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Dall’all-in del centrodestra su Trantino a Catania all’inedita “triplice” M5s-Pd-De Luca: mappa ragionata del voto in Sicilia

Ben 128 comuni alle urne, di cui 15 col proporzionale. Uscenti favoriti a Ragusa (Cassì) e Trapani (il dem Tranchida). Il caso Turano: Lega sotto scopa con Schifani. Caos a Siracusa: ballottaggio quasi ineluttabile

Di Redazione |

Il centrodestra gioca il suo all-in su Catania. Sia perché sarà il Comune più importante d’Italia al voto (compresa la tornata nazionale del 14), sia perché la coalizione che governa a Roma, ma anche alla Regione, non parte con il vento dei pronostici in poppa negli altri capoluoghi siciliani alle urne il 28 e 29 maggio: Ragusa, Siracusa e Trapani.

Dunque è sotto il Vulcano che si gioca, non soltanto per ragioni di ordine di grandezza, la sfida a cui il partito della premier (che ha scelto personalmente, assieme al viceré di Trinacria, Ignazio La Russa, il candidato su cui tutti gli altri, a partire dalla Lega dell’aspirante Valeria Sudano, hanno fatto un passo indietro) tiene di più nell’Isola. Non è un caso, infatti, che nel giorno d’inizio ufficiale della campagna elettorale – ieri presentati candidati sindaci e liste in 128 comuni, 15 dei quali col proporzionale – a Roma si cominci già a pensare a una grande kermesse etnea di chiusura “col botto” dell’intera coalizione. C’è già una data sul tavolo, venerdì 26, e un ambizioso format: comizio in piazza (più Duomo che Università), con Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani sullo stesso palco. Una scommessa, riempire spazi così grandi, che quasi nessuno riesce a vincere (si ricorda un bagno di folla per Beppe Grillo nella fase più fragorosa dell’onda gialla) da quand’è finita la Prima Repubblica. «Ma se non riusciamo a riempirla adesso non lo faremo mai», confidano i pezzi grossi del centrodestra siciliano.

In vantaggio

Enrico Trantino parte in vantaggio. Anche grazie al trascinamento atteso dalle sette liste “corazzate” che lo sostengono. In una di queste, la civica del candidato sindaco, confluiranno – come rivelato ieri da La Sicilia, creando non pochi imbarazzi nel quartier generale di Carlo Calenda – anche alcuni candidati di Azione. Il “Caronte” di quest’operazione è il deputato nazionale Giuseppe Castiglione, che lunedì scorso ha fatto incontrare, più o meno casualmente, il leader del suo partito col candidato «di alto profilo» del centrodestra. Che intanto riscalda i motori per la partita interna. Il figlio di Enzo Trantino, un pezzo di storia della destra nazionale, ha designato cinque assessori, uno per ogni forza che lo sostiene, contravvenendo in gran parte alla linea dettata agli interlocutori: «Non possiamo fare una giunta-fotocopia di quella di Salvo Pogliese». E invece ben due (Sergio Parisi di FdI e l’autonomista Alessandro Porto) sono colleghi ex assessori del sindaco dimissionario, condannato ieri per peculato a due anni e tre mesi a Palermo nel processo d’appello sulle “spese pazze” dell’Ars. Mentre Forza Italia, scossa dal derby fra Marco Falcone e Nicola D’Agostino, ha deciso di indicare Marcello Caruso (commissario regionale del partito, ma soprattutto segretario particolare di Renato Schifani) come “segnaposto”, in attesa di leggere i risultati. I restanti cinque eventuali assessori saranno scelti dopo il voto.

Il “Cencelli alla Norma”

Con un metodo – l’abbiamo definito il “Cencelli alla Norma” – calcolato in base alla percentuale dell’intera coalizione diviso per un coefficiente (pari a 20), che determinerà le poltrone in base al peso specifico: il sindaco vale 3 punti, 2 il presidente del consiglio comunale, 1 gli assessori (1,5 il vice), 0,5 i presidenti di municipalità e le aziende partecipate. Tutti gli alleati sono talmente impegnati nella caccia al voto di lista che l’unico rischio per Trantino sembra una certa percentuale di dispersione di disgiunto.

Il fronte progressista

Punta anche a questo, magari con la spinta del voto d’opinione, la strategia dell’avversario del fronte progressista. Maurizio Caserta è riuscito a mettere assieme tutti, o quasi: il Pd, il M5S e Si-Verdi e i movimenti civici, tutti impegnati nei «tavoli per la costruzione del programma condiviso dal basso». Ma il docente di Economia, già in lizza da solo dieci anni fa, vincendo l’ostilità della sinistra e di parte di dem e grillini, è riuscito anche a mettere dentro Enzo Bianco. L’ex sindaco, azzoppato dall’incandidabilità per 10 anni disposta dalla Corte dei conti, ripropone il brand della sua storica civica, capeggiata, «ma solo grazie all’ordine alfabetico», dalla giovane figlia Giulia. Caserta, sostenuto da sei liste, ha scoperto quasi tutte le carte assessoriali: otto designati in prima battuta, con molti tecnici d’area, fra cui spicca il tandem rosa dei cinquestelle composto dall’ex deputata regionale Gianina Ciancio (candidata anche in consiglio) e da Nunzia Catalfo, ex ministra grillina del Lavoro e madrina del Reddito di cittadinanza. Un tentativo di scardinare il monopolio elettorale dei Caf nei quartieri popolari?

