetano Vecchio in sella

A tenere le redini di Catania è il vice vicario: Gaetano Vecchio, amministratore dell’azienda edile di famiglia, la Cosedil, e uomo forte di Ance, già indicato dai vertici appena decaduti come nomination catanese, in ossequio alla rotazione fra le tre associazioni territoriali, a prossimo presidente di Confindustria Sicilia. L’assemblea per incoronare l’imprenditore etneo è in programma il 23 gennaio a Palermo, mentre il successore di Di Martino dovrebbe arrivare fra fine marzo e i primi di aprile.Si comincia a intuire il valore del voto di oggi. In lizza per la sezione Trasporti c’è un uomo di Vecchio: Salvo Gangi, titolare di Covei e vice uscente. Una successione naturale, ritenuta poco più di una formalità fino alla vigilia dello scorso 9 gennaio, quando l’elezione viene rinviata a causa di «imprevisti di natura personale» del reggente Vecchio. Il corso delle cose, in realtà, cambia dopo un caffè, venerdì 5, al Caffè Europa. Al tavolino, nel luogo in assoluto meno nascosto della Catania da bere, lo stesso Vecchio e Gaetano Galvagno, presidente dell’Ars. Con loro anche il promotore dell’incontro: Giacomo Gargano, ex presidente Irfis ed ex socio di studio di Ruggero Razza, oggi top manager di Deloitte.

La mano di Galvagno

Dopo i convenevoli di rito, si arriva al dunque: Galvagno dà a Vecchio la benedizione per la corsa a Confindustria Sicilia, aprendo però il discorso su Catania. Con un preciso ticket: alla presidenza Maria Cristina Busi, storica patron di Sibeg-CocaCola, e come suo vice Franz Di Bella, emergente dei settori customer care e innovazione digitale. Quest’ultimo è il nome a cui tiene di più Galvagno: paternese come lui, guida il colosso dei call center Netith, 500 dipendenti, molti dei quali rilevati Qè in cui Di Bella (totalmente estraneo al fallimento) era stato socio per tre anni dell’imprenditore bresciano Patrizio Argenterio, a processo per il crac della società in uno scenario che ha creato più rogne a Ignazio La Russa. Alla richiesta di Galvagno, però, Vecchio risponde “ni”. Ufficialmente perché vuole «mantenersi neutrale» e non può «prendere impegni». Ma forse perché ha già altre idee in testa. «Allora, se non siamo amici, significa che siamo nemici», avrebbe chiosato il giovane pupillo del presidente del Senato.

Il caffè amaro

Due giorni dopo il caffè amaro, Vecchio fiuta la trappola e fa saltare l’elezione. Scrivendo una lettera di fuoco ai membri del Consiglio generale di Catania, in cui parla di «arroganti condizionamenti alla libera espressione del voto, arrivando addirittura a far revocare deleghe già regolarmente consegnate agli atti dell’associazione». Il riferimento è ad Ast e Rfi, ma sulla stessa linea ci sono anche Sac e Amts. Sono le contromosse dell’alleanza contro Vecchio, che agli amici racconta di aver ricevuto «una telefonata dalla segreteria di Schifani» per annunciargli il ritiro della delega a Gangi. Magari per darla poi al rivale. Ma la parte più importante è un’altra.

Guerra a Galvagno

Il reggente etneo denuncia l’«intromissione della “politica dei partiti” nelle dinamiche interne alla nostra associazione». E va giù pesante: «Esponenti di vertice di partito, peraltro rappresentanti di cariche istituzionali, hanno deciso che anche Confindustria Catania debba diventare terreno di confronto e feudo elettorale». In pratica una dichiarazione di guerra a Galvagno. A firmarla è il figlio di Andrea Vecchio. Che è fondatore del gruppo edile di Santa Venerina, già assessore regionale ai Trasporti nel governo di Raffaele Lombardo e senatore montiano di Scelta Civica nella scorsa legislatura. Vecchio Jr. inneggia all’«indipendenza» confindustriale dalla politica, ma non ha mai nascosto gli ottimi rapporti, oltre che con il leader Mpa e con una certa area del Pd, con Marco Falcone. Sul palco della kermesse forzista “Etna23” da testimonial delle «eccellenze siciliane», Vecchio, leader carismatico di Ance, è un alleato di ferro dell’assessore, soprattutto quando guidava le Infrastrutture.

