il caso
Siracusa, zona industriale: non solo embargo, il vero incubo sono i sigilli al depuratore
Ridimensionato il timore della chiusura a causa della guerra, tra i dipendenti Isab-Lukoil si aggira in realtà un altro spettro a loro vedere più preoccupante e concreto
Sospiro di sollievo, sì. Ma fino a un certo punto. Ridimensionato il timore della chiusura a causa dell’embargo al petrolio russo, tra i dipendenti Isab-Lukoil si aggira in realtà un altro spettro a loro vedere più preoccupante e concreto: lo stop al conferimento dei reflui industriali nel depuratore consortile Ias, sotto sequestro dal giugno scorso per l’inchiesta giudiziaria che vede indagati vertici del consorzio e delle grandi aziende per disastro ambientale aggravato. Lo stop del conferimento dei reflui, prescrizione fulcro dei magistrati non ancora fatta ottemperare dall’amministrazione giudiziaria, vorrebbe dire stop alla produzione non solo per le raffinerie Isab-Lukoil, ma per tutta l’area industriale. È questo, dunque, lo stato d’animo reale all’interno degli impianti Isab-Lukoil che nel polo siracusano impiegano circa 3mila lavoratori in totale tra interni e indotto. Il principale babau non è rappresentato dall’imminente embargo al petrolio russo. Un sospiro di sollievo in questo versante lo ha generato di sicuro il provvedimento arrivato venerdì scorso dal governo, la “Comfort letter” emessa dal Comitato di sicurezza finanziaria del Mef, che serve a rassicurare le banche sul fatto che Isab-Lukoil non è soggetta a sanzioni ed è fuori da quel perimetro giuridico. Questo permetterà la riapertura delle linee di credito per l’azienda, che così potrà tornare a acquistare petrolio non russo. Le difficoltà erano nate a marzo dall’atteggiamento delle banche che si erano comportate con Isab –Lukoil come se fosse oggetto di sanzioni, chiudendo le linee di credito, costringendola così a acquistare solo greggio russo. E rischiare, dunque, la fermata con l’embargo al petrolio di Mosca. Ma a ben guardare, nelle ultime settimane, nell’incertezza di provvedimenti da parte del governo, i dipendenti avevano comunque ricevuto rassicurazioni dall’azienda sull’esistenza di piani B e C per superare l’embargo. Le ipotesi per resistere erano state illustrate ai quadri dirigenti. Si sarebbe trattato, da una parte, dell’eventualità di utilizzare grezzo tecnicamente “non russo”. L’azienda sarebbe proprietaria, infatti, di pozzi fuori dal territorio russo. Allo stesso tempo la società sta massimizzando il parco stoccaggio. Quello dell’impianto di Priolo è il più grande di tutte le raffinerie italiane. A questo va aggiunto che si tratta di un’azienda sana, con utili enormi e disponibilità di liquidità che gli permette di affrontare il mercato. In questo modo l’azienda sarebbe potuta arrivare ai primi mesi del 2023 e guardarsi attorno, per come si attesterà il mercato con l’incognita dell’embargo. Ovviamente l’emissione della Comfort letter rasserena ulteriormente i lavoratori delle raffinerie priolesi, perché dà la possibilità alla società di muoversi fuori dal mondo Lukoil e acquistare grezzo da altri. Questo scenario, dunque, fa sì che lo stato d’animo diffuso oggi tra i lavoratori sia più orientato sull’altra preoccupazione: “Se la magistratura ferma il conferimento dei reflui industriali nel depuratore Ias, non ci sono piani B o C in quel caso. Dobbiamo fermarci”, dicono alcuni lavoratori. Di fatto la vicenda giudiziaria a monte del sequestro del depuratore consortile Ias è alla resa dei conti. Tra le principali prescrizioni dettate dal giudice a giugno scorso, avallate le richieste della Procura, c’è che il depuratore avrebbe potuto continuare a ricevere e trattare solo i reflui domestici dei due comuni (Priolo e Melilli), ma non più i reflui provenienti dalle grandi aziende del polo industriale. Da allora l’amministrazione giudiziaria ha gestito con cautela la vicenda, forse proprio per le nefaste conseguenze di uno stop. Il tribunale ha già sostituito un amministratore giudiziario. Quello nuovo ha avviato una serie di incontri per stabilire un crono programma e accompagnare gli impianti alla fermata. La Procura ha infine chiesto l’incidente probatorio che accelererà la decisione dinanzi al giudice: se l’impianto, come risulta dalle indagini, non è a posto dovrà fermarsi. E con esso tutta la zona industriale. Si attende la fissazione entro novembre. Da un timore, insomma, a un altro.