Gli altri candidati

Sotto il Vulcano gioca la sua partita anche Cateno De Luca, che lancia il giovane Gabriele Savoca con due liste a sostegno. Riflettori puntati anche su Peppino Lipera, vulcanico penalista, che non potrà schierare (com’era evidente anche al momento dell’annuncio mediatico) Fabrizio Corona, incandidabile per l’interdizione dai pubblici uffici, pena accessoria del “processo Trezeguet”. Gli altri contendenti: Lanfranco Zappalà, highlander di Palazzo degli Elefanti (è consigliere ininterrottamente da trent’anni), corteggiato fino a martedì dal centrosinistra; Vincenzo Drago, che resuscita il glorioso simbolo del Psdi; e Giuseppe Giuffrida (col sostegno dell’ex pm “rivoluzionario civile”Antonio Ingroia).

Gli altri capoluoghi

Ben diverse le aspettative del centrodestra negli altri capoluoghi. Strada molto in salita a Ragusa, dove l’uscente Peppe Cassì (vecchia gloria del basket nazionale) ha rifiutato i simboli dei partiti, compresi quelli, come FdI, che lo sostennero nel 2018. Con lui, alla fine, c’è “Scateno” ma soprattutto il potente deputato regionale della Dc, Ignazio Abbate, “padrone” della vicina contea elettorale di Modica, e altri fuoriusciti dal centrodestra ufficiale. Che, subita l’onta del rifiuto, lancia Giovanni Cultrera di FdI. Qui Pd e M5S vanno divisi, rispettivamente col civico Riccardo Schininà, a un certo punto corteggiato anche dallo schieramento opposto, e con Sergio Firrincieli, molto stimato dalla deputata regionale Stefania Campo.

E anche a Trapani c’è chi punta direttamente al secondo mandato. E anche qui il centrodestra potrebbe non toccare palla, visto il consenso accreditato a Giacomo Tranchida con 10 liste a sostegno, compresa quella del Pd ma senza simbolo, ma anche Uniti per Trapani, la civica dei fedelissimi dell’assessore regionale leghista Mimmo Turano. Molto imbarazzato (e anche sotto scopa a Palazzo d’Orléans: potrebbe essere il primo a saltare se il «tagliando» annunciato da Schifani si traducesse in un rimpasto) per la mancata presentazione del simbolo del Carroccio a sostegno di Maurizio Miceli (di FdI, legato alla “corrente turistica”) su cui converge tutto il centrodestra alla rincorsa di Tranchida. Che deve guardarsi le spalle, oltre che dalla civica Anna Garuccio, soprattutto da un dirigente del Pd locale, Francesco Brillante, in lizza con l’appoggio di parte dei dem in asse con M5S e De Luca. Ovvero: un cartello che unisce (al netto del Pd diviso in due) tutte le forze d’opposizione al governo regionale.

La “triplice” è ancor più marcata in altri comuni dove si vota col proporzionale: a Modica dove l’alleanza grillini-dem-deluchiani con Ivana Castello sfida l’erede designata da Abbate, Maria Monisteri, e il civico Nino Gerratana; e a Licata, dove la coalizione giallorossa-“scatenata” punta su Fabio Amato, che contende la poltrona all’ex primo cittadino Angelo Balsamo (Fdi, Lega e Fi) e ad Angelo Iacona (Dc e movimento Onda dell’ex deputato regionale Carmelo Pullara).

Un caso a parte

Siracusa, in questa campagna di primavera, è un caso a parte. Anzi, un caos: otto candidati e 25 liste. Qui il calendiano Francesco Italia prova il bis con quattro civiche. Senza Italia Viva che candida, ma senza simbolo, l’ex sindaco Giancarlo Garozzo, renziano primordiale. Il centrodestra prova a riprendersi una storica roccaforte dopo 10 anni di digiuno. E, dopo una snervante trattativa, in campo c’è Ferdinando Messina, tecnico di area forzista, sostenuto da tutta la coalizione. O quasi, visto che nemmeno gli ambasciatori più accreditati, fra cui Caruso su mandato di Schifani, sono riusciti a convincere Edy Bandiera, ex assessore regionale, a ritirarsi: s’è autosospeso da Fi e corre con Udc e due civiche.

Frastagliato il quadro degli outsider: De Luca s’affida all’ex m5s Roberto Triglio, in corsa Michele Mangiafico (ex presidente del consiglio provinciale e consigliere al Vermexio) e Aziz Mouddih, di origini marocchine, interprete al tribunale, leader di “Vespri Siciliani”. In questo contesto Pd e M5S non hanno avuto alcun dubbio sul profilo autorevole di Renata Giunta, sostenuta anche da altri due simboli civici. Ma il ballottaggio sembra un destino ineludibile.

Test nazionale

Tirando le somme, su 15 comuni sopra i 15mila abitanti, grillini e dem sono alleati in sei casi: nello schema a tre punte con De Luca a Licata, Modica e in parte a Trapani; con la riedizione del tandem giallorosso a Catania, Siracusa e a Piazza Armerina.

Per il resto, tralasciando le ingarbugliate alleanze (talune “incestuose”) nei piccoli comuni, soprattutto sotto l’Etna, la tornata amministrativa siciliana si presenta come il secondo tempo di un test nazionale. Che nessuno vuole perdere, ma che magari nessuno riuscirà a vincere con nettezza.

Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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