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**Governo: Scelba, Andreotti, Prodi, i premier ‘ostaggio’ dell’appoggio esterno**
Roma, 29 set. Anche se smentite di primo mattino, le intenzioni che avrebbe espresso il segretario della Lega, Matteo Salvini, di fornire soltanto un appoggio esterno al Governo se non verranno accolte le sue richieste per l’assegnazione dei ministeri, richiamano alla mente formule sperimentate nella Prima Repubblica e con esiti alla fine esiziali per l’Esecutivo anche all’inizio della seconda. Nel 1998, infatti, Romano Prodi, fu costretto ad alzare bandiera bianca dopo la decisione di Fausto Bertinotti di togliere il sostegno che due anni prima aveva accordato al premier senza che esponenti di Rifondazione comunista entrassero nella compagine ministeriale.
Dopo la vittoria del centrosinistra alle elezioni del 1996, grazie all’accordo di desistenza che nei collegi uninominali aveva portato l’Ulivo a lasciare campo libero al Prc e viceversa, i voti comunisti divennero determinanti per la nascita del Governo e anche per la sua caduta, senza neanche la necessità di dover ritirare la delegazione ministeriale. Una vera e propria golden share che Salvini, al netto delle smentite, potrebbe avere la tentazione di esercitare sul prossimo Esecutivo.
Non furono così precari gli assetti quando altri partiti nei decenni passati scelsero la strada del cosiddetto appoggio esterno. Stagioni e contesti politici diversi, spesso drammatici, caratterizzati comunque da una perenne instabilità; decisioni che spesso erano propedeutiche al consolidarsi di nuovi equilibri politici (il passaggio dal centrismo al centrosinistra e poi l’esaurirsi di questa fase); la possibilità per i presidenti del Consiglio di poter contare comunque su maggioranze numericamente autosufficienti.
Fu così quando il 10 febbraio del 1954 nacque il Governo guidato da Mario Scelba, sostenuto da Dc, Liberali e Socialdemocratici con l’appoggio esterno del Partito Repubblicano. Otto anni dopo, il 21 febbraio del 1962, si profilava all’orizzonte l’avvento del centrosinistra organico e Amintore Fanfani guidò il suo quarto Esecutivo con il sostegno di Dc, Pri e Psdi e l’appoggio esterno del Partito socialista.
All’inizio degli anni Settanta, con il tramonto della formula del centrosinistra, furono Giulio Andreotti prima, con il suo secondo Governo (26 giugno 1972), e Mariano Rumor poi, con il suo quinto Esecutivo (14 marzo 1974), a sperimentare l’appoggio esterno dei Repubblicani con Dc, Psdi e Pli all’interno della compagine ministeriale.
Particolare la legislatura 1976-79, culminata con il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro. Andreotti guidò tre Governi: il primo cosiddetto della non sfiducia per l’astensione di Pci, Psi, Pri, Psdi e Pli; il secondo con i ministri Dc e il sostegno di Comunisti, Socialisti, Repubblicani e Socialdemocratici. Il terzo invece decretò la fine di quella formula e portò il Paese alle elezioni.
La legislatura successiva si aprì invece con la prima volta a palazzo Chigi di Francesco Cossiga dal 4 agosto 1979, appoggiato da Dc, Psdi e Pli e dall’esterno da Psi e Pri. Sempre Andreotti, con il suo settimo e ultimo Governo del 12 aprile 1991, dovette sperimentare l’abbandono all’ultimo momento della maggioranza pentapartito da parte del Partito repubblicano.
All’origine della rottura la decisione di affidare all’Edera, nella definizione della lista dei ministri, i dicasteri dei Beni culturali e delle Partecipazioni statali al posto di quelli delle Poste e dell’Industria e di assegnarle solo gli Affari regionali senza le Riforme. Di qui il no alla fiducia, pur con l’impegno a sostenere i punti programmatici sui quali si era trovato l’accordo.
Infine la vicenda del Governo Ciampi nato il 28 aprile del 1993 nel pieno di Tangentopoli. Il no all’autorizzazione a procedere nei confronti di Bettino Craxi, portò il Pds e i Verdi a ritirare la loro delegazione ministeriale, anche se al momento di votare la fiducia in Parlamento si astennero, come anche il Partito repubblicano.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA