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LA CASSAZIONE

«Ricorso inammissibile»: diventa definitiva una condanna a 4 anni per Niko Pandetta

La Suprema corte ha reso irrevocabile la pena per il trapper  nipote del boss Cappello

Di Laura Distefano |

Ricorso inammissibile. Una frase che quando è pronunciata dalla Cassazione significa sentenza definitiva. Il processo che è arrivato al terzo grado di giudizio è quello che coinvolge il trap-neomelodico Vincenzo Pandetta, in arte Niko. 

La Suprema Corte ha reso irrevocabile il verdetto della Corte d’Appello che nell’estate 2021 ha condannato a 4 anni (pena concordata tra le parti) il nipote del capomafia Turi Cappello. 

Il cantante catanese alcuni mesi fa è finito nel registro degli indagati per la rissa con sparatoria scoppiata la scorsa primavera fuori dall’Ecs Dogana club, al porto etneo. Per l’accusa Pandetta, per un’esibizione negata durante uno show in discoteca, avrebbe fomentato uno scontro tra due gruppi di giovanissimi che farebbero riferimento alle cose mafiose Cappello e Mazzei.

Tornando al processo appena concluso, il reato contestato all’artista è spaccio: a inchiodarlo una serie di intercettazioni della Squadra Mobile di Catania che stavano indagando su un cartello del narcotraffico gestito da Sebastiano Sardo, detto Occhiolino, diventato pentito poco prima che scattasse il blitz Double Track nel 2017. I poliziotti della Narcotici riuscirono a individuare due canali di rifornimento di droga in Calabria verso la Sicilia. Uno era localizzato nella piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria, porta d’accesso della cocaina sudamericana in Europa. L’altro invece era collegato alle ‘ndrine di Cosenza. Il primo vendeva ai “Sardo boys”, che a loro volta avrebbero smerciato lo stupefacente a spacciatori palermitani. il secondo cartello calabrese invece approvvigionava un gruppo criminale di Paternò. Le partite di droga (cocaina, marijuana e hashish) venivano trasportate in auto.

Il nome dell’artista catanese è  solo uno del lungo elenco di imputati del processo, stralcio abbreviato, arrivato al capolinea giudiziario. I giudici della Cassazione hanno dichiarato inammissibili anche i ricorsi (e quindi confermato la condanna in appello) di Fabio Spampinato (7 anni e 8 mesi in continuazione), Gianluca Spampinato (7 anni in continuazione), Mattea Barbara (6 anni), William Patanè (7 anni e 4 mesi), Davide Antonio Florio (6 anni e 8 mesi), Pietro Luisi (5 anni e 4 mesi) e Rocco Tutone (5 anni e 4 mesi).

Per gli altri imputati invece la Cassazione ha dichiarato irrevocabile la responsabilità penale sui reati di droga contestati ma ha rinviato a un’altra sezione della Corte d’Appello di Catania per rideterminare la pena finale. Questo per effetto dell’annullamento stabilito dai giudici di legittimità limitatamente all’aggravante mafiosa. Il gruppo diretto dal trafficante-pentito Sardo, visti i suoi contatti all’epoca delle indagini con i Cappello-Bonaccorsi, secondo l’accusa  avrebbe garantito un’agevolazione alla cosca. Così, però, non è per la Cassazione, che ha annullato senza rinvio. Dovranno affrontare un appello bis, ma solo per il ricalcolo degli anni da scontare, Simone Guglielmino, Filippo Beninato, Giovanni Di Maggio, Davide Nunzio Scrivano, Giuseppe Treccarichi Scauzzo, Ivano Antonino Santangelo. Nei loro confronti in appello ci sono state condanne dai 14 anni in continuazione a 5 anni. Pene, come detto, da rideterminare. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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