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Bufera sul presidente di Confindustria Catania: «Ha pagato il pizzo per 20 anni, si dimetta»

Nelle carte dell'inchiesta antimafia Doppio Petto le ammissioni. Lui: «Ho sempre condannato le estorsioni»

Di Redazione |

E’ bufera sul presidente di Confindustria Catania Angelo Di Martino dopo che nelle carte dell’inchiesta antimafia Doppio Petto è emerso che il gruppo imprenditoriale di Filippo e Angelo Di Martino pagava “regolarmente” il pizzo da 20 anni. Sono stati gli stessi fratelli Di Martino, sentiti dalla polizia – ad ammettere che «l’azienda era sottoposta a estorsione», partita con «una richiesta di denaro destinato al sostentamento delle famiglie dei detenuti».

Angelo Di Martino si difende: «Io condanno le estorsioni lo ribadisco ad ogni riunione e nessuno deve pagare. Su questo siamo impegnati con tutte le nostre forze». Ma c’è chi gli chiede un passo indietro: «Dovrebbe dimettersi subito e, se non lo facesse, dovrebbe sfiduciarlo la sua organizzazione. Se ciò non avvenisse, la vergogna sarebbe infinita! Per lui e per gli altri associati» ha detto l’avvocato Enzo Guarnera, presidente dell’associazione Antimafia e Legalità di Catania. «Le dichiarazioni di Di Martino costituiscono un pessimo esempio per tutti gli imprenditori catanesi e non solo. Se un presidente di un’associazione prestigiosa come Confindustria paga il pizzo, dal punto di vista etico va considerato un sostenitore esterno. Una vittima denuncia, a maggior ragione se è un rappresentante dell’associazione degli industriali. Invece Di Martino ai convegni dichiara che il pizzo non va pagato, ma intanto lo paga. Che si dimetta». Guarnera ricorda «con rammarico» che nel 2019 Angelo Di Martino «è stato insignito del titolo di commendatore al merito della Repubblica. Se fosse un mio potere lo revocherei». Amaro Nicola Grassi, presidente di Asaec: «Qual è la novità? Alla luce delle recenti evidenze investigative, emerge chiaramente come vi sia una vera e propria emergenza pizzo. L’estorsione ai danni di imprenditori e commercianti è ormai diventata normalità. Gravissimo: siamo tornati indietro di trenta, quarant’anni. Il pizzo viene chiesto a tappeto su tutto il territorio. Lo ripetiamo e lo ripeteremo finché sarà necessario: indispensabile una sinergica opera di sensibilizzazione da parte delle istituzioni, prefettura, forze dell’ordine e componenti sociali e associative. Senza una risposta immediata da parte dello Stato il pericolo è quello di un controllo sempre più vasto e capillare dell’economia locale da parte della mafia».

«Quando ho letto la notizia che chi rappresenta gli industriali catanesi ha pagato il pizzo per 20 anni, anche se la decisione sarebbe scaturita dal fratello, e non ha denunciato non ho avuto parole. La mia reazione è stata quella di telefonare al nostro legale, Francesco Messina, per predisporre la nostra costituzione di parte civile nel procedimento frutto dell’inchiesta» ha invece detto il presidente dell’associazione antiracket Libera Impresa, Rosario Cunsolo. «Credo che Di Martino non solo si debba dimettere dal suo ruolo ma debba chiedere scusa ai suoi colleghi. L’antimafia è una missione, una ragione di vita e non si può tradire», conclude.

«Nel 2023 notizie come queste non fanno sicuramente bene. Noi lo abbiamo sempre detto e ribadito che la denuncia è l’unica strada. E per questo vanno ricordati esempi positivi come quello del cavaliere Condorelli e di altri imprenditori anche seguiti dalla nostra associazione che hanno scelto fin dal primo momento di denunciare», sottolinea invece l’avvocato Vincenzo Ragazzi dell’associazione Antimafia Alfredo Agosta.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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