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Scatizzi (Acoi), ‘a 64 anni sciopero, siamo a rischio estinzione’

Scatizzi (Acoi), 'guadagniamo sempre meno, con questa manovra è stata introdotta anche la questione delle pensioni tagliate'

Di Redazione |

Roma, 5 dic. (Adnkronos Salute) – Dottore, lei sciopera? “Sì, e lo faccio per la prima volta nella mia vita, a 64 anni, perché siamo a rischio estinzione. A parte la questione economica, cioè che guadagniamo sempre meno, adesso con questa manovra è stata introdotta anche la questione delle pensioni tagliate”. Così in un’intervista a ‘Repubblica’ Marco Scatizzi, presidente della Acoi, l’Associazione dei chirurghi ospedalieri che lavora a Firenze. In tanti denunciano il definanziamento della sanità. “Quello, va riconosciuto, è un problema che viene da lontano, anche se adesso è diventato un’emergenza. Solo durante il Covid, con Conte e Draghi, si era saliti con i finanziamenti per la spesa sanitaria. Prima si stava comunque bassi – ricorda – e ora siamo tornati intorno al 6,4% rispetto al Pil, cioè alcuni punti le percentuali in Francia e Germania”. Il lavoro negli ospedali oggi è più duro? “Sì, perché quasi ovunque c’è una sofferenza di personale – denuncia Scatizzi – C’è una rarefazione dei numeri, è più difficile sostituire chi se ne va e chi resta ha meno possibilità di lavorare in modo tranquillo, cioè di fare bene il suo mestiere”. Che atteggiamento hanno oggi i giovani medici? “Sono più disincantati di come eravamo noi. Ci sono ancora quelli che scelgono questo mestiere per passione ma si sentono sotto assedio – osserva – Sono minacciati dal contenzioso, che arriva a livelli insopportabili, e sottopagati. I loro coetanei che vanno a lavorare nel privato mettono insieme stipendi molto superiori. Poi c’è la questione della carriera. Non hanno scatti, entrano in servizio e restano fermi anni e anni”. E i pazienti si accorgono della crisi della sanità? “Io credo che ancora, come i cittadini che fortunatamente per loro hanno bisogno di cure, non si rendono conto che da qui a 5 anni rischiamo di chiudere gli ospedali a causa della mancanza di figure professionali, come noi chirurghi, i medici di pronto soccorso e gli anestesisti”, risponde il presidente Acoi. Perché la professione del chirurgo è in crisi? “I giovani scelgono altre specialità. Quest’anno il 56% dei posti di specializzazione disponibili per la chirurgia non sono stati assegnati”, avverte. Come mai è successo? “Fare il chirurgo non dà più alcuno status symbol – ribadisce – quel rispetto di una professione molto rischiosa che un tempo ti spingeva a stare nel pubblico, dove ti guadagnavi un riconoscimento sociale. La paga era migliore, tra stipendio e libera professione”. Adesso l’attività privata in libera professione si fa di meno? “Dipende un po’ dalla Regione. Comunque per i chirurghi è sempre più difficile trovare tempo per svolgerla, perché siamo molto assorbiti dall’ospedale. Viste le carenze, si fanno guardie, reperibilità, turni faticosissimi e quindi c’è meno spazio per il lavoro privato”, risponde Scatizzi. Visti i problemi denunciati da medici e infermieri, il timore è che l’assistenza nel sistema sanitario stia peggiorando. È vero? “Non allo stesso modo in tutte le strutture. Mediamente, comunque, ci sono carenze del 15-20% di personale in ospedali in reparti dove sostanzialmente si svolge la stessa quantità di lavoro anni fa, se non di più. È una questione logica: è ovvio che in questo modo il rischio di lavorare peggio aumenta”, conclude.

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