Il tesoretto del boss
Catania, Nitto Santapaola assiste all’udienza in videoconferenza
L'udienza davanti al Tribunale Misure di Prevenzione. Dal Dap arrivano tutti gli atti sulla detenzione del padrino catanese.
Capelli bianchissimi, sguardo attento e mani appoggiate su una scrivania piena di fogli. Quasi sicuramente atti del processo. Nitto Santapaola, collegato in video conferenza dal carcere, non perde una sola udienza del procedimento davanti al Tribunale, sezione Misure di Prevenzione, presieduto da Maria Pia Urso. In un riquadro sopra di lui si vede pure il nipote prediletto Aldo Ercolano, figlio del defunto Pippo, anche lui “proposto” nell'inchiesta patrimoniale. Completano la lista dei “coinvolti” principali Enzo Mangion (figlio dello scomparso Francesco), il vecchio uomo d'onore di Cosa nostra Giuseppe Cesarotti e il farmacista Franco Palermo. Una volta arrivato il pm Fabio Regolo, il cancelliere comincia il lungo appello che contiene anche i terzi interessati dell'imponente patrimonio sequestrato nel 2021. Nella rete della giustizia sono finite diverse aziende che sarebbero state create o supportate dai soldi sporchi della cupola di Cosa nostra accumulati tra gli anni Ottanta e Novanta. Il patrimonio imprenditoriale e immobiliare che rischia la confisca è composto dalla Tropical Agricola Srl di Catania, la GR Transport Logistic Srl a Mascali, la LT logistica e Trasporti Srl a Mascalucia, 12 stabili a Mascali e a Massannunziata, frazione di Mascalucia. L’udienza di ieri apre con le parole del difensore del padrino. «L'archivio storico su Nitto Santapaola non mi interessa perché è già noto», esordisce l'avvocato Carmelo Calì commentando la documentazione arrivata dal Dap dopo l’ordinanza del Tribunale che disponeva – accogliendo la richiesta del legale – di inviare tutti gli atti inerenti da detenzione del boss catanese, dietro le sbarre dal 1993. Per il penalista mancano i riscontri oggettivi sul paradigma che mette Nitto Santapaola, almeno fino al 2017, alla posizione apicale della famiglia mafiosa. C’è un’intercettazione, in particolare, che diventa cruciale. Nel 2017 Giuseppe Cesarotti avrebbe voluto informare il capomafia detenuto, attraverso «messaggi cifrati per eludere le restrizioni del 41bis» della situazione che si sarebbe venuta a creare con il figlio Francesco Santapaola. «Se è vero che ci sono stati questi contatti devono essere documentati», insiste Calì chiedendo al collegio un’integrazione dell’ordinanza. Il Tribunale, dopo aver sentito anche il parere del pm Fabio Regolo sul punto, ritiene quanto fornito dal Dap “pertinente” e quindi rigetta l’istanza, evidenziando che potrà diventare motivo (come già asserito dal sostituto procuratore) della discussione finale. L’udienza continua con l’esame di due testi (citati dalla difesa di una parte terza) che parlano del loro ruolo all’interno della Gr. Evidenziando ruoli e responsabilità operative all’interno del magazzino. Le testimonianze su questo fronte continueranno l’8 febbraio prossimo quando continuerà l’attività istruttoria.