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L'accoglienza

Da orfani a profughi, l’odissea dei bimbi ucraini che non trovano pace

Per l’Italia sono “non accompagnati”, per i tutori ucraini sono “proprietà dello Stato”, per gli affidatari solo “figli da proteggere”

Di Franca Antoci |

Sono piccoli, indifesi e soli. Anzi, sono orfani e quindi figli dello Stato ucraino. Sono oltre 100 mila e vivono nei 663 orfanotrofi sparsi su tutto il territorio. E’ il paese degli orfani l’Ucraina perché qui i bambini vengono abbandonati non solo per la morte dei genitori, ma semplicemente perché mamma e papà non li vogliono o non possono tenerli, anzi mantenerli. E allora gli “internat”, così chiamano gli istituti statali, sono la soluzione migliore per arginare gli infanticidi o la strada. Già, la strada. Altra casa dei bimbi dispersi che fumano sigarette tra i 5 e i 6 anni per crescere tra droga e alcol e finire nelle mani di trafficanti di sesso o di organi. Sono i dati che le organizzazioni umanitarie, cassandre 4.0, diffondono inascoltate. Dicono anche che un matrimonio dura in media cinque anni, poi le sofferenze e le dipendenze sfaldano coppie che non trovano domani.

L’integrazione non abita qui

Le vittime di sempre sono i bambini, che nati senza averlo chiesto, ricevono un “atto di rifiuto” piuttosto che un abbraccio da una mamma che magari se ne separa dilaniata nel cuore e convinta di fare ciò che è meglio per la vita della sua creatura. Il risultato non cambia. E se il neonato ha un handicap? E’ un essere “inutile”. Non può che vivere con altri come lui. Nell’isolamento più assoluto. L’integrazione non abita qui. Senza nulla togliere agli ucraini che sono famiglia, che si amano e riescono a vivere una dimensione che dà un senso al passato, respira un presente difficile ma spera comunque in un futuro. Secondo gli impietosi numeri di Save the children, due famiglie su cinque vivono in uno stato di povertà assoluta. Gli sfollati 5 milioni e 300 mila, i disoccupati 1 su 4 e gli aiuti non bastano. Ecco su cosa stanno piovendo le bombe russe.

Il popolo dei bambini in fuga

L’Unicef stima in oltre un milione e mezzo i bimbi fuggiti dall’Ucraina dall’esplosione della guerra mentre Save the children calcola che più di 6 milioni e mezzo sono bloccati nelle città teatro di guerra esposti a danni fisici e psichici inquantificabili, inqualificabili e spesso irreversibili. Del popolo in fuga, 173.645 profughi, di cui 49.444 minori, sono entrati in Italia. L’86% dei nuclei familiari immagina una permanenza a medio o lungo termine. Per la legge italiana i minori ucraini che arrivano con educatori o adulti di riferimento senza i genitori sono “non accompagnati” e pertanto collocati in comunità o famiglie con la nomina di un nuovo tutore. Nomina che come spiega la presidente Aimmf (associazione italiana magistrati minorenni famiglia) Cristina Maggia «non deve essere assolutamente percepita come un’indebita ingerenza nelle vite delle famiglie ucrine ntomeno è corretto pensare che possa preludere ad un allontanamento dei bambini dai loro riferimenti affettivi anche non genitoriali o ad una separazione dai loro compagni ove viaggino in gruppo. Va nominato un tutore italiano per mere ragioni di concreto sostegno in un momento così difficile e doloroso. Si ritiene infatti che l’affiancamento di un tutore italiano con competenze legali, che conosce la lingua e il funzionamento delle istituzioni locali, sia un arricchimento e un supporto a favore dei minori e dei loro accompagnatori ucraini, per facilitarli nella complessa organizzazione delle istituzioni italiane. È nostro dovere vigilare affinché la situazione di accoglienza sia conforme all’interesse e alla protezione del minore».

I “conflitti” sui minori non accompagnati

E se sulla carta tutto fila, nella realtà si apre un contenzioso sul concetto di “minore non accompagnato” che contrappone i tutori ucraini, le comunità di accoglienza, le famiglie affidatarie, i Tribunali dei minorenni e la Corte di Cassazione. E’ il caos. I tutori hanno il volto di Yuliya Dynnichenko, che da presidente di associazioni varie che fin dal 2008 gestiscono l’accoglienza dei bimbi ucraini in Italia e raccolgono fondi per sostenerli, scende in campo a tutela «dei figli dello Stato che il governo Ucraino rivuole indietro» tutti e subito: «I piccoli sono nostri e dobbiamo riportarli alle loro abitudini e tradizioni nel loro Paese d’origine». Sventola la nomina a tutore ricevuta dal console generale ucraino di Napoli Maksym Kovalenko e convince gli “ermellini” che con la sentenza di riconoscimento del suo tutoraggio mettono un punto alla diatriba e contemporaneamente disconoscono la legge Zampa e l’applicazione data dai giudici dei Tribunali dei minorenni. Seppur la Cassazione si limita a risconoscere le figure dei tutori ucraini e non autorizza il loro rimpatrio, il risultato equivale a darne il via libera. Giuridicamente avviene quindi che «in data 20 luglio 2023 il Tribunale per i Minorenni di Catania emetteva un decreto con il quale dichiarava la cessazione dalla funzione del precedente tutore, avendo il detto Tribunale preso atto della sentenza della Corte di Cassazione n. 18957/22 che ha sancito l’efficacia della nomina in capo alla signora Yulia Dynnichenco di tutore provvisorio dei minori. In seno al detto decreto, veniva citata la nota del 10.5.2023 dell’Ambasciata d’Ucraina in Italia, con la quale, senza alcuna motivazione veniva richiesto di avviare la procedura di rientro in Ucraina dei minori» secondo le disposizione definite dai tutori ucraini.Decisione in netto contrasto con la “Risoluzione del Gabinetto dei ministri dell’Ucraina” di Kiev n. 546 dello scorso 1 Giugno che detta chiare indicazioni sulla procedura di rientro di minori e persone residenti in istituti di vario genere, trasferite in luoghi sicuri, fuori dal pericolo della guerra. Nel paragrafo dedicato al “Ritorno di bambini e persone” cita letteralmente l’art. 21: «dopo la cessazione della legge marziale, vengono prese misure per garantire il ritorno di bambini al loro luogo di residenza abituale in Ucraina». E l’art. 24: «una petizione per il ritorno dei bambini prima della cessazione della legge marziale deve contenere una giustificazione della necessità di restituire i bambini e/o una spiegazione dei motivi dell’impossibilità del loro ulteriore soggiorno. Al fine di prendere decisioni sul ritorno dei bambini l’amministrazione militare studia la fattibilità del rientro».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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