Il fronte ostile

Si consolida però il fronte ostile. E, scartata l’ipotesi di Marco Caruso (Adr Trasporti), s’è materializzato l’anti-Gangi: Stefano Ontario, giovane rampollo dell’omonimo gruppo di global service sanitario con interessi anche nei parcheggi e nel noleggio a Fontanarossa. Legatissimo a Nico Torrisi, ad di Sac, e dunque gradito al deputato regionale Nicola D’Agostino, Ontario diventa il potenziale strumento per “sfiduciare” Vecchio. Qui si comincia a capire qualcosa di più. Senza il presidente della sezione Trasporti, infatti, diventa più complicato un altro passaggio, previsto per giovedì 18: l’approvazione del bilancio della Confindustria etnea, nel quale è previsto il saldo del debito (circa 80mila euro) nei confronti dell’associazione regionale, per un contenzioso risalente all’epoca di Ivan Lo Bello. Se Catania non pagasse si aggraverebbe, secondo quanto scrive Vecchio in un’altra lettera, «l’incresciosa situazione economico-finanziaria in cui versa Confindustria Sicilia in conseguenza del nostro ritardo nel pagamento del debito». Ma l’effetto più importante sarebbe una frenata della corsa della stesso Vecchio a prendere il posto di Alessandro Albanese. Il quale, per inciso, virtualmente scaduto dalla carica di leader regionale a metà 2023, resta in sella in attesa che le acque catanesi si calmino.

L’ex delfino di Montante

E l’ex delfino di Antonello Montante ha tutto l’interesse affinché restino agitate, per mantenere il posto (contro l’asse fra Vecchio e Luigi Rizzolo, neo-presidente palermitano delleprovince raccolte in Sicindustria) negli imminenti mesi della scelta del leader nazionale, magari per giocarsi una partita personale nel futuro assetto a Roma. Ma la bocciatura del candidato di Vecchio (che, dicono i suoi avversari, non ha invece rinnovato i vertici etnei di altre categorie ostili) sarebbe anche un preciso segnale sugli equilibri per la presidenza di Catania. Dove il vicario reggente, ribelle rispetto al tandem Busi-Di Bella imposto da FdI, vedrebbe bene Santi Finocchiaro, presidente della celebre Dolfin, che nella breve era Di Martino ha lasciato, da tesoriere, una macchia non sfuggita ai nemici: l’acquisto di un’auto di rappresentanza, una Mercedes classe S usata al costo di 70mila euro più permuta, proprio nella concessionaria dell’ex presidente. Gli amici di Finocchiaro addebitano però la scelta al dimissionario che, ormai fuori dai balletti confindustriali, avrebbe pure fatto sapere che è «disposto a riprendersela». Il “re dei Polaretti”, aiutato da Vecchio, potrebbe aprire il dialogo con un altro potenziale concorrente: Emanuele Spampinato, presidente del consorzio Etna Hitech, ben voluto dai colossi di silicio e telecomunicazioni, già in lizza la scorsa volta contro Di Martino. Ma Spampinato (che ha fra i big sponsor Fabio Scaccia, ex presidente “mobbizzato” nell’era del sistema di Montante e non solo) avrebbe accettato il consiglio di uno dei suoi consulenti più influenti, l’ex senatore Mpa e due volte assessore regionale Giovanni Pistorio: se non c’è unità sul nome, stavolta resta fuori sin dall’inizio.

Il presidente di garanzia

E quindi, se non si trova un «saggio presidente di garanzia», la sfida è fra i due blocchi contrapposti per i Trasporti. Da una parte il duo Busi-Di Bella, più Silvio Ontario, fratello maggiore di Stefano, pronto a qualsiasi evenienza, sostenuto da FdI e da un’ala forzista. Con Torrisi, pur obbediente a Schifani nella neutralità del voto odierno, molto esposto e più che mai in simbiosi con Galvagno; e il sindaco Enrico Trantino, che ha comunque già concordato con Giacomo Bellavia, presidente della partecipata Amts, l’astensione, in imbarazzo perché costretto a stare, per ordine di scuderia meloniana, con l’odiato ad di Sac (ma la cosa è reciproca). Dall’altra parte Finocchiaro, con Falcone in soccorso di Vecchio, stimato da Lombardo, magari sperando che il leghista Luca Sammartino non continui a guardarsela dalla finestra come ha fatto finora. Schifani, coinvolto nel derby forzista, è neutrale: Ast si asterrà, assieme a Rfi (come ufficializzato dal presidente Dario Lo Bosco), Sac e Amts. E quindi oggi il candidato di Vecchio potrebbe spuntarla. A meno che, nel sistema di voto in stile “censo” medievale – pesa di più chi versa maggiori contributi – non cambino gli assetti fra i big privati. Le ultime chiacchiere della sera tratteggiano il colpo di scena: l’appoggio del gruppo Lct, riconducibile a Luigi Cozza (ras degli autotrasporti con più d’un guaio giudiziario) a Ontario.Niente male, per essere un’elezione da breve in cronaca. O giù di lì.

m.barresi@lasicilia.it

la sfida. Oggi il voto della sezione Trasporti, decisivo sugli assetti etnei e sicilianiIl debito, l’auto compratae la partita di Albanese

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