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Truffa Ue: prestanomi contro interdittiva antimafia, arresti
Operazione Gdf Nicosia, ordinanza per 13 tra Ennese e Catanese
NICOSIA, 21 SET – Tredici persone sono state arrestate dalla Guardia di Finanza di Nicosia nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Caltanissetta su metodi per aggirare l’interdittiva antimafia per potere ottenere contributi comunitari per l’agricoltura. Le fiamme gialle hanno eseguito un provvedimento del Gip Nisseno, Graziella Luparello, nell’ambito dell’operazione ”Carta bianca”, a Centuripe, Regalbuto, Troina, Adrano, Catania e Randazzo. Sono state sequestrate somme di denaro, società e aziende per oltre tre milioni di euro. I reati contestati, a vario titolo, sono interposizione fittizia, truffa, falso, reimpiego di capitali illeciti. Sono sette i destinatari della custodia cautelare in carcere e tra loro ci sono anche un avvocato di Catania e l’ex direttore dell’Azienda speciale silvo pastorale del Comune di Troina. Altri sei sono stati invece sottoposti agli arresti domiciliari. Gli indagati avevano messo le mani anche sui pascoli demaniali sempre utilizzando tutta una serie di imprese a loro collegate tentando di aggirare fraudolentemente le regole previste dal cosiddetto ”Protocollo Antoci” e del conseguente ”nuovo codice antimafia”. “Le indagini – spiega in una nota l’ex presidente del parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci – hanno consentito di acclarare come il metodo fosse sempre quello da tempo da me denunciato, cioè le sistematiche infiltrazioni nel settore dei contributi europei per l’agricoltura”. Indagini sono state eseguite su una famiglia destinataria di interdittiva antimafia che utilizzava dei prestanomi per conseguire contributi comunitari e poi rientravano dalle somme erogate ai complici con l’emissione di fatture false per operazioni inesistenti. L’attività ha interessato circa 1.181 ettari di pascoli demaniali, che hanno permesso agli indagati “l’accaparramento incondizionato di pascoli demaniali” e di potere così “percepire illecitamente elevati contributi comunitari”. Dall’attività di indagine, inoltre, “è emerso che gli indagati risultano anche legati da rapporti di parentela o affinità con soggetti già condannati in via definitiva per associazione di stampo mafioso”